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Campania. Oncofertilità, al via la rete regionale

di Ettore Mautone

In campo un’organizzazione interdisciplinare per attuare percorsi diagnostico-terapeutici finalizzati alla preservazione della fertilità in giovani donne (ma anche uomini) affetti da neoplasia e per il supporto alla procreazione dei soggetti guariti dal cancro. I due centri Hub sono al Policlinico Federico II e al Moscati di Avellino. Il modello di riferimento è quello attuato a Copenaghen

19 MAR - A tre anni di distanza dalle prime procedure e dopo una lunga sperimentazione e collaudo entra ufficialmente in pista in Campania la rete regionale per la preservazione della fertilità nelle donne colpite da tumore che potranno contare anche su tecniche all'avanguardia per la conservazione del tessuto ovarico oltre che dei gameti. Il progetto coinvolge anche i maschi per i quali resta in piedi la possibilità di conservare i gameti prima dei trattamenti oncologici con percorsi più semplici in quanti non sottoposti al ciclo mensile di produzione dei gameti come nella donna.

Le prime procedure di crioconservazione, in azoto liquido, di tessuto ovarico, prelevato a donne in età fertile, ammalate di tumore, che intendevano preservare la capacità riproduttiva ed evitare che le terapie anticancro (soprattutto chemio e radioterapia) le rendessero sterili, sono partite in Campania a gennaio del 2016. Le tecniche ora sono state consolidate e affiancano le tecniche routinarie di congelamento e la conservazione di gameti maschili e femminili (spermatozoi e ovocellule) che sinora rappresentavano le uniche armi per prevenire la sterilità in persone giovani malate di tumore. La nuova rete, inserita nel piano oncologico regionale, conta su strutture secondo il modello “Hub & Spokes” mutuato da quello danese, per una centralizzazione su base interregionale delle attività di crioconservazione di gameti e tessuti riproduttivi.

Dopo la sperimentazione avviata nel 2011, e la validazione clinica dei protocolli di prelievo, congelamento, conservazione e trapianto, svolti in collaborazione con il centro pilota di Copenaghen (in Danimarca sono state ottenute 20 della 45 gravidanze sinora ottenute al mondo con questa procedura), il Centro regionale di riferimento per la Procreazione medicalmente assistita dell’azienda ospedaliero universitaria Federico II, diretto da Giuseppe De Placido è stabilmente in rete con l’unità antisterilità attiva all’ospedale Moscati di Avellino guidato dal primario Cristofaro De Stefano. Ma anche altri centri per la preservazione ella fertilità (come quello di Salerno) e le strutture oncologiche cliniche partecipano alla rete regionale che ora ha l’ambizione di allargare i confini a tutto il Centro-Sud dopo i contatti stabiliti con il Lazio e la Sicilia dove sorgono rispettivamente altri due centri Hub.

In Campania è stata realizzata anche la prima Biobanca di tessuto ovarico del Sud. Coinvolti sono anche il dipartimento di Medicina clinica e chirurgia, Unità complessa di Oncologia medica, dell’Università Federico II di Napoli (Sabino De Placido), il dipartimento di Senologia, unità complessa di Oncologia medica senologica del Pascale di Napoli (Michele De Laurentiis) e la sezione di Endocrinologia dell’Università Federico II di Napoli. Tra gli Hub e gli spokes territoriali è stato disegnato un percorso dedicato tramite l’apertura di una cartella elettronica personale e un sito web dedicato cui possono afferire tutti i centri oncologico della Campania.

“Il progetto – spiega Carlo Alviggi, docente della Federico II presso la cattedra diretta da De Placido - dovrà essere accompagnato da piani d’informazione e comunicazione all’utenza perché i giovani ammalati devono sapere che alla fine della chemio o radioterapia avranno la possibilità di avere comunque un bambino e dunque una qualità di vita che non è solo legata alla sopravvivenza alla malattia ma anche alla piena realizzazione delle proprie aspirazioni di vita”.

Il progetto che coinvolge almeno una dozzina di strutture oncologiche ospedaliere periferiche e anche la Seconda Università di Napoli (Nicola Colacurci). Per tutte l’approccio multidisciplinare e multidimensionale e la formazione risultano centrali per calibrare l’assetto di una macchina che non ammette sbavature e tentennamenti a fronte dei tempi stringenti dettati dalla malattia e dalla fisiologia riproduttiva della donna. La consultazione della rete in caso di un tumore che colpisca una donna adolescente o in età fertile sarà dunque obbligatoria ai fini della preservazione della fertilità. “Non bisogna dimenticare - dice Cristofaro De Stefano - che i tumori rappresentano la prima causa di morte in età adolescenziale e prepuberale. Oggi abbiamo percorsi appropriati che abbracciano anche l’arruolamento di pazienti a rischio sterilità per cause non oncologiche”.

Nella conferenza stampa in programma domani saranno chiariti i passaggi sulla raccolta degli ovociti e del tessuto varco nelle donne da sottoporre a terapie anticancro (radio e chemioterapia). Anche i centri Spokes potranno effettuare prelievo e reimpianto del tessuto ovarico. Se i centri di Pma avranno autonomia di stimolazione e stoccaggio di gameti procederanno in modo autonomo, altrimenti i pazienti verranno inviati presso i centri Hub per le procedure. Il tutto ricordando che esistono procedure atte alla preservazione della fertilità in persone sottoposte a terapie anticancro (che dal 20 al 60 per cento esitano in sterilità).

Quel che è certo è che lo stoccaggio avverrà presso Biobanche nei due centri Hub, ovvero nei centri periferici dove esistono strutture oncologiche mentre è da chiarire se sono coinvolti anche i centri, pubblici e privati, deputati alle tecniche Pma?

“La disponibilità della struttura Hub - conclude De Stefano - sarà totale, 365 giorni l’anno e 24 ore al giorno anche a Natale, Ferragosto e Capodanno Abbiamo adottato un sistema unico certificato anche per il trasporto dei campioni in vista della connessione interregionale della rete campana tra centro e periferia del sistema”.

 
“Cruciale anche il counseling psicologico – sottolinea Carlo Alviggi - perché accogliere e guidare le coppie investite dalla malattia verso l’opportunità di un prelievo e il congelamento dei gameti o del tessuto ovarico è una parte essenziale del progetto nella consapevolezza che sono comunque procedure stressanti che si innestano in un tessuto umano e psicologico già devastato e sovvertito dalla malattia”.
 
Ettore Mautone

19 marzo 2019
© Riproduzione riservata

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