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Terremoto. Procopio (Sumai E. Romagna): “Siamo in emergenza e non sappiamo quando finirà”


Il responsabile del Sumai-Assoprof dell’Emilia Romagna fa il punto sulla situazione dell’attività specialistica dopo il sisma. "La maggior parte delle strutture non è agibile. Dobbiamo essere pronti a gestire una fase di post-emergenza destinata a durare per mesi". 

16 GIU - Sono passate già diverse settimane da quel 20 maggio in cui la provincia di Modena è stata colpita dalle prime scosse di un terremoto che hanno fatto vittime e messo in ginocchio il tessuto produttivo. Ma la terra in Emilia Romagna continua a tremare. L’emergenza dunque continua e come ci afferma Pietro Procopio, responsabile regionale Emilia Romagna del Sumai-Assoprof “per questa lavoriamo, per dare le risposte sanitarie adeguate ai cittadini”.
 
 
Pietro Procopio è un oculista che vive a Carpi (Mo), una delle zone più colpite del sisma, e da settimane lavora in condizioni precarie, lui e tutti i medici e operatori sanitari ma, ci dice in un’intervista, non si può fare altrimenti. La sua giornata è un alternarsi di visite tra le Mpa, strutture di prima accoglienza, le visite nelle tende e la verifica dello stato di agibilità delle strutture “perché al momento nessuno sa quando questo finirà”.
 
Dottor Procopio, un terremoto fa vittime e feriti, i medici dunque sono le figure di riferimento in quei momenti, gli attori, loro malgrado, principali di un dramma. Come vi state organizzando?
Abbiamo da poco avuto un incontro con i vertici provinciali dove si è parlato delle criticità, di quello che si sta facendo e di quello di cui ci sarebbe bisogno. Ciò che è emerso con forza è essenzialmente la mancanza di collegamento tra il centro e la periferia dovuto al fatto e giustificato dall’emergenza della situazione. Si è analizzato il lavoro che stanno facendo tutti gli attori del territorio: gli specialisti, i medici di medicina generale e i pediatri.
La maggior parte delle strutture non è agibile, l’agibilità deve essere data dagli organismi competenti e la mancanza di agibilità comporta un allungamento dei tempi.
 
Com’è gestito il vostro lavoro?
In tutte le aree disponibili, tipo campi da calcio o simili, si sono organizzate delle postazioni mediche di prima accoglienza gestite dai medici di medicina generale del territorio. La mia richiesta nel corso della riunione con i vertici della provincia è stata di integrare il lavoro dei medici di base con quello degli specialisti in modo da creare un punto d’incontro, un piccolo staff organizzato per far fronte alle necessità. Questa forma di collaborazione per il momento è gestita dai medici di famiglia che sono stati spinti da noi alla collaborazione.
Nei campi organizzati dove ci sono le tende per i medici che si sono organizzati con la turnazione va tutto abbastanza liscio, dove però ci sono gli studi medici ancora in stato precario, come nella zona di Carpi, le visite si fanno all’aperto e per i farmaci, essendo le farmacie chiuse, se c’è bisogno ci sono i farmacisti che vanno dentro con i vigili del fuoco e prendono quello di cui c’è bisogno.
 
Quali sono i servizi medici più richiesti?
Il supporto psicologico sicuramente. Poi, essendoci molta gente che vive a stretto contatto, possono esserci problemi di dermatologie, diffusione di malattie infettive ma anche problemi di carattere oculistico. In più possono sorgere problemi di cardiologia per lo stress e di ortopedia quando arrivano le scosse e la gente corre via impaurita.
 
Tra emergenza e post-emergenza, vi hanno prospettato dei tempi per il rientro alle attività?
Ancora no. C’è stato un incontro presso l’assessorato regionale della sanità a Bologna e l’assessore ha inquadrato l’eccezionalità del momento chiedendo di essere pronti a gestire una fase di post-emergenza destinata a durare per mesi dandoci dunque dei suggerimenti ma è evidente che ci vorrà elasticità per fornire assistenza di qualità e per la riapertura di alcuni punti di erogazione in sicurezza. Insomma siamo ancora in una fase difficile. Per adesso si sta cercando di fare una rendicontazione di tutto, a partire dai costi sostenuti nelle prime 72 ore, e dopo fino al 27 luglio, data in cui dovrebbe finire la fase emergenziale.
 
Com’è organizzata la sua giornata tipo?
La giornata tipo è scandita dalla verifica dell’agibilità degli e successivamente dalle visite ai pazienti negli spazi disponibili. Vorrei sottolineare come sul criterio dell’agibilità l’ordinanza dell’assessorato regionale parla di problemi di interpretazione dell’ordinanza Numero 2 della Protezione Civile. C’è insomma poca chiarezza e non sappiamo se fidarci oppure no. Con i colleghi ci diciamo “va bene, possiamo lavorare ma c’è una certificazione da parte della Protezione Civile che ci dà questa agibilità?” il nostro impegno, è evidente, c’è come anche la disponibilità però vorremmo dare sicurezza alle persone come anche a noi stessi che come gli altri siamo terremotati. In queste settimane c’è ancora molta tensione e paura e prima che le cose si normalizzino ci vorrà del tempo.
 
Lei è il responsabile regionale del Sumai Emilia Romagna che si è subito attivato per cercare di aiutare le popolazioni colpite dal terremoto.
Sì, il Sumai provinciale di Modena, di cui sono anche responsabile, ha messo a disposizione una somma di circa 5mila euro per acquistare direttamente una struttura che possa essere utile per le persone. Anche il Sumai-Assoprof Emilia Romagna e il Sumai Nazionale si stanno organizzando per partecipare a quest’azione di solidarietà e sostegno dei cittadini emiliani duramente colpiti da questa grave calamità.

16 giugno 2012
© Riproduzione riservata

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