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Il Distretto, oltre la Casa della comunità

di G. Volpe, P. Da Col, A. Trimarchi

25 MAG - Gentile Direttore,
l’amico Ivan Cavicchi, da par suo, ci onora su Quotidiano Sanità della sua attenzione replicando con lucidità a due nostre letture delle riforme della Missione 5 del Pnrr (disabilità e non-autosufficienza). Sinteticamente, vorremmo commentare il suo dissenso dal nostro giudizio che i nuovi scenari del Piano sono “incoraggianti” e l’enfasi sull’assenza dei Distretti nel Pnrr, a suo parere da “ripensare”.
 
In merito alla prima questione confermiamo che per noi è “incoraggiante” osservare che due Ministeri intendono allearsi con la priorità esplicita di proteggere meglio e di più due target di popolazione specifici, le persone con disabilità e gli anziani non autosufficienti con progetti riformatori ad alta integrazione (sono inseriti nella Missione 5 perché il Pnrr segue filiere istituzionali), che nascono con risorse, investimenti e tempi di attuazione certi e, ulteriore novità rilevante, con precisi vincoli di rendicontazione di risultato alla severa Commissione Europea.
 
Ancora, registriamo che la riforma per la non autosufficienza costituisce una splendida novità, perché è stata inserita in questo Pnrr, mentre era assente in quello del Governo Conte 2, e perché il successo è legato alla pressione congiunta (rara fino ad ora) di gruppi tecnici e di rappresentanze di cittadini attivi. Siamo consapevoli che le due riforme rappresentano per ora finestre aperte, occasioni da sfruttare, non certezze da ammirare, e che il loro buon esito dipende dall’ulteriore partecipazione collaborativa, anche degli operatori dei Distretti di CARD.
 
Insistiamo sul valore dell’alleanza tra i due Ministeri (Politiche Sociali e Salute) perché questa integrazione istituzionale è pre-requisito per quella gestionale e professionale, indispensabili nel lavoro territoriale. Già, perché è il lavoro che contraddistingue il Distretto. Un lavoro territoriale-distrettuale che può trovare espressione nelle Case della Comunità. E qui concordiamo: la coincidenza del Distretto con l’edificio è un errore che comporta gravi rischi. Ma trasformiamo questi rischi in opportunità. Facciamo in modo che esse siano ben inserite nel Distretto, la cui esistenza si renderà così ben visibile grazie a sedi “belle”, che potranno aumentare il senso di identità ed appartenenza territoriale (“vado nel mio-nostro Distretto”), rafforzato sperabilmente dalla nuova rete di servizi domiciliari integrati e dalla nuova residenzialità (sentiremo forse anche: “sono andato nel nostro Ospedale di Comunità”? oppure, “mi hanno assistito i nostri servizi domiciliari” ?).
 
Questa “triade” di servizi darà concretezza tangibile alle funzioni principali del Distretto “naturalmente progredito” nella produzione (di questi ed altri servizi); nel governo e committenza (per servizi erogati da vari professionisti operanti con vari tipi di contratto, da soggetti accreditati e convenzionati per volumi di attività e spesa programmati dal Distretto, necessari a completare l’offerta, anche grazie al terzo settore, qui valutato come motore di energia, non dissipatore di risorse); nonché nella funzione di integrazione, in primis sociosanitaria, ma anche intersettoriale, per interventi coordinati su tutti i determinanti sociali della salute (citati nel Pnrr: casa, lavoro, reddito, trasporti, ecc.).
 
Tutte queste funzioni e la gestione delle nuove risorse potranno trovare una regia unitaria, un coordinamento continuativo nel Distretto, primo garante dei Lea distrettuali. Domandiamo infatti: possono esistere i Lea dell’assistenza distrettuale, diritti dei cittadini e doveri delle Istituzioni, senza il Distretto? (così come i Lea ospedalieri senza ospedale?).
 
Il Distretto è/sarà quindi irrinunciabile struttura organizzativa della Asl, garante di: a) cure ambulatoriali (generaliste di Mmg, Pls, Mca, e specialistiche di I e II livello); b) cure domiciliari (da semplici a molto complesse a palliative); c) cure intermedie e residenziali (con differenti intensità assistenziali, riabilitative, quasi-ospedaliere negli ospedali di comunità). E chi, se non il Distretto “forte”, avrà anche la responsabilità di potenziare questi servizi introducendo l’uso delle nuove tecnologie, come previsto nel Pnrr?
 
È vero, questo sembra confliggere con il fatto che i Distretti non sono nominati nel Pnrr. Tuttavia, grazie a QS, abbiamo scoperto che nel testo inglese del Piano (immaginiamo pervenuto alla Commissione Europea, pur se da noi non reperito sul loro sito istituzionale) di Distretto si parla, eccome: “…These Districts (delle Asl) thus play a key role in establishing the range of services to be provided and in guiding the different players involved in disease prevention, health promotion, social and disability services”.
 
Ancora, nella Missione 6 del testo italiano si legge che in ciascuno dei 600 Distretti (rieccoli!) andrà realizzata una Centrale Operativa Territoriale. Tutto ciò incoraggia l’idea di CARD che il Distretto sarà baricentro dei servizi territoriali (un Distretto “forte” e “vero”), dotato di più strumenti e possibilità di esercitare una regia intelligente, di liberare le risorse di cui è ricco ogni territorio-comunità.
 
Ringraziamo quindi Cavicchi che con le sue riflessioni sostanzia il nostro prudente ottimismo e avvalora l’obiettivo di CARD di potenziare i Distretti, di cogliere i segni dei tempi generatori di speranze, da diffondere tra operatori e persone assistite, gravati oggi troppo spesso dalla demotivazione. Senza la volontà di partecipare, di sperare e di cambiare prevarrà sempre l’immutabile. E nell’immobilismo a perdere saranno sempre i più deboli, risultato opposto a ciò che tutti noi vogliamo.
 
Gennaro Volpe
Presidente CARD
Paolo Da Col, Antonino Trimarchi
Centro Studi CARD

25 maggio 2021
© Riproduzione riservata

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