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Salute e riscaldamento globale

di Mario Fiumene

30 MAR -

Gentile Direttore,
secondo molti scienziati l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi è ormai irraggiungibile. Dire che sarebbe un colpo fatale alla tutela della salute del pianeta è consentito dalle evidenze. Richiamo solo alcuni eventi della nostra Nazione italiana: siccità nel nord del Paese, fiume Po in secca per molti tratti e gravi conseguenze per agricoltura come il razionamento delle acque a scopo irriguo. I ghiacciai della catena Alpina si sono ridotti e il paesaggio appare totalmente diverso; il danno è evidenziato dalla scomparsa di numerose sorgenti di acqua pura. La tempesta di vento che ha sconvolto i boschi dell’Alto Adige (personalmente ho potuto verificare quanto accaduto).

La presenza di specie acquatiche nel mare Mediterraneo sempre più caldo, sono un pericolo per le specie autoctone. Ho fatto riferimento al mare Mediterraneo perché siamo una Nazione che si affaccia su questo mare. Città importanti assai popolose traggono giovamento dalla loro collocazione marina da centinaia di anni: Genova, Livorno, Napoli, Taranto, Bari, Pescara, Rimini, Venezia.

Un discorso a parte lo faccio per le Isole italiche: Elba, Sardegna, Isole Partenopee, Sicilia e Arcipelago circostante. Città e territori sul mare come i piccoli Stati insulari raggruppati con l’acronimo AOSIS: una organizzazione di circa 40 Paesi che, nel 2015 alla Conferenza sul clima di Parigi avevano chiesto alle altre Nazioni più grandi anche sul piano economico, di porre 1,5° gradi come limite al riscaldamento del globo. Il timore delle popolazioni AOSIS era ed è quello di essere sommersi dall’innalzamento del mare a causa dello sciogliersi dei ghiacciai tutti, compresi quelli Polari.

Analogo rischio anche per molte località dell’Italia. Eppure accade che le scelte industriali dell’Italia abbiano priorità rispetto alla tutela del territorio. Queste scelte italiane sono state accelerate dalla guerra in Ucraina che ha messo in crisi le risorse energetiche.

Mentre le conseguenze del riscaldamento globale sono diventate più evidenti, vedasi l’alluvione in Pakistan, gli incendi negli Stati Uniti, in Australia e in tante aree dell’Europa, ci si sarebbe aspettato un cambio di passo repentino e un virare verso le fonti rinnovabili è accaduto che l’Italia ha preferito la stipula di contratti per avere come fonti di energia, ancora per anni, il gas metano (e oggi mentre scrivo leggo la stampa regionale che mette in risalto la notizia di una rinnovata alleanza tra Governo e Regione per la realizzazione del metanodotto).

Al momento della firma dell’accordo di Parigi, gli scienziati dicevano che si sarebbe potuto ridurre le emissioni abbastanza da evitare di superare la soglia di 1,5° gradi, anche se con difficoltà notevoli. Ci sono altri scienziati che si spingono a dire che non c’è più tempo per raggiungere l’obiettivo degli 1,5° gradi limite. Questi “altri scienziati fanno riferimento al rapporto dell’Austrlian academy of science”.

Se l’obiettivo verrà abbandonato si farà un grande regalo ai produttori di petrolio e gas sottratti al sottosuolo. L’ultimo rapporto dell’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) pubblicato il 20 marzo, ovvero una settimana fa, è frutto di un lavoro di circa 8 anni di studio, ricerca scientifica e raccolta dati che lascia ancora qualche speranza a che non si superi la soglia dei 1,5° gradi a condizione di un sussulto internazionale.

Un sussulto pare esserci stato da parte della Commissione europea che sempre a marzo c.a., ha presentato il “Net zero industry act”: è una proposta di regolamento che punta a stimolare la crescita dell’industria delle energie rinnovabili. Il regolamento dovrebbe semplificare l’approvazione dei nuovi progetti accedendo ai fondi europei per gli impianti fotovoltaici ed eolici, le batterie (a tal proposito è bene dire che la ricerca sta sviluppando batterie che non contengono litio), la produzione di idrogeno.

Bisogna dire che solo 18 Paesi sono riusciti a ridurre le emissioni dal 2015: il rischio è arrivare a 2,5° gradi di temperatura!! Il perdurare delle emissioni ha causato e causerà perturbazioni al ciclo dell’acqua.

Le emissioni dovrebbero diminuire entro il 2030 del 48% rispetto alla situazione del 2019. Le proposte sono molteplici: ripensare le città, gestire le colture in modo sostenibile, rimodulare la nostra alimentazione, cambiare le modalità di allevamento del bestiame. Ancora: rimodulare i trasporti sia quello pubblico che quello privato; aumentare i fondi per il clima.

Da quanto verrà fatto, dalle scelte che saranno adottate dipende la salute globale. Chiediamoci che senso può avere migliorare le conoscenze scientifiche sul genoma, migliorare la ricerca farmacologica per curarci, mentre si prosegue, ad implementare i consumi di suolo, ad avvelenare il mare. L’unico risultato sarà una autoestinzione.

Dr. Mario Fiumene

Vice Presidente sezione di Oristano, ISDE Medici per l’ambiente - Sardegna



30 marzo 2023
© Riproduzione riservata

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