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Dg Asl sempre più “capri espiatori”. Servono nuove norme

di Marcello Giannico

25 OTT - Gentile Direttore,
lo scorso 28/09/2018, a conclusione di un processo definito con rito abbreviato, il Giudice del Tribunale Penale di Sassari, dott. Gian Cosimo Mura, ha messo fine ad una emblematica vicenda giudiziaria relativa all’utilizzo, oltre i termini di legge, dello strumento della proroga, con riferimento a quattro contratti di affidamento di servizi da parte della ASL di Sassari, nel periodo 2011-2014, durante il quale io ricoprivo l’incarico di Direttore Generale.
 
L’indagine si era conclusa a gennaio del 2017, dopo ben due anni, con la notifica di avvisi di conclusione indagini preliminari nei confronti di 21 persone che, all’epoca dei fatti, rivestivano incarichi dirigenziali e di direzione nella sanità sassarese.
Solo per 4 dei 21 indagati (e, segnatamente per i vertici aziendali) il P.M., dott.ssa Cristina Carunchio chiese poi il rinvio a giudizio per abuso d’ufficio; per tutti gli altri venne invece chiesta l’archiviazione.
 
L’accusa formulata dalla Procura era quella di aver “prorogato illegittimamente la durata dei contratti con i quali erano state affidate diverse tipologie di servizi, in questo modo procurando intenzionalmente alle ditte affidatarie un ingiusto vantaggio con contestuale ingiusto danno delle ditte concorrenti”.
La difesa sostenuta dal mio legale, avv. Massimiliano Ravenna del foro di Cagliari e dai legali degli altri imputati, era quella di aver ereditato dalle precedenti gestioni oltre 300 servizi appaltati scaduti e di aver dato impulso responsabilmente ad una serie di interventi organizzativi volti alla drastica riduzione delle proroghe, pur nella consapevolezza della oggettiva impossibilità di azzerarli.
 
Pochi giorni fa, a conclusione del rito abbreviato, la fine di un calvario: tutti assolti perché il fatto non sussiste. Questa vicenda deve fare riflettere!
 
Dopo due anni di indagini sono state incolpate 21 persone con il solo pregiudizio che se qualcosa non funziona in sanità è perché dietro c’è un disegno criminoso.
Le Aziende Sanitarie sono delle organizzazioni molto complesse: un disservizio può essere determinato da molti fattori critici (quali ad esempio, disorganizzazione, lungaggini procedurali, errori involontari, cattiva comunicazione) e solo in casi del tutto eccezionali da azioni connotate da profili di colpa o dolo.
 
Vero è infatti che il ricorso improprio alle proroghe degli appalti in sanità è un fenomeno diffuso nel panorama nazionale in ragione delle oggettive difficoltà procedurali e della strutturale carenza di programmazione delle Aziende Sanitarie che determinano la necessità di garantire comunque, in modo responsabile, la continuità dei servizi essenziali erogati.
 
Altrettanto vero è che tale fenomeno assume profili di illegittimità e di danno erariale, allorquando le amministrazioni interessate non dimostrino di aver attivato tutti quegli strumenti organizzativi/amministrativi necessari ad evitare la proroga dei contratti (a tale riguardo vedasi il Comunicato del Presidente dell’ANAC del 04/11/2015).
 
In questa cornice di notoria consapevolezza circa l’utilizzo improprio delle proroghe negli appalti della Sanità, non si può non tenere conto del contesto nel quale i soggetti che operano in qualità di pubblici ufficiali devono procedere nel comporre un difficile bilanciamento tra interessi equipollenti contrapposti (il perfetto rispetto della normativa in materia di affidamento di pubblici appalti e la garanzia della continuità dei servizi pubblici essenziali erogati).
 
Nella vicenda giudiziaria sassarese, elemento ancor più emblematico, è che sia stato poi chiesto il rinvio a giudizio per i soli vertici aziendali; quasi ad indicare che un disservizio pubblico, nel nostro Sistema Sanitario, non può non avere dei connotati di matrice penale da ascriversi, quantomeno, in capo alla Direzione Aziendale.
 
Il ruolo del Direttore Generale di un’Azienda Sanitaria è stato istituito con il D.Lgs 299/1999. Nel corso di questi 20 anni di esperienza sono emerse numerose criticità relative alla corretta individuazione delle competenze e dei profili di responsabilità dell’organo di vertice delle Aziende Sanitarie.
A differenza della struttura giuridica che regolamenta il funzionamento degli enti locali, in sanità non vi è tuttora una chiara separazione normativa tra poteri di indirizzo e controllo e poteri di gestione. Tale carenza è stata solo in parte compensata con provvedimenti regionali e/o con interventi organizzativi delle singole Aziende. A queste iniziative, disomogenee tra loro, si affiancano le recenti tendenze evolutive del sistema sanitario italiano: processi di accorpamento che generano aziende sanitarie di enormi dimensioni e accentramento di funzioni in capo all’ente Regionale che modificano le logiche di governance del sistema.
 
È evidente che oggi l’ambito di azione del Direttore Generale è ancora più incerto e che agli occhi dell’opinione pubblica e, ancor peggio, delle altre amministrazioni dello Stato il funzionamento delle Aziende Sanitarie non è chiaro.
Ciò comporta il pericolo che i vertici aziendali vengano identificati come “capri espiatori”, chiamati in ogni caso a rispondere delle carenze e delle omissioni proprie delle diverse articolazioni aziendali, anche in sede penale, di fatto, riconoscendo una inaccettabile responsabilità semi-oggettiva degli stessi.
 
Per affrontare con successo le grandi sfide della sanità pubblica è necessario operare su più fronti. Tra questi è imprescindibile: da una parte, instaurare un rapporto di leale collaborazione con le altre istituzioni pubbliche, comunicando in maniera più efficace le complessità del sistema sanitario; dall’altra aggiornare e chiarire l’effettivo ruolo del Direttore Generale, intervenendo sulla normativa nazionale di riferimento.
 
Marcello Giannico 
Dirigente dell’Area Risorse Economico-Finanziarie
Direzione Regionale Salute e Integrazione Sociosanitaria della Regione Lazio

25 ottobre 2018
© Riproduzione riservata

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