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I limiti delle attuali terapie anticoagulanti


30 AGO - La terapia anticoagulante con gli antagonisti della vitamina K quali warfarin, acenocoumarolo o femprocoumone è ampiamente considerata il trattamento standard per  la prevenzione dell’ictus nei pazienti con FA ad alto rischio di ictus. Tuttavia, nonostante la sua efficacia, warfarin viene segnalato ripetutamente nella lista dei farmaci della FDA statunitense a causa dei numerosi eventi avversi associati al farmaco. A causa delle particolari caratteristiche degli antagonisti della vitamina K, quali lo stretto range terapeutico e le molteplici interazioni con farmaci e alimenti, sono necessari ripetuti e costosi monitoraggi per assicurare che l’International Normalized Ratio (INR) si mantenga all’interno del range richiesto; tuttavia, gli studi mostrano che nella maggioranza dei pazienti non si ottiene l’INR richiesto.
 
Per contribuire alla gestione del carico crescente determinato dalla fibrillazione atriale (FA) e per fornire ai pazienti migliori possibilità terapeutiche per la prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica, Daiichi Sankyo sta sviluppando un nuovo anticoagulante orale in monosomministrazione giornaliera, Edoxaban, che inibisce in modo specifico, reversibile e diretto il fattore Xa, un importante fattore della cascata della coagulazione. Edoxaban è attualmente oggetto di studio nei trials clinici ENGAGE AF-TIMI 48 per la FA, che coinvolge 21.105 pazienti inoltre 1.000 centri di ricerca in 46 nazioni, con il follow-up più lungo e il più ampio numero di endpoints primari predefiniti tra gli studi sui nuovi anticoagulanti orali (NOAC), e Hokusai-VTE, lo studio clinico di fase 3 più ampio sul  trattamento e la prevenzione della del tromboembolismo venoso ricorrente, che coinvolge circa 8.250 pazienti in oltre 400 centri in 38 Nazioni.
“Il paziente iperteso più costoso – ha ricordato Massimo Volpe, presidente della Società Italiana di Ipertensione – è il paziente non trattato o trattato in modo insufficiente. Obiettivi chiave nell’ipertensione sono rappresentati da una buona compliance e da un inizio di trattamento precoce ed efficace, al fine di contribuire ad una riduzione delle morti cardiovascolari e dei costi correlati nel lungo termine. Da questo punto di vista la terapia con associazioni fisse ha già dimostrato una serie di vantaggi rispetto alle associazioni estemporanee e potrebbe determinare un significativo miglioramento della compliance riducendo il carico di compresse da assumere quotidianamente. Questo miglioramento potrebbe, a sua volta, aiutarci a raggiungere l’ambizioso obiettivo di tenere sotto controllo la pressione arteriosa nel 70% dei pazienti con ipertensione entro il 2015”.

30 agosto 2012
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