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Cos’è la monografia “Anziani con diabete”?


05 DIC - Un’analisi approfondita dei dati di circa 250 Centri di diabetologia diffusi su tutto il territorio nazionale, raccolti nel corso della normale pratica clinica. “Si tratta di un totale di quasi 415.000 persone con diabete di tipo 2. Sono stati poi estrapolati i dati di tutte le persone con più di 65 anni, che a loro volta sono state suddivise in 2 gruppi: età compresa tra 65 e 74 anni e oltre 75 anni”, spiega Maria Antonietta Pellegrini, Coordinatrice del Gruppo AMD “Diabete nell’anziano” e Dirigente Medico della SOC di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo – Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine. “L’osservazione ha coinvolto tutte le persone con diabete di tipo 2 che nel 2009, anno di riferimento di questo lavoro, avevano effettuato almeno una visita diabetologica, una misurazione dell’emoglobina glicata o una prescrizione di farmaci per il diabete. Questo ci ha permesso di avere una fotografia importante, e forse unica, sulla tipologia di assistenza riservata a questa popolazione e sui loro bisogni ancora insoddisfatti”.
                                                                                               
Circa il 60% dei pazienti che afferiscono ai Centri di diabetologia esaminati ha un’età superiore ai 65 anni. “Prendendo in considerazione una serie di indicatori quali l’emoglobina glicata – ha continuato – il quadro dei lipidi, il profilo pressorio e quello della funzione renale, l’ispezione del piede e l’esame del fondo oculare è stato possibile valutare la qualità dell’assistenza e delle cure prestate in questa fascia di popolazione. Abbiamo, inoltre, analizzato l’utilizzo dei farmaci nella popolazione anziana. La scelta terapeutica tiene conto prima di tutto della sua aspettativa di vita e poi della grande eterogeneità di questa popolazione nella quale gli obiettivi di cura dipendono da molteplici variabili non solo sanitarie, ma anche socio economiche. Dall’analisi è emerso, ad esempio, che nella popolazione anziana le terapie più utilizzate sono le sulfaniluree, che pur potenziando la produzione insulinica espongono ad un rischio di ipoglicemia elevato e alle complicanze ad essa correlate. Va tuttavia precisato che questi dati si riferiscono al 2009, quando molecole più innovative come le DPP-4, caratterizzate da un’importante riduzione del rischio di ipoglicemia, avevano ancora un basso utilizzo a livello nazionale”.
 
Per avere un’idea chiara degli interventi di assistenza ancora da fare e per scovare eventuali criticità nella cura bisogna avere una fotografia piuttosto chiara dello status quo. “Gli anziani con diabete sono molto diversi tra loro e la difficoltà sta proprio nel tracciarne un identikit preciso”, ha continuato l’esperta. “Molti dei parametri da tenere sotto controllo durante la malattia come il peso e la dieta perdono progressivamente di importanza nella popolazione anziana. L’indice di massa corporea (BMI), per esempio, risulta non essere più un parametro adatto a valutare lo stato di adiposità nell’anziano dal momento che l’età avanzata si accompagna spesso a cambiamenti della struttura corporea, perdita della massa muscolare (sarcopenia) e assottigliamento dei dischi vertebrali con riduzione dell’altezza”.
 
Invece a cambiare è la capacità della persona di rispondere a modifiche nella gestione e nella cura della sua malattia, e la differenza si nota soprattutto se il diabetico ha avuto diagnosi già da molto tempo. “Le persone con diabete di lunga durata tendono a trascinare vecchie terapie per anni, apparentemente senza effetti collaterali, ma in realtà continuano ad assumere farmaci che tutte le linee guida sconsigliano fortemente. Sul diabete di nuova diagnosi ci si scontra invece con il fattore età e con le difficoltà del cambiamento”, ha spiegato Pellegrini. “È dunque chiave, in questa popolazione, il concetto di personalizzazione della terapia, che permette a noi medici di intervenire sui singoli con associazioni diverse di farmaci, in base alle caratteristiche di ciascuno. Un concetto, peraltro, molto attuale, per il quale l’anno scorso AMD ha ideato un  algoritmo di cura, ossia un percorso di individuazione del profilo di ogni persona con diabete, sulla base dei fattori di rischio che portano allo sviluppo di complicanze, con i corrispondenti suggerimenti di intervento farmacologico da attuare”.

05 dicembre 2012
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