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Le attuali terapie contro il tumore al seno


13 NOV - Le attuali opzioni terapeutiche per il cancro del seno comprendono la chirurgia (possibile solo negli stadi iniziali della malattia e in alcuni casi di metastasi singole), la chemioterapia, la radioterapia, l’ormonoterapia e le terapie biologiche. La scelta dipende da vari fattori tra cui le dimensioni, la localizzazione e l’estensione del tumore, lo stadio della malattia, l’età della paziente e le sue condizioni generali.

•    Terapia primaria sistemica (neo-adiuvante): a seconda del tipo, della diffusione e della grandezza del tumore della mammella alla diagnosi iniziale, può essere utilizzata per ridurre le dimensioni del carcinoma prima dell’intervento chirurgico e per rimuoverlo più facilmente. Consente, quando efficace, un trattamento chirurgico più conservativo e di identificare la sensibilità della neoplasia al trattamento farmacologico instaurato, informazione che potrebbe essere d’aiuto per l’impostazione della cura post-chirurgica.

•    Chirurgia: il tipo di intervento dipende dallo stadio della patologia, dal tipo di tumore, dall’età e dallo stato di salute generale della paziente. Il chirurgo può rimuovere solo la massa tumorale con margini adeguati (lumpectomia o tumorectomia) con o senza la rimozione dei linfonodi ascellari oppure un segmento maggiore (quadrantectomia) e asportare i linfonodi ascellari. Talvolta purtroppo è necessario rimuovere tutta la mammella (mastectomia). Di solito dopo l’intervento vengono attivate terapie cosiddette adiuvanti come ad esempio la radioterapia, la terapia ormonale o la chemioterapia per contribuire a migliorare le possibilità di sopravvivenza della paziente senza che la malattia si ripresenti localmente né a distanza.

•    Radioterapia: la radioterapia espone il tumore a raggi X ad alta energia che distruggono le cellule malate. È spesso utilizzata per uccidere quelle residue che possono aver invaso le aree circostanti il sito originario del tumore e che non sono comunque identificabili macroscopicamente all’intervento chirurgico.

•    Ormonoterapia: detta anche terapia ormonale, consiste nella somministrazione di farmaci che bloccano l’attività degli ormoni estrogeni, coinvolti nell’insorgenza e nello sviluppo di almeno un terzo dei tumori mammari. I meccanismi d’azione sono principalmente due: impedire alla cellula tumorale di utilizzare gli estrogeni prodotti (antiestrogeni) o inibire la produzione degli estrogeni (inibitori dell’aromatasi). La possibilità di essere sottoposte alla terapia ormonale dipende dalla presenza di recettori estrogenici e/o progestinici sulle cellule tumorali, dalla presenza o meno di controindicazioni al trattamento e/o di altre patologie associate. I trattamenti con farmaci ad attività anti-ormonale come il tamoxifene o gli inibitori dell’aromatasi possono essere usati sia come trattamento post-operatorio sia per le donne con tumore metastatico.

•    Chemioterapia: può essere somministrata prima della chirurgia con l’obiettivo di ridurre le dimensioni del tumore, in modo da non rendere l’intervento chirurgico molto esteso. Può essere somministrata anche dopo l’intervento chirurgico, per ridurre la probabilità che il tumore recidivi. Quando il cancro si è diffuso in altre parti del corpo, la chemioterapia può essere utilizzata per ridurre i sintomi, migliorare la qualità di vita e prolungare il più possibile la sopravvivenza. Il meccanismo d’azione dei farmaci citotossici consiste nell’impedire la divisione e la riproduzione delle cellule tumorali, la cui attività viene progressivamente inibita fino all’apoptosi. Purtroppo la loro somministrazione compromette anche le cellule sane dell’organismo (bulbi piliferi, mucose, midollo osseo), causando spiacevoli effetti collaterali: caduta parziale o completa dei capelli, nausea, vomito, alitosi, stomatite, stanchezza, perdita dell’appetito, facile affaticamento, stipsi, diarrea. Inoltre, la chemioterapia può determinare la diminuzione dei globuli bianchi e rossi e delle piastrine. Per questo negli ultimi anni è stata data molta importanza alle “terapie di supporto” che permettono di controllare gli effetti collaterali della chemioterapia con farmaci adeguati in modo da salvaguardare o compromettere il meno possibile la qualità di vita delle pazienti in trattamento. I farmaci chemioterapici possono essere somministrati per via endovenosa (direttamente nel sangue) o per via orale e vengono utilizzati sia negli stadi iniziali sia in quelli avanzati. Alcuni trattamenti, che si somministrano per via endovenosa, come le antracicline, i taxani e gli agenti alchilanti vengono utilizzati da soli o in combinazione.

•    Terapie biologiche: definite anche terapie mirate, sono rivolte contro vie che controllano la crescita e la diffusione del cancro, modulando specifici processi molecolari e cellulari che partecipano allo sviluppo e alla progressione della malattia. La terapia biologica può includere gli anticorpi monoclonali, i vaccini e le terapie genetiche. Poiché le terapie biologiche sono mirate ai processi specifici del cancro, si differenziano notevolmente da altri tipi di terapie (come la chemioterapia o la radioterapia). Attualmente esistono diversi tipi di terapie biologiche per la cura del tumore della mammella. Vengono somministrate come monoterapia, o in combinazione con altri tipi di trattamento in varie fasi di avanzamento della malattia (in base alle indicazioni approvate). Gli anticorpi monoclonali in particolare offrono nuove opzioni terapeutiche per il tumore della mammella: per il 20-30% dei tumori che presentano sulla superficie cellulare i recettori denominati HER2 (Human Epidermal Receptor 2), trastuzumab è un anticorpo monoclonale che agisce in maniera specifica su HER2, impedendo la crescita del tumore e provocando la morte delle cellule tumorali. È importante testare per tutti i tumori della mammella la presenza di tale recettore HER2 al momento della diagnosi, per determinare se la paziente può ottenere i benefici della terapia con trastuzumab.
Negli ultimi anni l’attenzione dei clinici si è concentrata sulla qualità di vita delle donne con tumore alla mammella, anche in considerazione dell’impatto che questo aspetto può avere sull’adesione delle pazienti alle terapie e quindi sulla loro stessa efficacia.
Una risposta è arrivata da una nuova formulazione di trastuzumab che permette l’assunzione di questo farmaco per via sottocutanea e che ha dimostrato un’efficacia sovrapponibile alla somministrazione per endovena, con il grande vantaggio però di migliorare la qualità di vita delle pazienti grazie a tempi di infusione più brevi, circa 5 minuti contro i 30-90 minuti e ad una minore invasività.
Oggi sono in corso di valutazione molti altri nuovi farmaci diretti contro HER2. Alcuni sono nuovi anticorpi monoclonali, come T-DM1, una molecola innovativa frutto della coniugazione di trastuzumab e un agente citotossico molto potente che raggiunge l’obiettivo perseguito da decadi di una chemioterapia a bersaglio del tumore.

•   Terapie integrate: secondo gli esperti l’aumento dei “farmaci intelligenti” (targeted therapy) non metterà in pensione la chemioterapia, ma consentirà un’integrazione tra le due procedure. Il lavoro di “sgrossamento” delle cellule tumorali, lo dovrà sempre fare la chemioterapia. Del resto anche i farmaci mirati agiscono meglio quando devono combattere con un numero inferiore di cellule neoplastiche: magari quelle diventate più resistenti alla chemioterapia e quindi più sensibili agli stessi farmaci biologici. In questi anni è di fatto concettualmente cambiato l’approccio alla malattia, almeno per quanto riguarda il paziente in fase metastatica. Diverso il discorso in fase adiuvante, dove l’obiettivo è ridurre il rischio di recidiva e questo oggi lo si raggiunge con la chemioterapia, l’ormonoterapia (nella mammella, colon, polmone, adesso anche pancreas) ma anche con molecole biologiche.
 

13 novembre 2013
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