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Farmaci: se il mercato non basta, ecco la Difesa


Intervista esclusiva a Marco Airaghi, direttore generale dell’Agenzia industrie difesa, l’ente a cui fa capo lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze incaricato dall’Aifa di produrre il Pemine. “E per il futuro, ci candidiamo ad essere il braccio della sanità nazionale per la produzione di farmaci orfani”.

29 LUG - Sono state settimane di ansia per i pazienti affetti da morbo di Wilson, dopo la diffusione della notizia che l’azienda produttrice del farmaco per essi vitale (il Pemine, d-penicillamine) non avrebbe fatto richiesta di rinnovo dell’Aic.
Il timore che rapidamente il medicinale sparisse dalle farmacie ha serpeggiato per qualche giorno, fino a quando l’Agenzia italiana del farmaco non ha richiesto allo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze di farsi carico della produzione del farmaco.
Non è una novità che lo stabilimento risponda a esigenze del Servizio sanitario nazionale. Non più di un anno fa si occupò dell’incapsulamento e della distribuzione di milioni di dosi di oseltamivir, l’antivirale efficace contro l’infezione da virus a/H1N1.
Lo stabilimento fa capo all’Agenzia industrie difesa, un ente di diritto pubblico istituito nel 1999 allo scopo di razionalizzare e ammodernare le unità industriali del ministero della Difesa, che dal giugno del 2008 è guidato dall'ingegnere Marco Airaghi, già deputato di Alleanza Nazionale e oggi Consigliere del Ministro della Difesa per le Attività Aerospaziali.
Quotidiano Sanità lo ha intervistato per comprendere quale possa essere il ruolo dell’Agenzia industrie difesa, e dello stabilimento fiorentino in particolare, nel panorama della sanità pubblica italiana.

Onorevole Airaghi, cominciamo con la cronaca. A quando l’inizio della produzione del Pemine?
Stiamo concordando e verificando con molta velocità insieme all’Aifa tutte le procedure per avviarla al più presto. Credo che subito dopo l’estate si dovrebbe concretamente dare il via a un piano industriale per la produzione del medicinale. Non dovrebbero esserci problemi per i malati, dal momento che l’Agenzia del farmaco ha assicurato che sono già disponibili dosi per coprire un periodo di almeno 15 mesi.
 
Ma in che modo, la produzione del Penime si inserisce nell’attività dell’Agenzia industrie difesa?
Fin da quando ho avuto l’oneroso incarico di dirigere l’Agenzia ho pensato di orientare l’attività degli stabilimenti non soltanto verso i servizi alle forze armate. Ma fare in modo che diventassero un servizio alle attività di tutte istituzioni della nostra nazione. E lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze ha tutte le potenzialità per essere uno strumento ulteriore a fianco della sanità nazionale.
Nell’ultimo anno a fianco e per conto del ministero della Salute abbiamo incapsulato tutte le pastiglie di oseltamivir partendo dal principio attivo che il ministero della Salute aveva approvvigionato dalle industrie farmaceutiche.
Questo è un chiaro esempio di che cosa voglio che siano gli stabilimenti di questa agenzia. In tempo di pace, le nostre forze armate sono a fianco dei cittadini della nazione e delle istituzioni.

A quali altri bisogni potrebbe rispondere lo stabilimento fiorentino?
Un altro problema che il ministero della Salute e l’Agenzia italiana del farmaco ci hanno evidenziato è, per esempio, quello dei farmaci orfani, quei medicinali destinati alla cura di malattie rare e la cui produzione non è di interesse commerciale-industriale per le case farmaceutiche.
Siamo in stretto contatto con l’Aifa, nella figura del professor Guido Rasi, e con il ministero della Salute perché, restando fedeli a quest’ottica di servizio alla nazione, il chimico farmaceutico militare di Firenze si candida a essere il braccio della nostra sanità nazionale per la produzione dei farmaci orfani.
Stiamo identificando alcuni farmaci per i quali l’Aifa ritiene ci sia una relativa urgenza di produzione, farmaci orfani che sono di interesse non solo della nostra nazione ma che possono essere messi a disposizione di altre sanità di altri Paesi.
In questa prospettiva, la produzione di un farmaco orfano sarà di interesse nazionale coprendo i bisogni dei nostri concittadini, ma potenzialmente sarà anche un piccolo business che contribuirà a rendere profittevole l’attività di questi stabilimenti in modo che ci sia un autosostentamento degli stessi.
 
L’Agenzia industrie difesa potrebbe quindi essere uno degli strumenti attraverso cui lo Stato risponde ai bisogni che il mercato non riesce a soddisfare...
È questo che mi ha spinto a percorrere questa strada. Sono convinto dell’importanza del fatto che le nostre forze armate siano a fianco del cittadino e delle istituzioni della nazione. Credo che questo della sanità emergenziale sia il caso tipico. Come nel caso della pandemia e dei farmaci orfani è una funzione che svolgiamo con molto piacere, non avendo, inoltre, la necessità dell’utile.

La produzione di farmaci, tuttavia, sta diventando un’attività sempre più complessa. Dal punto di vista tecnologico, fin dove si può spingersi l’Agenzia industrie difesa?
Oggi siamo limitati a produzioni abbastanza semplici. Tuttavia, diamo la massima disponibilità a utilizzare al meglio eventuali fondi che fossero messi a disposizione dal ministero della Sanità o dall’Agenzia italiana del farmaco che hanno finanziamenti da potere distribuire. Dare fondi per lo sviluppo di produzioni anche di alta qualità all’interno di un organismo dello Stato credo sia molto più rasserenante sia per chi li investe sia per i cittadini italiani che sanno che non vengono dati a privati ma restano all’interno del sistema Stato.
 
Antonino Michienzi
 
 
 

 

29 luglio 2010
© Riproduzione riservata

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