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Ictus ischemico. Un segnale sul cromosoma 6 è fattore di rischio


Da un enorme lavoro di analisi genetica arriva una scoperta che potrebbe essere utile per riconoscere chi sono i pazienti a rischio di ictus cerebrale ischemico dovuto a stenosi dei grossi vasi. Alla ricerca hanno partecipato anche scienziati italiani del Carlo Besta e del Mario Negri.

05 SET - È anche un po’ italiano il nuovo passo avanti nella conoscenza dei fattori di rischio genetici dell’ictus cerebrale ischemico. Uno studio pubblicato su Nature Genetics, e al quale hanno partecipato gli scienziati della Fondazione Istituto Neurologico ‘Carlo Besta’ e dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche ‘Mario Negri’, ha infatti rivelato l’esistenza di un segnale genetico sul cromosoma 6, fino ad oggi sconosciuto, fortemente associato all’ictus cerebrale dei grossi vasi.
 
Nei paesi sviluppati l’ictus rappresenta ancora la terza causa di morte e la prima di invalidità permanente. Lo studio, promosso da un gruppo di scienziati australiani e che potrebbe aiutare a ridurre il numero di infarti cerebrali dovuti a stenosi o occlusione dei grossi vasi, che costituisce circa un quarto di tutti gli ictus, ha coinvolto la comunità scientifica internazionale in un’analisi meticolosa durata più di due anni. “Questa ricerca ha costituito una sfida notevole dal punto di vista statistico poiché  ha richiesto l’applicazione di test statistici rigorosi per poter replicare i risultati”, ha affermato Simona Barlera, dell’Istituto Mario Negri. “Inizialmente sono stati confrontati 1200 soggetti australiani colpiti da ictus con altrettanti soggetti sani mediante uno screening di circa 610.000 polimorfismi (varianti) del genoma umano. I risultati positivi sono stati quindi replicati in 1700 pazienti con ictus dei grossi vasi e 52000 soggetti sani provenienti da 10 popolazioni differenti.”
 
“Il lavoro andrà ora avanti per chiarire in che modo la regione di DNA identificata possa aumentare il rischio di ictus ischemico, in particolare in associazione alla patologia aterosclerotica dei grossi vasi (arterie carotidi, vertebrali e basilare)”, ha commentato Giorgio Boncoraglio, della Fondazione “Carlo Besta”, responsabile per la parte italiana dello studio. “La scoperta apre già da oggi una serie di possibilità applicative nella prevenzione dell’ictus cerebrale, avvicinandoci al momento in cui, sulla base della conoscenza dei fattori genetici che predispongono all’ictus cerebrale, saremo in grado di tracciare un profilo di rischio per ogni individuo, indicando gli stili di vita e/o le terapie preventive più appropriate.”
 

05 settembre 2012
© Riproduzione riservata

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