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Urologia. Congresso SIU. Intervista a Mirone: "La nostra guerra al cancro alla prostata"


Le armi a disposizione dei medici sono sistemi diagnostici sempre più sofisticati e soprattutto la chirugia robotica. Fino al rivoluzionario test "Prostate CAncer gene 3 (PCA3)" che dà la risposta definitiva sul "che fare". Senza dimenticare la prevenzione, che resta l'arma migliore. Il punto con il segretario generale della SIU.

21 OTT - Promuovere la prevenzione e sfruttare al meglio tutti i nuovi strumenti a disposizione dei professionisti. Ecco le parole d’ordine che saranno alla base dell’85esimo Congresso nazionale della Società Italiana di Urologia (SIU), che inizia oggi a Venezia e che andrà avanti fino al 24 ottobre. Abbiamo chiesto a Vincenzo Mirone, primario di Urologia dell’Università Federico II di Napoli e segretario generale SIU di raccontarci quali sono i temi più importanti, quando si parla di urologia oggi.
 
“Sicuramente – ha spiegato Mirone – uno dei temi più caldi è quello del carcinoma prostatico, per il quale si hanno ogni anno in Italia 48.000 nuovi casi, e 9000 morti, numeri paragonabili a quelli del cancro alla mammella”. In particolare, le novità in questo campo riguardano la valutazione dello stato della prostata e in particolare la sua prevenzione e diagnosi. “In questo campo il medico si usa eseguire esplorazione digitorettale ed ecografie, ma uno degli strumenti più noti e utili è forse quello del test del PSA. Si tratta di un test che a volte spaventa gli uomini, impauriti dalla possibilità di scoprire di avere un problema. In questo senso bisogna promuovere una nuova cultura della prevenzione, che per gli uomini è più difficile rispetto alle donne: nel genere femminile è diffusa l’autopalpazione e una generale attenzione alla propria salute che spesso è più difficile negli uomini. Per questo uno dei messaggi che deve passare è che non bisogna avere paura di fare prevenzione”.
 
Ma talvolta questo non basta, ed ecco allora che alcuni nuovi strumenti vengono in aiuto di specialisti e pazienti. Uno di questi è il test del Prostate CAncer gene 3 (PCA3), che aiuta a decidere sull’opportunità di sottoporre i soggetti con sospetto di carcinoma prostatico a biopsia prostatica per giungere ad una diagnosi di carcinoma. Il PCA3 è specifico per il cancro della prostata. Questo significa che è prodotto unicamente dalle cellule di tumore prostatico e non è influenzato dalle dimensioni della prostata. Differenzia meglio del PSA PCa e patologie prostatiche benigne/non tumorali come l’iperplasia prostatica benigna (IPB), (ovvero l’ingrossamento della prostata) o la prostatite (infiammazione della prostata).
 
Tra le altre tematiche prese in esame, grande importanza avrà anche quella del legame tra obesità e carcinoma renale, nonché tra fumo di sigaretta e tumore alla vescica e al rene: secondo recenti studi, infatti, il 27% di casi di tumore del rene tra gli uomini americani e il 29% tra le donne (in tutto più di 8.000 casi ogni anno) possono essere correlati a sovrappeso e obesità; mentre per tumore del rene e della vescica l’eliminazione dell’abitudine al fumo potrebbe ridurre dal 16 al 28% i casi di tumore del rene, ed è stimato anche che questa sia la causa di circa il 50% delle neoplasie vescicali.
 
Ma quali sono oggi le opzioni terapeutiche che si hanno, di fronte a un cancro alla prostata? Le grandi evoluzioni vengono da due settori: la diagnostica per immagini e la robotica. La Laparoscopia tridimensionale costituisce un’innovazione importante, grazie ad una tecnologia 3D il chirurgo può avere dalla sua parte la visualizzazione tridimensionale del campo operatorio che va a migliorare il risultato dell’intervento, e semplifica il lavoro all’urologo consentendogli un migliore orientamento. Ma forse, ancor più interessante è l’ambito della chirurgia robotica, il cui impiego ha ultimamente avuto un forte impulso. Il primo robot, cui fu dato il nome Da Vinci in onore a Leonardo, fu messo a punto nel 1999 e permette ai chirurghi di superare molte delle carenze associate alla chirurgia tradizionale. “La cosa più interessante è l’estrema precisione che l’uso di queste nuove tecnologie permettono”, ci ha spiegato Mirone, raggiunto telefonicamente. “È come se ci fosse una sorta di joystick nelle mani del chirurgo, che controlla alcuni bracci robotici. In questo modo la precisione dei movimenti è molto più alta di quanto non sarebbe con le mani nude. E per questo la chirurgia robotica diventa chirurgia di prima istanza”.
Un approccio che vede però una grande differenza tra nord e sud: “Sul territorio nazionale ad oggi sono circa 58 i robot che ci permettono di operare, ma di questi solo due o tre si trovano al sud”, ha commentato il segretario generale SIU. “Il che è anche indice di una peggiore politica sanitaria nelle zone del mezzogiorno: queste regioni pagano un prezzo molto alto, che deriva dall’aver avuto poca possibilità di accesso alle tecnologie. E ancora oggi, con un atteggiamento che purtroppo è piuttosto diffuso e non solo in questo ambito, si fa ancora troppo poco per recuperare le difficoltà del sud d’Italia”.
 
Infine, anche la nutraceutica prende sempre più piede anche in campo urologico. Le sostanze nutraceutiche sono normalmente derivate dalle piante, dagli alimenti e da fonti microbiche e vengono utilizzate per prevenire le malattie croniche, migliorare lo stato di salute, ritardare il processo di invecchiamento e aumentare l'aspettativa di vita. In ambito urologico sono strati introdotti alcuni prodotti per la cura dell’Ipertrofia Prostatica Benigna (IPB) mentre di altri si è visto l’effetto positivo nelle cistiti ricorrenti; infine sono state introdotte delle preparazioni composte da differenti derivati fitoterapici per favorire la libido e la potenza sessuale. “Chiaramente questo approccio si può usare solo quando le condizioni di salute non sono critiche – ha concluso Mirone – ma quando è possibile i pazienti sono ben contenti di assumere sostanze che non siano farmaci in senso stretto, ma che fanno loro bene in termini di salute”.

21 ottobre 2012
© Riproduzione riservata

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