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Alzheimer e patologie vascolari. Il punto di 15 anni di studi su Journal of Alzheimer’s Disease


L’ultima edizione del giornale è dedicata alle connessioni tra la malattia neurodegenerativa e i fattori di rischio cardiovascolari: quali sono i processi fisiologici e patologici che contribuiscono all’insorgere dell’Alzheimer? Questo ed altri temi – come le nuove terapie laser a basso livello – trattati sullo speciale.

08 NOV - Da almeno quindici anni, scienziati di tutto il mondo hanno scoperto che il rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer è collegato a una serie di patologie vascolari, come ipertensione, aterosclerosi, o malattie cardiache, così come a condizioni come diabete di tipo 2 o iperlipidemia. Oggi, un numero speciale di Journal of Alzheimer’s Disease, cerca di fare un punto sui processi patologici, biochimici e fisiologici che contribuiscono all’insorgere della patologia, e su tutti i metodi che oggi esistono per ritardare o cancellare alcuni dei sintomi.
 
“Controllare i fattori di rischio vascolare per l’Alzheimer offre la possibilità di ridurre la demenza incidente grazie ad una identificazione precoce e al trattamento medico appropriato, capace di ridurre i segni precursori del declino cognitivo”, ha spiegato Jack C. de La Torre dell’Università del Texas, che ha curato i contenuti dello speciale. “La migliore comprensione della patologia insieme a strategie di prevenzione potrebbe essere quell’enorme passo in avanti che ci servirebbe, per ridurre finalmente la prevalenza globale della malattia di Alzheimer, che raddoppia ogni venti anni”.
 
In particolare gli studi analizzano come la malattia vascolare può ripercuotersi sul flusso sanguigno che arriva al cervello e dunque impedire il corretto funzionamento di alcuni meccanismi, contribuendo allo sviluppo dei sintomi dell’Alzheimer. Per questo tenere sotto controllo i fattori di rischio cardiovascolare potrebbe essere un approccio terapeutico anche per questa patologia neurodegenerativa, a maggior ragione per i pazienti più giovani: paradossalmente, infatti, il collegamento tra i fattori di rischio vascolare e sviluppo dei sintomi cognitivi è più forte in età adulta che non negli anziani. Alcuni scienziati suggeriscono addirittura che ad età più avanzata sintomi di patologie vascolari potrebbero avere un effetto protettivo sullo sviluppo di Alzheimer, ma questo argomento è ancora molto discusso dal mondo accademico.
 
Tuttavia, ad oggi, i risultati dei trial su farmaci o terapie per il morbo che hanno come target i fattori di rischio cardiovascolare rimangono ancora non del tutto chiari e univoci, ma comunque questo ambito di ricerca è piuttosto ricco e vivace. La natura multifattoriale della malattia di Alzheimer e il bisogno di identificare una finestra di tempo dalla sua insorgenza in cui è possibile agire per bloccarla proiettano infatti ancora la ricerca in avanti. Promettenti campi di studio sono quelli che riguardano la potenziale terapia laser a basso livello per aumentare il tasso di consumo di ossigeno nel cervello e migliorare il metabolismo corticale, e l’uso di alcuni antipertensivi per ridurre il rischio di insorgenza e la progressione della patologia neurodegenerativa.
 “Ma bisogna anche specificare che la presenza di rischio cardiovascolare non implica direttamente che si svilupperà una forma di demenza, ma che bisogna studiare per comprendere in quali casi ciò accadrà”, ha poi specificato de La Torre. Per scoprire sempre di più sull’argomento bisogna continuare a fare ricerca: “Ridurre la prevalenza dell’Alzheimer non è un obiettivo semplice – ha concluso il ricercatore – a maggior ragione al momento se lo si vuole fare attraverso il lavoro sui fattori di rischio vascolare. Ma per raggiungere questo obiettivo bisogna pur iniziare a lavorare da qualche parte, e bisogna farlo senza ulteriori indugi, visto che il tempo sta già sfuggendo di mano a milioni di pazienti che sono destinati a sviluppare i sintomi della demenza”.

08 novembre 2012
© Riproduzione riservata

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