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BPCO. Gli esperti riuniti a Roma: “Sono tanti i problemi ancora da risolvere” 


Si chiama Broncopneumopatia cronica ostruttiva, ma spesso anche i pazienti che ne sono affetti non la conoscono. È proprio questo uno dei problemi, per questa patologia che colpisce il 6% degli italiani. Diagnosi e trattamento efficaci sono indispensabili, possibili solo con la collaborazione di medici di medicina generale e specialisti.

06 DIC - È destinata secondo l'OMS a diventare la terza causa di morte nel mondo nel 2030, e colpisce in Italia il 5-6 per cento della popolazione, ma per la Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) sono ancora tanti i problemi da risolvere: diagnosi precoce e corretta, integrazione delle diverse figure professionali che prendono in carico il paziente,  appropriato trattamento terapeutico, che premi l’innovazione per  consentire  al paziente una migliore qualità della vita e che procuri conseguenti risparmi al servizio sanitario. Proprio di questo si è parlato  a Roma all’incontro Ad Ampio Respiro:  innovazione, appropriatezza e sostenibilità delle cure per la BPCO, organizzato dall’Academy of Health Care Management and Economics e promosso da SDA Bocconi e Novartis.
 
“Bastano 200 metri in leggera salita a farmi venire il fiatone molto forte: ho la BPCO da 9 anni, ma solo da 6 mesi conosco il nome della mia malattia”.  La testimonianza è di Lucia che ha scoperto per caso di avere la BPCO, dopo che per anni ha lavorato manipolando sostanze tossiche. Da 8-9 anni è in cura dal medico, prima della diagnosi sapeva di essere affetta da asma bronchiale e solo pochi mesi fa le hanno detto che si tratta di BPCO. Una storia che scopre il volto nascosto della BPCO, che spesso si manifesta compiutamente quando è ormai in stadio avanzato.
“La BPCO costringe i pazienti a vivere senza respiro”, ha spiegato Fausta Franchi, Vice Presidente Associazione Pazienti BPCO Onlus. “Attività banali per le persone sane, come riprendere le attività quotidiane al risveglio al mattino, diventa per un paziente estremamente complicato. È una vera riduzione della libertà del paziente, della sua autonomia e della sua possibilità del "fare", che è una dimensione centrale dell'individuo. Ed è per questo che ci battiamo affinché  la BPCO venga inserita nella lista delle malattie croniche invalidanti in modo da ottenere l'esenzione per tutte le prestazioni diagnostiche e terapeutiche”.
                                                                                            
Ma sono moltissimi i pazienti ancora non diagnosticati o che arrivano alla corretta diagnosi molto tempo dopo. Spesso questo ritardo deriva dal fatto che il paziente non coglie i segnali deboli di questa insidiosa patologia; man mano che sperimenta difficoltà respiratorie, tende a ridurre l’attività fisica, rinunciando a salire le scale, a fare attività fisica e arriva dal medico in una fase già avanzata. Ma una volta arrivato dal medico la corretta diagnosi arriva dopo molto tempo.
 
Dal database Health Search della SIMG, Società Italiana di Medicina Generale, che contiene i dati inviati da quasi 900 medici di famiglia, relativamente a circa 2 milioni di assistiti, emerge che sono solo il 3 percento i pazienti diagnosticati, mentre secondo la letteratura scientifica dovrebbero essere almeno il 5/6 percento. E si valuta la terapia sempre secondo i dati di Health Search quasi la metà dei pazienti diagnosticati non segue alcun trattamento terapeutico. Ma anche quando i pazienti ricevono un trattamento, spesso non si tratta della soluzione appropriata: secondo uno studio pubblicato quest'anno sulla rivista Respiratory Medicine che ha coinvolto 49 centri di pneumologia in tutt'Italia, prendendo in esame diagnosi e prescrizioni di oltre 4.000 pazienti emerge che il trattamento farmacologico è stato giudicato inappropriato nel 62 percento (quasi 2300 pazienti); in  particolare emerge il ricorso alla terapia con cortisonici per via inalatoria anche quando non necessario, in pazienti con BPCO lieve e moderata, o BPCO da moderata a molto grave, ma senza frequenti riacutizzazioni. 
 
Questo perché la BPCO è una patologia di cui si parla in modo esteso dal 2002 e permane l'attitudine a confondere BPCO con l'asma e a trattarla come tale. Le nuove linee guida GOLD internazionali e nazionali prevedono l’inclusione della spirometria nella visita al paziente, l’impiego di farmaci appropriati, specificamente i broncodilatatori che agiscono correttamente, assicurando un miglioramento dei sintomi ai pazienti e con conseguenti ricadute a beneficio del servizio sanitario.
Recentemente l'EMA (European Medicine Agency)  ha autorizzato in Europa un nuovo farmaco. “Si tratta di un anti muscarinico a lunga durata d’azione (LAMA), il  glicopirronio bromuro - ha spiegato durante l’incontro Mario Cazzola, Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Respiratorio presso l’Università di Roma ‘Tor Vergata’ - che, pur essendo capace di indurre una broncodilatazione di almeno 24 ore come il tiotropio, rispetto a questo presenta una maggior rapidità di azione, entro i primi 5 minuti dalla sua assunzione. La rapidità d'azione è molto importante perché il paziente con BPCO lamenta al mattino, al risveglio,  spesso una maggior costrizione dei bronchi con importanti sintomi clinici, a cui deve dare sollievo nel minor tempo possibile.” 
 
Un'ulteriore area di ricerca è quella delle associazioni tra le due "famiglie" di broncodilatatori a lunga durata d'azione, le terapie più indicate per la terapia della BPCO, i LABA (beta2-agonisti a lunga durata d'azione) e i LAMA (anti muscarinici a lunga durata d’azione). “Dagli studi più recenti risulta che i due sistemi, quello dei recettori muscarinici e quello dei beta2, si "parlano" e l'azione su un sistema può influenzare l'azione dell'altro”, ha spiegato Cazzola. “Avere poi un farmaco con più principi attivi in associazione, da poter assumere in monosomministrazione, è fondamentale per l'adesione al trattamento e per gli esiti clinici. Da questo punto di vista, è interessante il farmaco in studio QVA 149, che prevede l'associazione di indicaterolo e glicopirronio, al momento in fase III. Altre combinazioni sono attualmente in studio".
 
Tuttavia, affinché le novità farmacologiche possano supportare il paziente, è importante che il sistema di diagnosi, terapia e assistenza sia in grado di gestire efficientemente il paziente con BPCO. In proposito dallo studio del Cergas Bocconi illustrato da Francesco Longo, professore associato di Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche, Università Bocconi, è emerso quanto sia indispensabile l’integrazione delle diverse professionalità coinvolte, dai medici ai professionisti sanitari, al management; quanto sia importante che i Servizi sanitari regionali e le aziende si dotino di sistemi informativi che facilitino lo scambio di informazioni sulla storia del paziente. "E, naturalmente – ha spiegato Longo – la formazione e il confronto multi - professionale rafforzano sia il cambiamento culturale che l’efficacia dei nuovi sistemi operativi e di organizzazione. L’esperienza di Academy of Health Care Management and Economics – iniziativa di formazione per gli attori del servizio sanitario italiano, promosso da Bocconi e Novartis - che nel prossimo triennio prosegue con un particolare focus sulla BPCO, si muove concretamente in questa direzione”. 
 
“Con il progetto ‘Ad Ampio Respiro’ Novartis si propone interpretare i bisogni dei pazienti, le attese della classe medica e le criticità di tipo economico, gestionale, organizzativo che possono avere un impatto sulla presa in carico del paziente, sulla disponibilità delle terapie più efficaci e sicure e sull’appropriatezza delle cure”, ha concluso Francesco Barbieri, Head of Primary Care, Novartis Farma, Italia. “L'impegno a favore dell’Academy of Health Care Management and Economics vuole portare innovazione nel sistema, contribuendo a salvaguardare il diritto alla salute e la sostenibilità”.

06 dicembre 2012
© Riproduzione riservata

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