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Malattie respiratorie. Un italiano su tre snobba le cure spray


Chi soffre di asma e Bpco ritiene che gli spray siano troppo soft preferendo curarsi con iniezioni o pillole. Lo dice un’indagine Doxa sulle malattie respiratorie presentata nel corso del convegno “Progetto aderenza del paziente alla terapia” secondo la quale su 7 mln di italiani senza fiato, 2,3 mln non credono negli inalatori 

17 GEN - Quello lanciato ieri dai massimi esperti di malattie respiratorie, riuniti a Milano per il convegno “Progetto aderenza del paziente alla terapia” è un vero e proprio allarme: gli italiani, ormai quasi 7 milioni con asma, enfisema e bronchite cronica, co un incremento di 300 mila casi l’anno non ritiene efficaci le terapie inalatorie che invece sono il mezzo migliore per combattere queste patologie, ancora poco conosciute.
 
A rivelarlo è un’indagine Doxa, su un campione di 2000 persone, realizzata per la Società italiana di medicina respiratoria, la Societa' italiana di allergologia e immunologia clinica e l'Associazione allergologi immunologi territoriali e ospedalieri, secondo la quale sono 2,3 milioni gli italiani che ritengono gli spray troppo blandi, sottovalutando del tutto la terapia e, di conseguenza, la serietà della malattia: 2,7 milioni li usano a singhiozzo, quando peggiorano i sintomi o solo in emergenza, sebbene appena il 4% dei medici non spieghi a dovere il loro corretto uso.
 
L’inadeguata aderenza alla terapia aumenta del 20% il rischio di ricoveri e raddoppia i costi al punto che la spesa ogni anno per asma e bronchite cronica è pari a 14 miliardi di euro.
Per ogni paziente con asma si spendono ogni anno 1434 euro, e 2723 per i malati di broncopneumopatia cronica ostruttiva (bpco). Insomma quando è il momento di curarsi gli italiani che sono a corto di fiato tendono a fidarsi di più delle terapie “tradizionali” come iniezioni e pillole sebbene l’80% di loro ritenga gli spray più comodi, sicuri e facili da usare.
 
Questo perché, rivela sempre l’indagine, un italiano su tre ritiene che così non ci si curi “per davvero” che si tratti di una modalità troppo blanda di somministrazione della terapia e tutto sommato poco efficace.
 
Secondo Giorgio Walter Canonica, direttore della clinica di Malattie dell’Apparato respiratorio dell’Università di Genova e presidente di Interasma – Global Asthma Association: “L’erogatore è uno strumento fondamentale di somministrazione delle cure”. E su questo Canonica insiste sottolineando che “la scarsa utilità dell’erogare è un preconcetto che deve essere superato perché si tratta di un metodo di somministrazione delle cure efficace, che aumenta e facilita l’aderenza alle terapie consentendo, se ben utilizzato , il miglior controllo dei sintomi della malattia”.
 
Perché se l’80% dei pazienti ritiene l’inalatore pratico e semplice e il 72% pensa di essere  in grado di gestirlo senza errori si tende a preferire i metodo più “tradizionali”? Secondo Franco Blasi, ordinario di malattie respiratorie dell’Università Statale di Milano e presidente Ers, European Respiratory Society, : “L’aderenza al trattamento è direttamente correlata al tempo dedicato al paziente e a quella che possiamo definire qualità dell’educazione, che prevede la spiegazione della malattia, della ragioni della scelta di una terapia piuttosto che  un’altra e delle modalità di esecuzione del trattamento. L’educazione è uno step fondamentale nel rapporto medico-paziente: se manca, la corretta assunzione della terapia può essere drammaticamente pregiudicata. Nei pazienti che imparano a usare l’inalatore da soli, appena uno su cinque ritiene di essere in grado poi di farlo senza errori”.
 
Dunque il ruolo del medico è essenziale “indubbiamente – aggiunge Blasi – il cambio di erogatore è un momento critico per il paziente, in modo particolare per quello anziano che però ha fiducia nel proprio medico, se proprio deve cambiare erogatore desidera che ci sia qualcuno che spieghi come usarlo, e quel qualcuno deve essere il medico”.

17 gennaio 2013
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