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DNA. Scattata in Italia la prima foto “diretta” della doppia elica


Non un’immagine ottenuta tramite tecniche di diffrazione. Stavolta la foto ad alta risoluzione dei filamenti di Dna è diretta, scattata con un microscopio elettronico a trasmissione. I ricercatori saranno in grado di vedere per la prima volta come le singole molecole di Dna interagiscono con altre biomolecole.

19 GEN - Prima di oggi, la struttura del Dna era stata osservata solo utilizzando cristallografia a raggi X, ovvero osservando il complesso pattern di diffrazione generato dalla sua struttura cristallina. Ma da oggi è possibile osservare l’affascinante struttura – la cui scoperta è valsa il premio Nobel a James D. Watson, Francis Crick e Maurice Wilkins nel 1962 – anche al microscopio. Più precisamente l’immagine è stata fotografata con un microscopio elettronico a trasmissione, e il risultato ottenuto da un team italiano dell'Istituto Italiano di Tecnologia, in collaborazione con l'istituto Imem del Cnr di Parma e l'Universita' degli Studi "Magna Graecia" di Catanzaro.
 
Le nuove foto sono dunque non più “riflesse”, ma invece immagini dirette dei filamenti di Dna, visti in questo caso con elettroni anziché con fotoni a raggi X. Il trucco usato è stato quello di stendere i fili di Dna da una soluzione diluita, adagiandoli su un letto di pilastri di silicio di dimensioni nanoscopiche. In particolare il team ha sviluppato un sistema di pilastri estremamente idrorepellente, in modo da provocare l'evaporazione rapida della soluzione, lasciando i filamenti di Dna sospesi tra i pilastri. Dei piccoli fori alla base del letto di nano-pilastri permettono il passaggio degli elettroni per le immagini ad alta risoluzione. 
 
Con questa tecnica, i ricercatori potranno essere in grado per la prima volta di vedere come le singole molecole di Dna interagiscono con altre biomolecole. Tuttavia, attualmente il metodo funziona solo con "corde" di DNA costituite da sei macro-molecole avvolte attorno ad un settimo filamento centrale. L'energia degli elettroni è infatti sufficiente per rompere un singolo filamento sospeso di Dna. 
L'utilizzo di rivelatori più sensibili in grado di rispondere a più basse energie degli elettroni potrebbe però presto consentire di vedere le singole doppie eliche, o fili di Dna anche non accoppiati. Come ha spiegato Enzo di Fabrizio, a capo del team che è riuscito nell’impresa, "migliorando la preparazione dei campioni, insieme a una più alta risoluzione sperimentale, dovremmo poter vedere il Dna a livello delle singole basi”.

19 gennaio 2013
© Riproduzione riservata

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