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Linfoma a cellule B. Possibile curarlo senza chemioterapia. Con le nanoparticelle


Ha un cuore d’oro, in senso letterale, la particella che sconfigge il cancro senza farmaci: priva le cellule malate del loro cibo preferito e impedisce loro di recuperarlo altrove, affamandole a morte. Per ora testata solo sui topi, potrebbe in futuro diventare un’opzione non tossica per la cura del cancro.

23 GEN - La chemioterapia è usata in tutto il mondo, spesso con successo, per trattare il cancro. Ma la terapia non è senza effetti collaterali: il farmaco che distrugge le cellule tumorali è tossico anche per i tessuti sani, e per questo spesso la cura è un percorso lungo e difficile. E se fosse possibile curare il cancro senza medicinali tossici? Questo è quanto sono riusciti a fare gli scienziati della Northwestern Medicine, e il meccanismo alla base di questo successo è semplice: le cellule malate vengono fatte morire di fame grazie all’azione di una nanoparticella, che “si finge” il cibo preferito dei tessuti tumorali (il colesterolo HDL) e non gli fa arrivare altro nutrimento.
 
Una sorta di agente doppiogiochista, dunque, la cui azione è spiegata in dettaglio in uno studio su Pnas. Il risultato è stato ottenuto su tessuti umani attaccati da linfoma a cellule B, impiantati su topi. Da ricerche precedenti gli scienziati sapevano che questo tipo di tumore si alimenta di colesterolo HDL naturale, lipoproteina ad alta densità, che gli fornisce energia: la nanoparticella creata dai ricercatori – inizialmente come trattamento per malattie cardiocircolatorie – mima proprio questa molecola, nella forma, nella grandezza e nella chimica superficiale. Solo che, invece di fornire energia, possiede al suo interno una nano molecola d’oro della grandezza di cinque nanometri, che ha una doppia azione: da una parte impedisce alle cellule tumorali di acquisire altro colesterolo; dall’altra succhia via le energie già presenti nella cellula malata, portandola alla morte.
 
Tutto ciò, senza bisogno di alcun farmaco. “Una tecnica che ha la potenzialità di diventare un trattamento non tossico per il linfoma, ovvero senza bisogno di chemioterapia o altri trattamenti troppo pesanti”, ha spiegato Leo I. Gordon, co-autore dello studio. “Anche perché l’oro è noto per essere biocompatibile”.
E in effetti, i primi test sembrerebbero dimostrare che le nanoparticelle di metallo non danneggiano le altre cellule che di solito usano il colesterolo HDL, né ai linfociti sani, né in generale alla salute delle cavie. “Tuttavia – concludono gli autori – come ogni altra nuova terapia, la nanoparticella HDL d’oro dovrà essere testata approfonditamente prima di diventare una vera opzione clinica”.

23 gennaio 2013
© Riproduzione riservata

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