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PMA: al Policlinico di Milano parte la diagnosi pre-fecondazione


Uno strumento “più etico" della diagnosi pre-impianto perché l’indaga sull’ovocita e non sull'embrione. La prima struttura pubblica ad effettuarla, in Italia, è il Policlinico di Milano. Ma in cosa consiste? Lo ha spiegato a Quotidiano Sanità Guido Ragni, presidente della Federazione delle società della riproduzione.

21 SET - Le gravi malattie genetiche come la talassemia, la distrofia muscolare e la fibrosi cistica rappresentano per le coppie italiane, che ne sono portatrici sane e che decidono di sottoporsi alla fecondazione in vitro per avere un figlio, uno spettro. Le probabilità di trasmettere queste patologie ai figli è infatti mediamente pari al 25%.
La legge 40, tuttavia, non contempla l'accesso alla PMA alle coppie portatici di queste malattie genetiche. Anche le più recenti linee guida sulla stessa legge, infatti, hanno esteso esclusivamente alle coppie portatrici di Hiv ed epatite B e C l'utilizzo di queste tecniche riproduttive, prima accessibili solo in caso di sterilità. Non solo. La legge 40 e anche le successive linee guida stabiliscono, in ogni caso, il divieto assoluto della diagnosi pre-impianto a scopo eugenetico.
Alcune sentenze sono intervenute, negli ultimi anni, a rovesciare le norme. Prima quella del tribunale di Cagliari, che nel 2007 aveva permesso la diagnosi pre-impianto a una coppia infertile portatrice di talassemia. Poi quella del tribunale di Salerno, nel 2010, che ha autorizzato, per la prima volta in Italia, la diagnosi genetica preimpianto a una coppia fertile portatrice di una grave malattia ereditaria, l'Atrofia Muscolare Spinale di tipo 1(SMA1).
Ma un grande passo in avanti potrebbe compiersi oggi fuori dalle aule di tribunale per tutte le coppie portatrici di malattie genetiche. Da settembre, infatti, presso la struttura pubblica del Policlinico di Milano è attiva la diagnosi “pre-fecondazione”. Uno strumento “più etico” della diagnosi pre-impianto perché l’indagine si fa sull’ovocita e non sull'embrione. Una nuova opportunità per i ‘potenziali’ genitori di stanare l’ovulo con il Dna “malato” e selezionare quelli da cui potrà nascere un figlio in provetta sano.
Il primo ad effettuare questo tipo di ricerca è stato Yury Verlinsky, Università di Chicago. Verlinsky, il fondatore dell’istituto di Genetica Riproduttiva ed è considerato il pioniere della diagnosi prenatale. Il Policlinico di Milano è al momento l’unico centro pubblico italiano ad effettuarla.
Ma in cosa consiste? E qual è la sua percentuale di efficacia? Quotidiano Sanità l’ha chiesto a Guido Ragni, presidente della Federazione italiana delle società scientifiche della riproduzione.
 
Professor Ragni, in che cosa consiste questa tecnica in grado di selezionare l’ovulo?
È una diagnosi che si fa sull’ovocita e non sull’embrione, per questo si chiama “diagnosi pre-fecondazione sul primo globulo polare”.
Il globulo polare è un corpuscolo che viene eliminato, estruso, dall’ovocita in modo naturale quando l’ovocita raggiunge la maturazione. Questo globulo polare contiene un patrimonio cromosomico uguale a quello dell’ovocita. Quindi studiando questo globulo polare, in pazienti che hanno delle malattie genetiche, si possono selezionare gli ovociti sani da quelli mutanti. Se nel Dna dell’ovulo troviamo la mutazione genetica alla base della malattia, non dobbiamo far altro che buttarlo via e prelevarne un altro.
Ciò permette la fecondazione solo degli ovociti sani, quindi la possibilità a coppie in cui entrambe i partner sono portatori di mutazioni genetiche di avere sicuramente un figlio sano o al massimo portatore di una mutazione genetica, ma comunque sano. Nel caso della diagnosi pre-impianto, invece, una volta individuato un embrione malato siamo costretti a congelarlo per tutta la vita.

Qual è il margine di errore in questa diagnosi?
Il limite di questa diagnosi è che l’efficacia è del 95%, quindi il margine di errore è del 5%.
Il concetto è che nessuno studia questo tipo di procedura perchè la maggior parte dei centri fa la diagnosi sull’embrione, sul blastomero embrionale, e quindi non si studia una diagnosi che è molto più complicata. L’altra diagnosi, quella pre-impianto sull’embrione, è invece divenuta di routine, accettata dal punto di vista procedurale con margine di errore dell’1-1,5%. Anch’essa non è sicura al 100% però ha dei limiti molto inferiori e un’efficacia nettamente superiore a questa di cui stiamo parlando.
Io e i genetisti che hanno trattato questo tema, e che continuano a trattarlo, siamo però persuasi del fatto che affinando questa diagnosi, la percentuale del 5% possa diminuire. Ma se nessuno al mondo ci prova difficilmente questa procedura potrà andare avanti e migliorare.

È dunque una buona notizia il fatto che si stia insistendo sulla diagnosi sull’ovocita?
Direi che la buona notizia è che si cominci a farla in un centro pubblico, il Policlinico di Milano. Altri centri in Italia, a Roma e a Catania, dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha aperto alla possibilità di diagnosi pre-impianto sull’embrione, hanno cominciato a fare la diagnosi sull’embrione, ma si tratta di centri privati. Credo che un centro pubblico che si dia da fare su una procedura assolutamente nuova sia da considerasi un bene. Naturalmente dovremo essere sostenuti su questa strada che dovremmo percorrere. Noi adesso cominciamo con le talassemie perchè sono epidemiologicamente più numerose, poi col tempo la estenderemo anche alle fibrosi cistiche e alle distrofie muscolari. Ma non è certamente un percorso facile.

Trattandosi di ovocita e non di embrione si è parlato di ricerca etica
Ritengo che sull’ovocita nessuno abbia da dire nulla. Certo poi c’è il secondo momento quello della fecondazione in vitro che le gerarchie cattoliche non vedono di buon occhio, così come la diagnosi pre-impianto sull’embrione. In altre parole penso che anche la Chiesa Cattolica possa vedere questa procedura come il minore dei mali poiché la diagnosi, e qui c’è una differenza dal punto di vista etico fondamentale, è sull’ovocita e non sull’embrione.

È già iniziata la selezione delle coppie portatrici sane di talassemia?
Ci stiamo occupando le liste d’attesa, cominciate il 15 settembre. Stiamo attuando la prassi per le persone che ne hanno realmente necessità. Per iniziare, per ognuna di queste malattie, bisogna essere molto preparati a fare delle indagini genetiche specifiche su quei geni di quella malattia, e non è affatto semplice.
Noi cominciamo con la talassemia e se la cosa procederà bene, un domani, non so dirle quando, spero nel giro di qualche mese, la estenderemo anche alla fibrosi cistiche e alle distrofie muscolari.
 
Stefano Simoni

 

21 settembre 2010
© Riproduzione riservata

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