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Anestesia generale. C'è un farmaco che potrebbe renderla più sicura. Ma in Italia non si usa


Si chiama Sugammadex e permette ai pazienti di risvegliarsi dall’anestesia in pochi minuti e senza la tipica difficoltà di respiro ed evitando complicazioni pericolose. Ma in Italia non è usato in nome del risparmio. La denuncia SIAARTI: “Gli ospedali che non permettono di usarla se ne assumano le responsabilità”.

07 FEB - Da molti è considerato il migliore anestetico in circolazione: permette il recupero veloce e completo della funzione muscolare e respiratoria dopo l’anestesia, a prescindere da quanto questa sia durata e quanto miorilassante sia stato somministrato; può evitare di dover ricorrere alla curarizzazione, dunque di bloccare totalmente la trasmissione neuromuscolare e usare la ventilazione assistita per far respirare il paziente. Eppure Sugammadex, il farmaco di MSD di cui stiamo parlando, nel nostro Paese rimane fuori da molte sale operatorie in nome di un ipotetico risparmio. Ponendo dei problemi etici agli anestesisti: impossibilitati a garantire la migliore anestesia possibile devono consigliare ai pazienti di cambiare ospedale o, se necessario, addirittura regione?
 
Una situazione difficile, che ha portato un gruppo di anestesisti appartenenti alla Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI), ad affermare in un documento ufficiale che se la struttura ospedaliera impedisce l’uso del particolare farmaco si assume ogni responsabilità in caso di danni al paziente. La presa di posizione della SIAARTI e lo stato dell’arte dell’anestesia in Italia sono stati al centro di una conferenza stampa a Roma alla vigilia dell’ importante incontro scientifico “Networks in Anaesthesiology – NIA” che si tiene nella Capitale dal 7 all’8 febbraio all’Hotel Marriott.
 
Il punto di partenza è proprio ciò che viene affermato e avvalorato con prove scientifiche nel documento SIAARTI : ovvero che in tutti quei pazienti nei quali l’anestesista decide di utilizzare i curari steroidei si deve poter utilizzare il sugammadex. Una posizione chiara e netta. “Questo significa che non ci sono più alibi”, ha spiegato Antonio Corcione, Presidente Designato della Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI) e Direttore UOC Anestesia e TIPO AO dei Colli, V. Monaldi di Napoli. “Un Direttore di Anestesia può fare richiesta d’uso di sugammadex in sala operatoria avvalorandola con il Position Paper della SIAARTI. In caso di risposta negativa, la struttura ospedaliera si assumerà tutte le responsabilità di carattere medico-legale nei confronti del paziente. Il sugammadex rappresenta un’evoluzione in anestesia, la SIAARTI con questo documento ha chiarito ulteriormente le idee relativamente all’approccio al problema”.
E non solo. Secondo la società scientifica anche chi nega il farmaco per motivi economici se ne dovrà anche assumere la responsabilità. “Nessuno avanzi obiezioni di carattere economico: l’utilizzo del sugammadex riduce i tempi di recupero neuromuscolare, ottimizzandone il profilo di sicurezza e il turnover di interventi in sala operatoria”, ha continuato Corcione. “Per questo ritengo sia dovere dell’anestesista avvisare il paziente che in quella struttura non è possibile avere la scelta anestesiologica più sicura. Bisogna garantire al paziente di avere la possibilità di scegliere. Anche se questo è, per l’ospedale, un danno apparentemente ‘considerevole’ in termini di risparmio: è un circolo vizioso che bisogna interrompere. Da sempre si cita il proverbio ‘il risparmio non è mai guadagno’: una verità semplice ma troppo spesso dimenticata”.
 
Anche perché, secondo SIAARTI, non usare il migliore strumento oggi in mano agli anestesisti suona impensabile. “In generale negli ultimi 50 anni sono stati compiuti passi enormi in termini di sicurezza. Oggi abbiamo a disposizione farmaci e strumenti in grado di garantire al paziente la migliore anestesia possibile. Un anestesista in sala operatoria è oggi in grado di fornire, ad ogni paziente, una veste “quasi sartoriale” alla tecnica anestesiologica prescelta. Una cosa impensabile qualche anno addietro, e che gli anestesisti italiani sono attualmente in grado di mettere in atto, purché gli vengano messi a disposizione tutti gli strumenti del caso”, ha commentato il presidente. “E a chi afferma che se abbiamo fatto a meno del sugammadex fino adesso possiamo continuare così, rispondo che è una follia. Fino ad ora non c’era e quindi siamo stati obbligati. Ma adesso c’è e non possiamo negare la sempre crescente necessità di adottare un regime anestesiologico quanto più possibile validato ed adottabile in tutte le sottocategorie di pazienti: esiste, da sempre, un elevato grado di eterogeneità nella popolazione generale per quel che concerne l’età ma anche i vari fattori di comorbidità, che deve essere tenuto presente”.
 
Altrimenti, spiega concludendo Corcione, il rischio è quello di avere una sanità di serie A e una di serie B: “Per questo ci siamo presi la responsabilità di dire che è dovere dell’anestesista avvisare il paziente che in una data struttura non è possibile avere la scelta anestesiologica più sicura. Questo per garantire al paziente di avere la possibilità di scegliere.”

07 febbraio 2013
© Riproduzione riservata

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