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Cancro. Da un mollusco una molecola che agisce sia sul tumore che sull’ambiente che lo protegge


Se nei tumori uno dei problemi è che le difese non agiscono più per garantire la salute ma lavorano a favore della malattia, i farmaci devono contrastare sia lo sviluppo della neoplasia in sé che l’azione protettrice dei globuli bianchi “corrotti”. Proprio così funziona trabectedina, molecola ricavata da un mollusco marino.

12 FEB - Che una parte del sistema immunitario in caso di cancro inizi a mal funzionare, aiutando lo sviluppo della malattia, è ormai un dato di fatto accettato dalla comunità scientifica. Per questo, negli ultimi anni si sono moltiplicate strategie di lotta ai tumori che mirano non solo a colpire il tumore ma anche ad attaccare il microambiente che lo circonda e sostiene. Per questo stesso meccanismo per il tumore è spesso possibile disseminare più facilmente metastasi a distanza. In questo contesto si colloca anche l’ultimo lavoro dell’Istituto Mario Negri, dell’Istituto Clinico Humanitas, dell’Istituto Nazionale dei Tumori e dell’Università di Milano, che, pubblicato su Cancer Cell, dimostra come un’arma per combattere i globuli bianchi “corrotti” possa venire dal mare, e in particolare da una molecola di un mollusco marino, la trabectedina. I ricercatori hanno infatti testato la sua efficacia sul sarcoma e sul carcinoma dell’ovaio, dimostrando per la prima volta la sua doppia azione: contro il tumore e contro il meccanismo che lo sostiene.
 
Prodotti naturali da piante e da microrganismi sono stati il cardine della farmacologia anti-tumorale fin dall'inizio dello sviluppo industriale e sono tuttora utilizzati per il trattamento dei pazienti oncologici. Il mare è una fonte ricchissima di biodiversità, ma ancora non pienamente sfruttata dalla farmacologia moderna. Dunque forse non stupisce se la storia di questa scoperta inizia nel Mar dei Caraibi: proprio lì è stata identificata la prima volta la molecola di trabectedina, con attività antitumorali, in un mollusco marino. Dopo un lungo percorso, questa molecola è arrivata all’approvazione per uso clinico in Europa, dimostrandosi efficace contro il cancro dell’ovaio e i sarcomi, che oggi è in studio in diversi composti come potenziali agenti anti-tumorali. Uno di questi, trabectedina (Yondelis), è stato recentemente approvato in Europa e in molti altri paesi per il trattamento dei sarcomi dei tessuti molli e del cancro ovarico, ed è il primo farmaco antitumorale di origine marina arrivato sul mercato.
                                                     
Oggi, lo studio pubblicato su Cancer Cell – condotto grazie al sostegno di Airc – dimostra che trabectedina è in grado di uccidere sia un sottogruppo di cellule immunitarie che popolano il tessuto tumorale noti come macrofagi associati al tumore (TAM), che i loro precursori (monociti). Queste cellule del sistema immunitario, invece di difendere l'organismo, come dovrebbero fare, vengono corrotte dal tumore e aiutano le cellule cancerose in diversi modi, ad esempio producendo fattori di crescita che stimolano la proliferazione tumorale e lo sviluppo di nuovi vasi, o la disseminazione del tumore. Oggi è noto che la presenza di TAM nel microambiente tumorale è significativamente associata a resistenza alla chemioterapia e alla progressione di malattia. 
In particolare lo studio ha dimostrato pazienti con sarcomi, trabectedina riduce il numero di TAM e inibisce la loro attività pro-tumorale. I nuovi risultati dimostrano che trabectedina agisce con due effetti anti-tumorali: colpisce sia le cellule tumorali che i TAM pro-tumorali. Questi risultati svelano una nuova modalità di azione di un farmaco anti-cancro clinicamente utile e già disponibile, ed aprono prospettive per l’utilizzo di questa caratteristica in nuovi contesti terapeutici. Come farmaco anti-tumorale, trabectedina uccide le cellule tumorali e blocca la loro proliferazione interagendo con il DNA. Trabectedina, tuttavia, è più di un classico agente citotossico. 

 
“Questo studio rappresenta due fattori molto importanti”,
fanno sapere gli scienziati che l’hanno condotto. Da una parte costituisce una prova di principio, dimostra che eliminare i “poliziotti corrotti” (macrofagi) è alla base dell’azione di un farmaco approvato per uso clinico contro il cancro. Dall’altra incoraggia a usare il farmaco in modo diverso, in un contesto di cura che miri sempre di più a personalizzare le cure”.

12 febbraio 2013
© Riproduzione riservata

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