Quotidiano on line
di informazione sanitaria
Giovedì 25 APRILE 2024
Scienza e Farmaci
segui quotidianosanita.it

Donne a rischio Alzheimer invecchiano prima. Ma la terapia ormonale blocca il fenomeno


Alla base di tutto cè il il gene ApoE4, uno dei fattori di rischio per la malattia. Nelle donne in menopausa fa “accorciare” molto più velocemente i telomeri presenti nei cromosomi, la cui lunghezza è un marker per l’invecchiamento biologico. Tuttavia, la terapia ormonale può annullare l’effetto negativo. La ricerca su PLos One.

14 FEB - Il fatto che l’Alzheimer si sviluppi prevalentemente in età senile non è un mistero. Ma l’interconnessione tra l’invecchiamento e questa malattia non finisce qui, per varie ragioni. Una delle quali, di più recente scoperta, è che uno dei fattori di rischio genetico per l’Alzheimer potrebbe essere causa di invecchiamento cellulare accelerato nelle donne, anche quando il declino senile non è ancora evidente. Ma questo meccanismo di invecchiamento può essere prevenuto con la terapia ormonale in menopausa. Del fattore di rischio e del modo di prevenire le conseguenze per le donne che lo presentano, parla una ricerca dell’Università di Stanford appena pubblicata su PLoS One.
                                                            
Il fattore di rischio si chiama ApoE4, ed è una delle diverse versioni di un particolare gene, ApoE appunto, che può trovarsi nel Dna di una persona: ognuno di noi presenta infatti due copie del gene ApoE, e nel 15-20% dei casi si tratta almeno per una delle due proprio della versione ApoE4 e queste persone hanno probabilità sostanzialmente maggiori di sviluppare demenza di Alzheimer in età avanzata, così come la hanno di andare incontro ad altri tipi di problemi cognitivi e a mortalità precoce. “Il gene contribuisce all’invecchiamento a livello cellulare ben prima che qualsiasi altro sintomo del declino senile diventi visibile”, ha spiegato Natalie Rasgon, docente a Stanford e direttrice dello Stanford Center for Neuroscience in Women’s Health. “Allo stesso modo, dalla nostra ricerca emerge come gli estrogeni abbiano un effetto protettivo per le donne di mezza età che presentano questo fattore di rischio, ma non necessariamente per le altre”.
 
Lo studio ha coinvolto 70 donne, di età compresa tra 45 e 65 anni, tutte con educazione abbastanza alta e in buona salute e tutte in terapia ormonale dall’inizio della menopausa. Le partecipanti sono poi state divise in due gruppi: il primo ha continuato ad assumere estrogeni; nell’altro la terapia è stata sospesa. Per valutare l’invecchiamento tra l’inizio dello studio e la fine – dopo due anni – è stato usato un particolare parametro: la lunghezza dei telomeri nel Dna di queste donne, estratto da campioni di sangue. I telomeri sono sequenze ripetute di piccoli segmenti di Dna che si trovano alla fine di ogni cromosoma e che “si accorciano” a seguito di ripetute divisioni cellulari e dunque con l’invecchiamento. L’accorciamento di queste strutture all’interno del genoma è stato collegato all’invecchiamento e ad una minore protezione dal cancro e da altre patologie. “Un parametro abbastanza semplice da misurare nelle cellule del sangue, e che è sempre più spesso usato come marker per l’invecchiamento biologico, poiché predice l’incidenza di malattie legate all’età e di mortalità”, ha spiegato Emily Jacobs, che lavora come assegnista di ricerca alla Harvard Medical School. Oltre a questo veniva registrato quale versione di ApoE era presente nel Dna di queste donne, in modo da individuare quali di loro presentassero il fattore di rischio genetico ApoE4.
 
In questo modo, gli scienziati hanno osservato che le donne che presentavano questa versione del gene, aveva una probabilità sei volte più alta rispetto alle altre di vedere i telomeri accorciarsi significativamente nel corso dei due anni. In più, le portatrici di ApoE4 vedevano in media in 24 mesi un accorciamento equivalente a quello che le stime prevedono debba avvenire nell’arco di dieci anni nelle donne con gli altri tipi di ApoE. Tuttavia, i ricercatori hanno anche osservato che se le donne erano nel gruppo che prevedeva la terapia ormonale, l’influenza genetica negativa veniva completamente cancellata, e la lunghezza dei telomeri tornava ad essere simile a quella delle altre. “Cosa ci dice tutto questo?”, si è domandata Ragson. “Primo, che le portatrici di ApoE4 sono a maggiore rischio di invecchiamento biologico, che è associato a salute peggiore; secondo, che se si ha questo particolare fattore genetico la terapia di estrogeni ha un’azione positiva sulla lunghezza dei telomeri, che a sua volta è misura dell’invecchiamento cellulare. Tutto ciò ci aiuta a identificare quali donne avranno maggiori benefici dalle terapie che vengono messe in atto. Tuttavia, vale la pena ricordare, che tutto ciò vale se le terapie a base di estrogeni vengono iniziate al momento della menopausa o subito dopo non ci sono rischi per la salute, mentre se si inizia molti anni prima dell’arrivo della menopausa si potrebbe incorrere in un aumentato rischio di problemi cardiovascolari, come dimostrato da diversi studi nel corso degli ultimi dieci anni”.

14 febbraio 2013
© Riproduzione riservata

Altri articoli in Scienza e Farmaci

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWS LETTER
Ogni giorno sulla tua mail tutte le notizie di Quotidiano Sanità.

gli speciali
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001

Sede legale:
Via Giacomo Peroni, 400
00131 - Roma

Sede operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari

Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto

Tel. (+39) 06.89.27.28.41

info@qsedizioni.it

redazione@qsedizioni.it

Coordinamento Pubblicità
commerciale@qsedizioni.it
    Joint Venture
  • SICS srl
  • Edizioni
    Health Communication
    srl
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013

Riproduzione riservata.
Policy privacy