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Co-infezione da HIV e HCV. Buoni risultati per faldaprevir


In associazione a interferone peghilato e ribavirina dà una risposta terapeutica precoce sull’80% dei pazienti co-infetti da epatite C e HIV trattati. E dopo 12 settimane di trattamento, l’84% aveva livelli di HCV non rilevabili. I buoni risultati sono stati ottenuti a prescindere da un precedente trattamento per HCV.

10 MAR - Le modalità di trasmissione sono simili, e per questo molti individui affetti da HIV hanno anche il virus da Epatite C. Si stima che il numero di persone co-infette da questi due virus in tutto il mondo superi i 10 milioni, con le conseguenze che una comorbilità comporta. Nonostante gli alti numeri è all’incirca solo un terzo dei pazienti co-infetti a ricevere un trattamento anche per l’epatite C, a causa di una scarsa aderenza al trattamento, al non soddisfacimento dei criteri di elegibilità per il trattamento e/o all’efficacia non ottimale delle terapie attualmente approvate. E anche perché in realtà le opzioni terapeutiche disponibili sono piuttosto limitate. Oggi però arrivano buone notizie sull’efficacia di faldaprevir (BI 201335), in associazione a interferone peghilato e ribavirina (PegIFN/RBV) su pazienti co-infetti da epatite C (HCV) e HIV: secondo i risultati preliminari dello studio STARTVerso 4 presentati al congresso CROI+ (Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections) l’80% dei pazienti trattati ha ottenuto una risposta terapeutica precoce (ETS).
 
I risultati preliminari emersi dal trial, inoltre, hanno dimostrato una risposta terapeutica precoce nella maggioranza dei pazienti indipendentemente dal fatto che fossero al primo trattamento o avessero già ricevuto un precedente trattamento per HCV. I pazienti con risposta terapeutica precoce possono beneficiare di una ridotta durata di trattamento da 48 a 24 settimane. Ulteriori risultati preliminari hanno mostrato che, dopo 12 settimane di trattamento, l’84% dei pazienti aveva livelli di HCV non rilevabili. “Diversi fattori influenzano la risposta terapeutica nei  pazienti HCV mono-infetti, quali il profilo genetico dell’individuo, il genotipo virale e lo stadio di malattia del fegato. La concomitante infezione da HIV ha delle implicazioni aggiuntive,  come le potenziali interazioni fra i farmaci, che inevitabilmente si ripercuotono sull’opportunità di iniziare un trattamento per HCV e sui risultati” ha dichiarato Douglas Dieterich, autore principale dello studio e docente al Mount Sinai Medical Center, New York. “La risposta virale precoce, nello studio STARTVerso 4, è un segnale incoraggiante, ancor più significativo  per il fatto che lo studio ha incluso pazienti difficili da trattare, come i pazienti che soffrono di cirrosi epatica, e attendiamo ora i risultati finali dello studio”.
 
Lo studio ha incluso una popolazione composita di pazienti, compresi i più difficili da curare: il 17% soffriva di cirrosi epatica, una forma avanzata di insufficienza epatica che richiede trattamenti urgenti, e il 22% aveva fallito la terapia precedente con interferone peghilato e ribavirina. Durante il congresso sono stati presentati anche ulteriori dati relativi alle interazioni farmacologiche di faldaprevir e i farmaci solitamente prescritti per il trattamento dell’HIV, quali darunavir/ritonavir, efavirenz e tenofovir. I tre studi di Fase I hanno dimostrato che l’effetto di faldaprevir su questi farmaci non è clinicamente rilevante. I risultati sulla sicurezza di faldaprevir nei pazienti co-infetti HCV/HIV sono risultati paragonabili a quelli osservati negli studi clinici sui pazienti mono-infetti da HCV, naïve al trattamento. 
Gli eventi avversi più comuni (AE) nello studio sono stati: nausea (37%), affaticamento (33%) e diarrea (27%), cefalea (23%) e affaticabilità (22%). Il profilo di sicurezza di faldaprevir emerso da questo studio su pazienti co-infetti HIV/HCV è analogo a quello osservato nei pazienti mono-infetti per HCV. Faldaprevir è un inibitore di proteasi in monosomministrazione orale giornaliera, specificamente sviluppato per colpire e inibire la replicazione virale nel fegato. La terapia a base di interferone associato a faldaprevir è efficace in un’ampia gamma di pazienti con epatite C di genotipo 1a e 1b. Oltre ai risultati presentati oggi, il programma di studi di Fase III, STARTVerso, valuta faldaprevir in associazione a interferone peghilato e ribavirina in pazienti con HCV di genotipo 1a o 1b, sia naïve al trattamento che  precedentemente trattati. Sulla base dei risultati di questi studi, Boehringer Ingelheim ha in programma di inoltrare il dossier registrativo del farmaco alle autorità regolatorie nel 2013, così che faldaprevir possa essere disponibile già nel secondo trimestre del 2014.
 
“Poter ridurre la durata di trattamento dei pazienti co-infetti è estremamente importante, soprattutto perché  si riduce il tempo  di esposizione ad eventuali effetti collaterali  generati da un anno di trattamento con interferone”, ha concluso Klaus Dugi, Senior Vice President Medicine di Boehringer Ingelheim. “I pazienti co-infetti da HCV/HIV presentano bisogni terapeutici ancora insoddisfatti. Gli incoraggianti risultati sull’efficacia e la facilità di gestione delle interazioni con i farmaci per l’HIV suggeriscono che faldaprevir, in associazione a interferone peghilato e ribavirina, potrebbe diventare una possibile opzione terapeutica per questa importante  popolazione di pazienti”.

10 marzo 2013
© Riproduzione riservata

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