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Sui social network è opposizione totale ai vaccini


Il 95 per cento delle circa 40 mila pagine di Facebook che trattano di vaccini ne dà un’immagine negativa. E non va meglio su Youtube.
L’industria, le istituzioni e la comunità medico-scientifica si interrogano sui rischi di un’informazione in cui l’autorevolezza della fonte è conseguenza della sua visibilità.

30 SET - Nella pur breve storia del web c’è una tendenza che ormai sembra consolidata: la contrapposizione tra l’autorità costituita, l'opinione dominante e ufficiale e un’infinità di nuvole di pensiero discordante, libere e incontrollabili.
Libertà di opinione, certo. Ma portata all’estremo rischia di travolgere ogni forma di autorevolezza delle informazioni e di gettare ombre di sospetto su qualunque “versione ufficiale”.
Negli ultimi anni, al centro di questa guerra ci è finito di tutto: l’11 settembre, gli Ufo, la politica e i suoi eventi. Questa volta, a farne le spese sono i vaccini.

Un’indagine condotta da Sanofi Pasteur MSD e presentata ieri nel corso di un workshop promosso da Farmindustria (“Vaccini: il passaparola, che confusione!”) mostra infatti come sui social network non manchi l’informazione sui vaccini. Tuttavia, nella quasi totalità dei casi ne viene diffusa un’immagine negativa.
 
Il 95 per cento delle circa 40 mila pagine di Facebook che trattano di vaccini - afferenti nella gran parte dei casi a 1.200 gruppi sul tema che contano 110 mila iscritti - veicola informazioni negative. Analogo il caso di Youtube e di altri social network meno diffusi. Si salva invece Twitter.
 
I risultati dell’indagine sembrano dare un’immagine distorta della realtà, dove l’opposizione è molto meno forte di quanto appaia sul web e le persone continuano a sottoporsi alle vaccinazioni di rito. Di più a quelle obbligatorie molto meno a quelle raccomandate. E infatti i social network non rappresentano - almeno per il momento - la realtà. Segnalano tuttavia una nuova pericolosa tendenza: che l’informazione sul web diventi confusa e “che si perda l’autorità. Delle istituzioni, dell’industria”, ha segnalato Daniel Jacques Cristelli, presidente Gruppo vaccini di Farmindustria. “Che vengano meno gli opinion leader”. O meglio, che emergano “migliaia, forse milioni di opinion leader”. E la conseguenza di questo vociare chiassoso, “è la perdita di fonti attendibili che, quand’anche ci sono, non riescono a emergere dal brusio di fondo”, ha aggiunto.
Una veloce ricognizione su Facebook dimostra come le preoccupazioni di Cristelli siano fondate. I vaccini vengono definiti di volta in volta “mortali”, una “truffa” o “truffa del secolo”,“una tremenda malattia”, un “grosso business per l’industria farmaceutica” e perfino una “arma biologica per ridurre la popolazione”.
 
Nel loro “No ai vaccini”, i gruppi, con minore o maggiore intensità, si oppongono alle “menzogne e le falsità della medicina ufficiale” e cercano di mostrare “come innumerevoli dati fasulli e falsi vengono introdotti nella società contemporanea”. Alcuni si limitano ad asserzioni pressoché gratuite, ma non mancano i gruppi che portano a supporto del no ai vaccini dati scientifici e opinioni di esperti (o presunti tali).
In taluni casi si mette in guardia da eventi avversi - reali - dei vaccini in altri si mette in dubbio il principio stesso a cui devono la loro efficacia. “Il Dott. Richard Moskowitz - si legge per esempio - afferma: "I vaccini sono diventati i sacramenti della nostra fede nella biotecnologia. La loro efficacia e sicurezza sono viste estensivamente come auto evidenti e che non necessitano di ulteriori prove".
 
Il social network è insomma un immenso palcoscenico a cielo aperto a cui chiunque può avere accesso e in cui è difficile farsi un’opinione.
 
Nel frattempo internet continua a conquistare posizioni rispetto alle altre fonti di informazioni sulla salute. “Si registra un aumento dell’accesso diretto all’informazione da parte degli utenti e un calo di rilevanza dell’informazione face to face”, ha illustrato Ketty Vaccaro, responsabile Settore Welfare del Censis presentando le ultime rilevazioni del Centro che mostrano come sia cambiato negli ultimi anni lo scenario dell’informazione sanitaria.
 
Se all’inizio del millennio, l’88 per cento delle persone interpellate dichiarava di ottenere le informazioni dal proprio medico o dall’esperienza personale, nel 2010 la percentuale crolla al 45 per cento. Specularmente fanno un balzo in avanti i mezzi di comunicazione: TV e radio passano dal 29,9 al 64 per cento, la stampa dal 48,4 al 54,4 per cento. Internet dal 3,4 al 18 per cento.
 
Il profilo dell’utente abituale tracciato dal Censis (prevalentemente maschio, giovane e colto) sembra stabilire inoltre un nesso tra cultura e sfiducia nell’autorità che va oltre l’empowerment del paziente: tra le persone con un più alto grado di istruzione il 23 per cento acquisisce informazioni per discutere con il proprio medico (a fronte del 12% dell’utenza totale), stesse percentuali per quanti usano le informazioni per controllare l’operato del medico, mentre un 8-9 per cento le impiega per contraddirlo.
 
Tra gli utenti della Rete, poi, tre su cinque (59%), dichiarano di essere interessati alla salute e, di questi, i due terzi affermano di improntare il proprio comportamento alle informazioni ottenute sul web. Non si tratta quindi di informazione sterile, ma che produce degli effetti sulla salute.
 
Da questo nasce la preoccupazione, che ha portato oggi rappresentanti dell’industria, delle istituzioni, del mondo scientifico e dei media a confrontarsi sui rischi di un’informazione in cui l’autorevolezza della fonte è conseguenza della sua visibilità.
 
“Certo - ha sottolineato Carlo Signorelli, della Società di Igiene, Medicina preventiva e Sanità pubblica - il fatto che in Italia ci siano diverse istituzioni che si occupano e si esprimono sui vaccini non fa bene all’informazione”.
“Il dipartimento della Prevenzione del ministero della salute, il Consiglio superiore di sanità, la conferenza Stato-Regioni, l’Istituto superiore di sanità, l’Aifa, il Ccm - ha aggiunto Signorelli - sono le sei figure istituzionali che hanno voce in campo vaccinale. In genere lavorano in sintonia, ma spesso hanno opinioni diverse”.
 
La convergenza delle fonti istituzionali sarebbe quindi già un primo passo.

Antonino Michienzi
 

30 settembre 2010
© Riproduzione riservata

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