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Oncologia. Melanoma: nuove evidenze per ipilimumab


Il farmaco, che rende più aggressivo il sistema immunitario, è stato approvato in Italia dall'Aifa per il melanoma pretrattato. Il punto a Milano con i ricercatori dello studio Nibit M1 pubblicato su Lancet Oncology. “In associazione con fotemustina, riduce questo tumore della pelle del 46,5% nei pazienti”.

22 MAR - L'immunoterapia é una delle strade su cui da tempo stanno lavorando gli oncologi e una dimostrazione della sua efficacia arriva dallo studio Nibit M1, sviluppato dal Network italiano per la bioterapia dei tumori (Nibit) e pubblicato sulla rivista 'Lancet Oncology', in cui è stato sperimentato ipilimumab, anticorpo monoclonale, in combinazione con la chemioterapia trazionale.
 
Il farmaco, che rende più aggressivo il sistema immunitario, è da pochi giorni stato approvato in Italia dall'Aifa per il melanoma pretrattato, e si è visto che, associato alla fotemustina, riduce questo tumore della pelle del 46,5% nei pazienti, mostrando risultati incoraggianti anche in quelli con metastasi cerebrali, come hanno spiegato in una conferenza stampa ieri a Milano i ricercatori.
 
“Fino a pochi anni fa – ha rilevato Michele Maio, presidente di Nibit e direttore dell'immunoterapia oncologica del Policlinico S.Maria alle Scotte di Siena – non c'era nessuna terapia efficace contro il melanoma, per cui ogni anno in Italia si registrano 7mila nuove diagnosi e 1500 decessi. Senza contare che l'incidenza della malattia è in crescita e l'età di insorgenza si abbassa sempre di più. Non sono più eccezionali infatti casi in persone di 25-30 anni”.
 
Lo studio italiano, multicentrico di fase II, ha coinvolto sette centri, coordinati dall'unità di Immunoterapia oncologica dell'università di Siena e ha visto l'arruolamento di 86 pazienti con melanoma metastatico. “L'obiettivo della ricerca – ha aggiunto Anna Maria Di Giacomo, dirigente medico del reparto di Immunoterapia oncologica del policlinico senese – era valutare l'efficacia della combinazione dell'ipilimumab insieme ad un chemioterapico standard, la fotemustina, rispetto a quest'ultimo usato da solo. Abbiamo così potuto vedere che questa associazione funziona: nel 46,5% dei pazienti infatti il tumore si è ridotto o stabilizzato. In alcuni casi c'è stata addirittura una regressione completa, in altri parziale. Generalmente il tasso di risposta medio è del 10-15%”. I risultati sono stati positivi anche in termini di sopravvivenza a un anno, 52,6% contro il 25% delle terapie standard, e nei pazienti con metastasi cerebrali, generalmente esclusi dalle sperimentazioni cliniche perchè con una prognosi peggiore. “Nello studio – ha continuato Di Giacomo – c'erano 20 pazienti con queste caratteristiche, e per 10 di loro si è avuto un controllo della malattia. In particolare per 5 c'è stata una regressione completa con scomparsa delle metastasi, e negli altri una parziale stabilizzazione della malattia, e la sopravvivenza a un anno è stata del 54%”.
 
Sulla scorta di questi risultati la Fondazione Nibit ha avviato da gennaio 2013 lo studio Nibit M2, di fase III, che coinvolgerà 146 pazienti con melanoma avanzato e metastasi cerebrali, che non hanno ricevuto precedenti trattamenti, e 10 centri italiani. Il lavoro terminerà nel 2015. “E' la prima volta al mondo che viene avviata una ricerca di questo tipo – ha commentato Giorgio Parmiani, direttore dell'unità di Immuno-bioterapia del melanoma dell'Istituto scientifico fondazione San Raffaele – Il melanoma, per le sue caratteristiche biologiche, è il candidato ideale per l'applicazione di questo approccio, che potrà essere usato anche per altre neoplasie in futuro. L'immunoterapia può essere efficace infatti per il cancro del seno, della prostata, del polmone, e alcuni tumori dell'encefalo, anche se per questi abbiamo meno informazioni sui loro antigeni rispetto al melanoma”.

22 marzo 2013
© Riproduzione riservata

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