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Mieloma multiplo. Talidomide aumenta il rischio di secondi tumori primari ematologici


L’annuncio è stato dato dall’azienda Celgene a seguito di revisione dettagliata dei dati dello studio clinico MM-020, tuttora in corso: il rischio con talidomide è aumentato nel corso del tempo, fino a circa il 2% dopo 2 anni e al 4% dopo tre anni. Il farmaco era stato approvato per il trattamento del mieloma multiplo.

11 APR - Sono state diffuse in questi giorni nuove e importanti informazioni che dimostrano un rischio di secondi tumori primari ematologici aumentato nei pazienti trattati con Talidomide. Il farmaco è autorizzato nell’Unione Europea per l’uso in associazione a melfalan e prednisone, come trattamento di prima linea di pazienti con mieloma multiplo non trattato di età ≥65 anni o non idonei a chemioterapia a dosi elevate. A darne notizia è Celgene, azienda farmaceutica che produce il medicinale.
 
La notizia arriva a seguito di una revisione dettagliata dei dati dello studio clinico MM-020, tuttora in corso, paertita per via dell’osservazione di uno sbilanciamento nell’insorgenza di secondi tumori primari: la revisione dei dati dello studio ha evidenziato che è stata diagnosticata una percentuale più elevata di leucemia mieloide acuta (LMA) e sindromi mielodisplastiche (SMD) nei pazienti trattati con l’associazione melfalan, prednisone e talidomide (1,8%), rispetto ai pazienti trattati con lenalidomide più desametasone (0,3%). Il rischio con talidomide è aumentato nel corso del tempo, fino a circa il 2% dopo 2 anni e al 4% dopo tre anni. Il valore mediano del tempo di osservazione in questo studio clinico in corso è di 22,3 mesi.
I casi osservati segnalano un aumento del rischio di leucemia mieloide acuta (LMA) o sindromi mielodisplastiche (SMD) con talidomide in associazione a melfalan, un noto agente leucemogeno, nei pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi. Un confronto incrociato tra lo studio MM-020(1) e lo studio MM-015(2) indica che il rischio relativo di sviluppo di leucemia mieloide acuta (LMA) o sindromi mielodisplastiche (SMD) è tre volte più elevato nei i pazienti trattati con melfalan, prednisone e talidomide, rispetto ai pazienti trattati con soli melfalan e prednisone (rapporto dei tassi di rischio = 0,31, IC 95%: 0,07-1,47).
Un aumento del rischio di secondi tumori primari, inclusi leucemia mieloide acuta (LMA) e sindromi mielodisplastiche (SMD), è stato osservato anche in pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi, trattati con lenalidomide in associazione con melfalan, o immediatamente dopo il trattamento con melfalan ad alte dosi e trapianto di cellule staminali autologhe.
 
Lo stesso farmaco era stato al centro di una vicenda decennale: distribuito a metà del secolo scorso per calmare le nausee mattutine delle donne in gravidanza aveva causato gravi malformazioni in oltre 10 mila bambini, tanto che a distanza di cinquanta anni l’azienda aveva posto scuse ufficiali alle famiglie. In seguito il farmaco era comunque stato approvato proprio per il trattamento del mieloma multiplo.

11 aprile 2013
© Riproduzione riservata

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