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È un cocktail di aminoacidi l’elisir di lunga vita


Ricercatori italiani, in un esperimento condotto su topi, hanno dimostrato che una miscela di aminoacidi a catena ramificata è in grado di aumentare del 12 per cento la durata della vita dei roditori.
“È una tappa importante verso un nuovo approccio nutrizionale alle malattie dell’invecchiamento”. 

06 OTT - Una miscela di aminoacidi a catena ramificata (leucina, isoleucina e valina), se somministrata quotidianamente nella dieta, è in grado di allungare del 12 per cento la durata della vita.
Tradotto in cifre significa l’impiego sistematico del cocktail porterebbe d’un solo colpo l’aspettativa di vita media in Italia dai quasi 82 anni attuali a 92, innalzandola di un decennio.
È lo straordinario risultato di uno studio pubblicato oggi su Cell Metabolism. A condurlo, quattro istituti italiani: l’Università degli Studi di Milano, l’Università di Pavia, l’Università di Brescia e l’Istituto Auxologico di Milano.
“È la prima volta che si dimostra che una miscela di aminoacidi può aumentare la sopravvivenza nei mammiferi”, ha sostenuto il coordinatore dello studio Enzo Nisoli, della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università degli Studi di Milano.
La ricerca è stata condotta su topi da laboratorio e conferma i risultati già ottenuti nel lievito. Il gruppo ha somministrato il cocktail di aminoacidi a topi maschi di mezza età, aggiungendolo ogni giorno, sino al termine della vita, all’acqua potabile che beveva. Il campione ha avuto una durata di vita media di 869 giorni contro i 774 giorni dei topi che non avevano ricevuto il trattamento.
Secondo il team, a spiegare la longevità dei topi trattati con aminoacidi potrebbe essere la capacità di questi ultimi di stimolare la produzione della proteina eNOS che si tradurrebbe, a cascata, in un aumento di mitocondri nei muscoli dello scheletro e nel cuore. Per questa ragione, oltre alla longevità, i topi presentano miglioramenti nella resistenza allo sforzo fisico e nella coordinazione motoria.
Ora, i ricercatori pensano già all’impiego degli aminoacidi nell’uomo, in particolare nelle persone di età avanzata o debilitate.
"Questa supplementazione potrebbe rivelarsi un’utilissima strategia preventiva nelle persone in là con gli anni, considerando che i risultati sono stati ottenuti in topi anziani e non malati. Non la ritengo indicata, anzi superflua, nei più giovani già in buone condizioni fisiche”, ha aggiunto Nisoli.
In particolare, a beneficiare del trattamento potrebbero essere i pazienti con insufficienza cardiaca, quelli con sarcopenia, con malattie polmonari cronico-ostruttive o altre disfunzioni caratterizzate da difetti del metabolismo energetico.
Si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione culturale “in prospettiva di un nuovo approccio «nutrizionale» alle malattie legate all’invecchiamento e ai problemi di carenza energetica”, ha precistato Nisoli, consapevole che la sfida vera sarà convincere i medici che questi supplementi possono rivelarsi utili per i loro pazienti”.
Ma prima di arrivare a ciò, un altro passo sarà necessario: un esteso trial clinico nell’uomo che valuti la sicurezza e l’efficacia dell’impiego “cronico” di queste sostanze. “Un impegno che potrebbe non essere semplice data la scarsa propensione delle case farmaceutiche a confrontarsi con approcci di tipo nutrizionale”, ha concluso il ricercatore.  

06 ottobre 2010
© Riproduzione riservata

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