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Usa. Staminali embrionali “clonate” dai tessuti di un bambino


È la prima volta che gli scienziati riescono a far sopravvivere un embrione umano creato tramite clonazione abbastanza a lungo perché se ne possano estrarre delle cellule staminali. Il risultato, pietra miliare per la genetica, potrebbe aprire la strada alla clonazione terapeutica di tessuti e organi per trattare malattie oggi incurabili.

17 MAG - La clonazione umana potrebbe essere più vicina: alcuni scienziati della Oregon Health and Science University sono infatti riusciti a duplicare delle cellule staminali embrionali umane a partire da tessuti della pelle di un bambino di 8 mesi, affetto da una patologia genetica. La tecnica usata è simile a quella che nel 1997 portò alla clonazione della pecora Dolly, e come in quel caso il risultato potrebbe essere una pietra miliare della genetica e della biologia: il risultato, descritto sulle pagine di Cell, è stato ottenuto trasferendo il nucleo di una cellula matura in un ovocita donato e potrebbe essere il primo passo verso la creazione di tessuti o organi da trapiantare in caso di gravi malattie, senza che ci sia il pericolo di rigetto.
 
A differenza delle cellule adulte, che sono già differenziate per fare un lavoro specifico in tessuti diversi (cuore, neuroni, pelle, ecc), le staminali embrionali sono capaci di trasformarsi in qualsiasi altra cellula, come nessun’altro tessuto può fare. Per questo, se si potessero ottenere direttamente dall’organismo di un paziente, potrebbero essere usate per curare patologie incurabili tramite il trapianto dei tessuti o degli organi malati, senza rischio di rigetto.
Tuttavia, fino ad oggi la creazione di staminali embrionali negli umani a partire da tessuti adulti si era dimostrata piuttosto complicata. Ad oggi infatti le cellule embrionali possono essere prelevate solo dagli embrioni non utilizzati nelle cliniche della fertilità, e solo nei paesi in cui la ricerca sulle staminali embrionali è permessa. Ma i tessuti creati a partire da queste ultime di solito non sono geneticamente compatibili con quelli dei pazienti, che devono dunque essere trattati con regimi farmaceutici talvolta anche pesanti per evitare il rigetto.
 
 “Nessuno riusciva a capire perché fosse possibile ottenere staminali embrionali per clonazione in tutti gli altri mammiferi ma non negli uomini”, ha spiegato in un’intervista Kathrin Plath, ricercatrice che lavora proprio con le staminali all’Università della California di Los Angeles, ma che non ha partecipato allo studio. “Bisognava comprendere come fare per prelevare il Dna all’interno del nucleo di un ovocita, sostituirlo con quello di un’altra cellula e poi far sì che il tutto si sviluppasse normalmente”. Nel 2011 questo processo era quasi arrivato al successo, ma mai del tutto: gli embrioni si bloccavano dopo appena tre divisioni, arrestandosi allo stadio di otto cellule e non raggiungendo mai lo stadio di blastocisti (150 cellule) da cui si ottengono le staminali.
Per risolvere questo problema, gli scienziati hanno dovuto utilizzare alcuni accorgimenti. Ad esempio, il team ha trattato le cellule private del nucleo, prima del trasferimento del nuovo Dna, con della caffeina, che funziona come freno per lo sviluppo dell’ovocita. Oppure, la sostituzione della luce ultravioletta con quella polarizzata per analizzare i tessuti, in modo da evitare possibili danni derivanti dalla prima.
 
Si tratta dunque di un successo che potrebbe cambiare la storia della biologia. “Il lavoro è sicuramente notevole”, ha ammesso anche John Gurdon, insignito del premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia nel 2012 proprio per il suo lavoro pionieristico sulla clonazione tramite trasferimento di nucleo.
Al di là dell’essere un’importante risultato della ricerca genetica, però, la tecnica potrebbe porre problemi etici. Seppure risolva quelli legati all’uso delle cellule embrionali, infatti, dipende in ogni caso dall’uso di ovociti donati. E alimenta un controverso dibattito sulla clonazione.
Come hanno detto gli stessi scienziati per ora il team non ha tentato di impiantare gli embrioni umani in una madre surrogato, né hanno intenzione di farlo. “In ogni caso questa tecnica non porterebbe alla nascita di un bambino clonato. È stata già testata sulle scimmie per diversi anni, e non ha mai generato alcuna scimmia clone”, ha specificato Shoukhrat Mitalipov, coordinatore dello studio. Tuttavia, come spiega anche il New York Times, il fatto che gli scienziati siano riusciti a creare embrioni umani geneticamente identici al bambino che aveva donato il tessuto, e di farli sopravvivere abbastanza a lungo da poter estrarre delle staminali, sembrerebbe di per sé un passo in avanti verso la clonazione umana.
 
Laura Berardi

17 maggio 2013
© Riproduzione riservata

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