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Sanità digitale. Buccini: "Siamo molto avanti nelle cure. Ma molto indietro nel management"


Intervista a Roberto Buccini, Strategic Alliances Director di Econocom Italia. Una multinazionale presente in 18 paesi e unico gruppo europeo per questo titpo di servizi. “Siamo indietro rispetto ad altri Paesi Ue soprattutto sulle tecnologie applicate all’organizzazione”. Ma con la crisi  “non si può più aspettare”. Bene Governo su Fse.

15 LUG - Sanità hi-tech? Nell’immaginario collettivo è uno dei comparti a maggiore sviluppo e uso di tecnologie. Ma in realtà non è proprio così. “Se parliamo di ricerca tecnologica legata al paziente siamo all’avanguardia. Ma se invece spostiamo il focus sulla tecnologia applicata alla gestione e all’organizzazione delle strutture e dei sistemi sanitari siamo ancora agli albori” rispetto ad altri comparti, come il manifatturiero, che sono invece molto avanti. Parola di Roberto Buccini, Strategic Alliances Director di Econocom Italia, azienda leader in Europa per quanto riguarda i servizi per l’integrazione tecnologica e finanziaria di soluzioni digitali con un fatturato da 1,54 mld di euro.
 
“Nel nostro Paese spendiamo poco per l’Ict, ma una sua implementazione potrebbe produrre parecchi miliardi da reinvestire nelle cure per i pazienti”. Gli ostacoli sono plurimi ma l’Italia “non può più aspettare”.
 
 
Dottor Buccini come valuta le nuove norme sull’Agenda digitale che prevedono l’adozione anche del Fascicolo sanitario elettronico? Crede che finalmente questo progetto potrà vedere la luce in tutto il Paese?
Certamente abbiamo apprezzato il provvedimento e la linea che ha annunciato il nuovo Ministro della Salute, anche perché è da anni che si parla di implementare lo sviluppo tecnologico in sanità dove, mi duole dirlo, siamo un po’ indietro rispetto ai nostri partner europei.
 
Ma la sanità non è considerata solitamente un settore ad alto livello tecnologico?
In effetti è così, ma soprattutto per quanto riguarda la ricerca tecnologica legata al paziente. Ma se invece spostiamo il focus sulla tecnologia applicata alla gestione e all’organizzazione delle strutture e dei sistemi sanitari siamo ancora agli albori. Certo, ci sono delle ‘oasi’, però rappresentano solamente delle eccezioni. Sull’Ict, per esempio, l’industria manifatturiera è già molto avanti. Le faccio anche un altro esempio per farsi un’idea del nostro ritardo. In Italia la spesa procapite per lo sviluppo dell’Ict è pari a 21-22 euro, circa la metà di quando si spende nella Ue.
 
Ma quali sono le difficoltà?
Sono plurime. In prima istanza c’è il fatto che oggi la fluidità del sistema non sempre consente ai decisori di avere una visione di lungo termine, necessaria in questo tipo di attività. Altra questione riguarda invece il fatto che nei percorsi d’implementazione tecnologica si innestano processi di riorganizzazione del lavoro che possono creare non poche criticità e ostacoli al cambiamento. Inoltre, c’è da considerare anche gli aspetti culturali che vedono oggi il nostro Paese più conservativo e meno aperto alle sperimentazioni. E poi c’è la questione della scarsa disponibilità di risorse anche se in questo caso investire vuol dire risparmiare concretamente.
 
Ecco, i risparmi. Come possiamo quantificarli?
Secondo alcuni studi, le risorse che si potrebbero risparmiare sono parecchie. Si stima che 5 miliardi di euro potrebbero essere potenzialmente risparmiati in un anno con i pagamenti elettronici consumer. Sono invece 10 i miliardi di euro che possono essere risparmiati grazie ai documenti fiscali digitali. Mentre sono 2,2 miliardi di euro quelli che si possono ricavare in un anno grazie all'introduzione sistematica del Fascicolo Sanitario Elettronico. E poi sono 12,4 miliardi di euro all'anno il risparmio complessivo stimato a seguito dell'introduzione dell'Information technology in sanità. Ma oltre al denaro risparmiato e che può essere reinvestito per la cura dei pazienti, c’è un risparmio, non solo economico, per lo stesso utente.
 
Qualche esempio?
Pensiamo ad una cartella clinica. Chi la richiede deve aspettare 20 giorni per ottenere una copia cartacea. Ma, soprattutto, nella stragrande maggioranza l’utente si deve recare direttamente presso la struttura per ritirarla. Pensiamo invece ad un sistema dematerializzato in cui l’unico spostamento per il paziente è quello per cui si va effettivamente a fare la visita o un esame. Poi c’è il Fascicolo sanitario elettronico che consentirà ad ogni struttura sanitaria di poter avere in un unico file tutte le informazioni relative alla salute del paziente. Penso anche ai sistemi che consentono un’adeguata gestione della diagnosi e della terapia. Un aspetto importantissimo e che incide pesantemente sui costi. Ma non solo. Pensiamo ai benefici organizzativi che possono derivare dallo sviluppo del cloud computing, della gestione informatizzata dei farmaci, dei servizi digitali al cittadino, mobile health, dei sistemi di business intelligence e clinical governance, soluzioni per la medicina sul territorio e l'assistenza domiciliare.
 
In Italia, però, abbiamo una sanità che procede a 21 velocità. Sarà possibile avere un sistema integrato su tutto il territorio nazionale?
Certamente questo è il nostro auspicio. Inutile, negare però come vi sia un problema di ‘dialogo’ tra le varie strutture e come in realtà lo sviluppo dell’e-health sia soprattutto partito per iniziativa delle Regioni. Ma questo lo considero un aspetto positivo. Meglio partire in qualche Regione, piuttosto che rimanere fermi. È chiaro, però, che il rischio di una frammentazione è reale, e se non si governerà il cambiamento in maniera efficace, il pericolo è di dover pagare un prezzo elevatissimo in futuro.
 
 A che punto siamo con lo sviluppo della sanità 2.0 in Italia?
Come le dicevo vi sono alcune ‘oasi’ in cui già da anni si è iniziato ad investire. Penso alla Val d’Aosta, a Rovigo o al progetto mobile health promosso a Treviso solo per citarne alcune. In questo momento si stanno facendo passi avanti per quanto riguarda soprattutto i servizi di refertazione, mentre ancora poco si sta facendo su quelli organizzativi. Molte strutture sanitarie non hanno ancora sistemi integrati di controllo e monitoraggio dei loro reparti. Anche se da alcuni dati si evidenzia come siano in crescita gli investimenti proprio in ambito e-health. Ma pensiamo anche alle potenzialità del sistema per quanto riguarda tutti gli aspetti legati alla sanità territoriale e all’assistenza domiciliare. Sicuramente oggi, la maggior parte della popolazione è ancora abituata a vecchi schemi nel rapporto medico-paziente. Ma per le nuove generazioni che già usano la tecnologia nella quotidianità in futuro non sarà così. E se poi consideriamo anche le nuove richieste che i cittadini fanno allo Stato in tema di trasparenza e immediatezza delle informazioni risulta evidente la necessità di pensare al domani.
 
Quali sono quindi le prospettive?
Il fatto che il Governo abbia adottato un provvedimento in cui si punta sullo sviluppo di questo comparto, non può che essere un buon auspicio. Ma è chiaro che, a prescindere da ogni giudizio politico, l’Italia non si può più permettere di andare avanti per slogan. Servono fatti e il coraggio di investire. Se il sistema vuole rimanere competitivo deve cambiare e gestire il cambiamento, nella consapevolezza che esso possa essere anche doloroso. Non ci sono più alibi.

15 luglio 2013
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