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Cervello. Una tecnica italiana potrebbe aiutare a combattere il glioblastoma


Studiato in Italia per la prima volta il modo per isolare più a lungo colture di grandi dimensioni di cellule endoteliali cerebrali a elevata purezza. La ricerca del Carlo Besta, pubblicata su Nature Protocols, potrebbe essere utile per curare le patologie di carattere cerebrovascolare, compreso il più aggressivo tumore cerebrale.

09 SET - È uno studio italiano ad aver mostrato per la prima volta la possibilità di isolare ed espandere in laboratorio colture a elevata purezza di cellule endoteliali per lunghi tempi. Si tratta di una nuova tecnica, descritta su Nature Protocols ed elaborata dai ricercatori dell’Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano, che risolve uno dei problemi principali quando si lavora con le cellule dei vasi sanguigni cerebrali: fino ad oggi, infatti, questa famiglia di cellule poteva essere tenute in vita in laboratorio solo per un tempo insufficiente e in numero troppo ristretto. Questa tecnica potrà permettere di sviluppare in futuro terapie che abbiano come target i vasi cerebrali, personalizzandola per ogni singolo paziente. Per questo potrebbe anche essere utile per consentire di individuare in laboratorio quali sono i farmaci più efficaci per ogni paziente per intervenire e curare le patologie di carattere cerebrovascolare e rallentare la crescita dei tumori, quali il glioblastoma, il più aggressivo dei tumori cerebrali.

La ricerca è stata compiuta da Stefania Navone ed è stata coordinata da Eugenio Parati, direttore del Dipartimento di Malattie Cerebrovascolari dell’Istituto Neurologico Besta. “Questo articolo, tutto italiano – ha sottolineato Parati stesso – è un importante contributo allo studio del sistema vascolare umano in quanto consentirà per la prima volta di isolare e coltivare endotelio cerebrale umano in laboratorio”.

Le colture di cellule endoteliali cerebrali, cioè le cellule del tessuto che forma le pareti dei vasi sanguigni, rappresentano un modello unico e insostituibile per lo studio in vitro delle caratteristiche di questo “sistema” coinvolto in numerosi processi, quali l’infiammazione, la rigenerazione e l’angiogenesi tumorale. Fino a ora esisteva un limite tecnico alle metodiche di isolamento e di espansione delle cellule endoteliali da tessuto cerebrale che inficiava la proliferazione e la purezza della coltura stessa. I diversi protocolli presenti in letteratura, infatti, permettevano di coltivare in laboratorio cellule endoteliali per poco tempo e con numeri ristretti. Da oggi, sarà quindi possibile conoscere non solo le peculiarità del sistema vascolare cerebrale umano in termini di meccanismi fisiologici di sviluppo, conservazione e invecchiamento ma anche ottenere informazioni sugli aspetti patologici delle malattie genetiche e acquisite dei vasi cerebrali quali le malformazioni arterovenose, gli aneurismi, il moya moya (rara patologia che colpisce anche pazienti di età infanto-giovanile), il cadasil ecc. Soprattutto questo studio potrà dare un decisivo contributo nel capire e quindi contrastare la neoangiogenesi dei tumori cerebrali.

“Avere la possibilità di testare in laboratorio la capacità di farmaci e terapie cellulari antiangiogenici sui vasi di ogni singolo paziente, quasi fosse un ‘antibiogramma’, consentirebbe una vera, efficace e clinicamente proponibile medicina personalizzata in neuro-oncologia”, ha poi aggiunto Gaetano Finocchiaro, direttore del Dipartimento di neuro-oncologia dell’Istituto Neurologico “Carlo Besta”. “Questo approccio può essere particolarmente interessante nel trattamento del glioblastoma, il tumore cerebrale più aggressivo”.

09 settembre 2013
© Riproduzione riservata

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