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Ipertensione: il rischio è scritto nei geni


Scoperta una nuova variante genetica associata a un rischio ridotto di ipertensione e a una diminuzione dell‘8 per cento delle probabilità di incorrere in ictus, infarto e morte coronarica.

29 OTT - Basta soltanto una cifra per comprendere l’impatto che potrebbe avere la scoperta di un un gruppo di ricercatori internazionali, coordinati dall’Università di Glasgow e dall’Istituto Auxologico Italiano di Milano: 18 milioni. È il numero di decessi che ogni anno sono imputabili a malattie cardiovascolari (circa il 30 per cento della mortalità globale). La gran parte di essi ha all’origine una causa quasi banale: l’ipertensione.
Il team, nell’ambito del progetto InGenious HyperCare, finanziato dalla Commissione Europea e che ha visto la collaborazione di 31 gruppi di ricerca in 13 diversi Paesi europei, ha individuato una variante genica associata a un rischio ridotto di ipertensione e anche a una diminuzione del 7,7 per cento delle probabilità di incorrere in un ictus, un infarto del miocardio o di morire per cause coronariche.
“Riteniamo che la variante genica da noi scoperta ci dia nuove informazioni sui meccanismi dell’ipertensione e ci possa aiutare a identificare nuovi obiettivi per nuovi approcci farmacologici”, ha affermato uno dei coordinatori del progetto, Anna Dominiczak, Regius Professor di Medicina e Direttore del Collegio di Scienze Mediche, Veterinarie e della Vita dell’Università di Glasgow.
La nuova variante scoperta dai ricercatori di Glasgow e Milano è situata nel gene UMOD nel cromosoma 16, che esprime una proteina renale escreta nelle urine (l’uromodulina) il cui ruolo funzionale è rimasto finora largamente ignoto. “La nostra scoperta che una variazione nel gene promotore dell’uromodulina - una variazione che riduce la produzione della proteina - è associata a valori più bassi di pressione arteriosa e a un minor rischio di eventi cardiovascolari, fa ritenere che l’uromodulina sia coinvolta nei meccanismi di regolazione della pressione”, ha spiegato Alberto Zanchetti, direttore scientifico dell’Istituto Auxologico Italiano e coordinatore dello studio genetico. “L’uromodulina - ha aggiunto - è prodotta specificamente da una parte del rene, la porzione spessa del tratto ascendente dell’ansa di Henle, che sappiamo svolge un ruolo importante nel riassorbimento del sodio. È ragionevole perciò supporre che l’uromodulina partecipi alla regolazione e alla sregolazione della pressione attraverso un meccanismo legato al sodio”.
Enormi le dimensioni dello studio, che è in corso di pubblicazione su Plos Genetics. Ha comparato infatti il Dna di oltre 18 mila individui con pressione normale con quello di oltre 21 mila con ipertensione.
Alla luce dei risultati “è necessario proseguire negli studi per meglio conoscere quanto importante sia il gene UMOD e la sua proteina”, hanno concluso i ricercatori, “ma crediamo che i nostri studi appoggino in misura rilevante la teoria del coinvolgimento del sale nell’ipertensione”. 

29 ottobre 2010
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