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Sesso. A 3000 italiani ogni anno servirebbe una protesi del pene, ma solo 1 su 6 si opera


Hanno superato i 50-60 anni, sono reduci da un tumore, o ancora soffrono di malattie cardiovascolari o disfunzioni che occludono le vene. In questi casi, 3 su 10 optano per le ‘pillole’ ignorando l’esistenza di un’alternativa efficace. Se ne è parlato nel corso dell’86° Congresso Siu a Riccione.

07 OTT - In genere hanno superato i 50 o i 60 anni, ma alcuni non ne hanno neppure 40. Sono reduci da un tumore della prostata, o della vescica o del retto, oppure soffrono di malattie cardiovascolari, diabete o disfunzioni che occludono le vene. Patologie spesso associate a una disfunzione erettile grave che rischia di compromettere la vita di coppia. In 3 casi su 10 questi pazienti non rispondono alle "pillole dell'amore", e la maggioranza non sa che esiste un'alternativa efficace e garantita a vita: l'impianto protesico. Secondo i calcoli degli esperti, ogni anno, in Italia, sono almeno 3 mila gli uomini che ne avrebbero bisogno, ma soltanto 500 - appena uno su 6 - arriva all'intervento. Per gli altri l'amore resta "negato". Sotto accusa la scarsa informazione, la paura di uscire allo scoperto, ma anche, come sottolineato da Fulvio Colombo, direttore della struttura dipartimentale di Andrologia del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, le difficoltà di accedere a “un intervento non ancora abbastanza valorizzato nel nostro Paese”.
 
Secondo recenti dati, dopo il cancro può scoppiare la crisi di coppia se, ad esempio a seguito dell’asportazione della prostata (prostatectomia radicale), il paziente non riesca a riprendere una completa attività sessuale. Quando i farmaci stimolatori dell’ erezione risultino inefficaci, la scelta terapeutica deve puntare sull’impianto delle protesi peniene di nuova generazione AMS 700, che consentono il ritorno a una normale sessualità. “L’intervento chirurgico per eliminare il tumore alla prostata è risolutivo - ha spiegato Colombo - ma, nonostante le tecniche laparoscopiche e robotiche, l’obiettivo del risparmio dei nervi dell’erezione ha successo in non più del 50% dei casi; nell’altra metà il risultato è purtroppo l’impotenza. Le protesi peniene tricomponenti di ultima generazione consentono un’erezione del tutto analoga a quella fisiologica, grazie ad un meccanismo di funzionamento molto semplice basato sull’inserimento, all’interno dei corpi cavernosi del pene, di due cilindri cavi collegati ad una minuscola pompa di attivazione e ad un serbatoio contenente del liquido. L’uomo può così ottenere un’erezione perfetta ogni qualvolta lo desideri, conservando intatte la sensibilità e capacità di orgasmo che aveva prima dell’intervento. L’attivazione si realizza senza difficoltà, agendo sulla piccola pompa posta sotto la cute dello scroto, tra i testicoli”.
 
“In questo modo, il liquido contenuto nel serbatoio defluisce verso i cilindri fino a riempirli, provocando così l’erezione - ha proseguito l’esperto - Premendo di nuovo la pompa, il liquido passa dai cilindri al serbatoio, facendo ritornare il pene in condizione di riposo. Le nuove protesi tricomponenti consentono una perfetta erezione con ingrossamento e allungamento del pene, risolvendo così anche il problema della riduzione delle dimensioni del pene (ulteriore effetto collaterale della prostatectomia) che inevitabilmente si accorcia a seguito dell’inattività sessuale conseguente all’intervento (si calcola fino a più di 2 cm entro l’anno successivo all’intervento)”.
 
Sebbene la protesi risolva definitivamente l’impotenza post-prostatectomia, molti uomini non ne conoscono l’esistenza perché spesso non vengono informati. Stessa mancanza di informazione anche per i 400.000 italiani affetti da grave impotenza non legata a interventi alla prostata ma che non risponde ai farmaci. Gli interventi di chirurgia protesica lo scorso anno sono stati 1.200. “Solo lo 0.4% degli italiani con gravi problemi erettili ha ricevuto un trattamento risolutivo - ha concluso Colombo - nonostante molti studi scientifici dimostrino l’efficacia delle protesi con un elevato grado di soddisfazione per il paziente e per la partner”. 

07 ottobre 2013
© Riproduzione riservata

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