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Vitamina C ad alte dosi. Un alleato della chemioterapia contro i tumori? 

di Maria Rita Montebelli

Uno studio americano pubblicato su Science Translational Medicine suggerisce l’utilità dell’acido ascorbico per via endovenosa, in associazione alla chemioterapia tradizionale contro il tumore ovarico. Necessari finanziamenti governativi per verificare l’ipotesi in ampi trial clinici, perché la vitamina C non è brevettabile

10 FEB - La vitamina C, somministrata in vena ad alte dosi, potrebbe potenziare la chemioterapia anti-tumorale e ridurne gli effetti collaterali, nel cancro dell’ovaio. È quanto suggerisce uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università del Kansas (USA), insieme a Mark Levine del National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases dei National Institutes of Health (Usa), pubblicato su Science Translational Medicine.
 
Molti tentativi sono stati fatti in passato di utilizzare la vitamina C come terapia ‘alternativa’ contro i tumori. Il verdetto è sempre stato: sicurezza eccellente, ma benefici praticamente nulli. Un paio di trial clinici controllati, che hanno utilizzato la vitamina C per via orale, hanno confermato la sua sostanziale inutilità contro i tumori e per questo la medicina convenzionale aveva ormai messo da parte questo presidio ‘green’, che invece è rimasto ampiamente nelle corde delle medicine complementari e alternative.
 
Ma la partita con la star tra le vitamine evidentemente non è ancora chiusa. L’idea di questo nuovo studio si basa sull’osservazione che, somministrando la vitamina C per via endovenosa, questa arriva in elevate concentrazioni nei tessuti, oltre che nel sangue, riuscendo così ad uccidere le cellule tumorali, ma risparmiando i tessuti sani. Ricerche di laboratorio hanno evidenziato che la vitamina C si comporta da potente antiossidante nel fluido interstiziale che circonda le cellule tumorali; un effetto mediato dalla formazione di perossido di idrogeno (più noto come ‘acqua ossigenata’), che è in grado di uccidere le cellule di tumore ovarico (morte indotta da acido ascorbico). La vitamina C, ucciderebbe le cellule tumorali provocando danni al DNA, svaligiando la cellula delle sue riserve energetiche (ATP), attivando la via ATM/AMPK e inibendo mTOR.
 
I ricercatori americani hanno testato l’accoppiata chemioterapia (carboplatino e paclitaxel) e vitamina C nei topi, osservando un potenziamento dell’effetto anti-tumorale. Lo stesso ‘cocktail’, somministrato a donne portatrici di neoplasia ovarica, ha ridotto la comparsa di effetti collaterali.
Alla luce di tutte queste osservazioni, gli autori dello studio ritengono che i tempi siano ormai maturi per tornare a vagliare l’utilità dell’acido ascorbico, rigorosamente per via endovenosa e ad alte dosi, come agente anti-tumorale, in associazione alla chemioterapia convenzionale. Il loro appello è rivolto adesso ai Governi, affiché finanzino trial su larga scala per testare questo trattamento non brevettabile, già preconizzato da Linus Pauling negli anni ‘70.
 
Maria Rita Montebelli

10 febbraio 2014
© Riproduzione riservata

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