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Dolore neuropatico cronico. Dal veleno di una lumaca marina un antidolorifico cento volte più potente della morfina

di Maria Rita Montebelli

Si tratta della lumaca marina assassina, ospite di vari mari tropicali. E' una ricca fonte di peptidi dotati di una azione anti-dolorifica molto più potente dei derivati degli oppiacei ma con minori effetti indesiderati e senza il rischio di dipendenza. Le ultime ricerche presentate a Dallas da un gruppo di studio australiano, al congresso dell’American Chemical Society

18 MAR - E’ un minuscolo peptide, contenuto nel veleno di una lumaca marina tropicale, ad aver ispirato la strada verso una classe inedita di farmaci anti-dolorifici. Al momento sono al vaglio diverse molecole, ispirate dalla struttura di questo peptide, che potrebbero tramutarsi in un futuro non lontano in altrettante terapie orali contro il dolore neuropatico cronico. Sostanze che a detta di chi le sta studiando potrebbero rivelarsi più potenti della morfina ma con minor effetti indesiderati e senza il rischio di dipendenza. “Il dolore neuropatico – spiega il prof. David Craik dell’University del Queensland (Australia), coordinatore dello studio, presentato a Dallas in occasione del 247 congresso dell’American Chemical Society (ACS) – è una delle forme di dolore cronico più difficili da controllare. Dalle nostre ricerche potrebbe scaturire una nuova classe di farmaci orali molto efficaci su questa forma di disturbo”.
 
Il dolore neuropatico, che può durare per anni e anni, si verifica quando ad essere danneggiato è lo stesso sistema nervoso; il che può accadere ad esempio per il diabete o la sclerosi multipla. I trattamenti attualmente disponibili sono gravati da una serie di effetti collaterali e comunque finiscono per essere efficaci solo in un paziente su tre. Una nuova classe di farmaci per questa indicazione, potrebbe essere sviluppata a partire dal veleno di una lumaca che vive nei mari tropicali, la lumaca marina assassina (genere Conus), il cui ‘morso’ può in alcuni casi risultare letale, non solo per le sue prede ma anche per l’uomo. Il veleno di queste lumache contiene centinaia di peptidi, le ‘conotossine’, che a basse dosi, sull’uomo, hanno un effetto analgesico.
 
Queste australiane non sono certo le prime ricerche intorno al veleno di questa lumaca; esiste già un farmaco derivato dalla omega-conotossina del Conus magus, lo ziconotide, che però deve essere somministrato per iniezione diretta nel canale vertebrale, dove blocca i canali del calcio di tipo N e ha un effetto morfino-simile, senza indurre dipendenza; in Italia è in commercio dal 2007. Un importante passo avanti potrebbe essere invece la messa a punto di terapie orali basati sulle conotossine; i ricercatori australiani hanno messo a punto una metodica per modificare questi peptidi analgesici, trasformandoli un una catena circolare; questo li rende stabili e a prova di digestione enzimatica. Sono stati già condotti studi su animali da esperimento (ratti) nei quali la somministrazione di questi prototipi di farmaci hanno mostrato un’eccellente azione antidolorifica: i farmaci derivati dalle conotossine hanno mostrato un’efficacia analgesica 100 volte superiore a quella della morfina e del gabapentin, i due gold standard per il trattamento del dolore neuropatico cronico.
 
Non essendo stati ancora testati sull’uomo, non se ne conoscono i possibili effetti collaterali; nel caso dello ziconotide questi sono essenzialmente di natura psichiatrica, al punto da renderlo controindicato in caso di patologie psichiatriche pre-esistenti. Il gruppo australiano ha sviluppato almeno cinque diverse molecole, derivate dall’anello aminoacidico derivato dalla cono tossina. Craik si dice pronto per partire con gli studi sull’uomo, non appena avrà trovato la necessaria copertura finanziaria. Lo studio presentato al congresso dell’ACS è stato finanziato dalla Simon Axelson Foundation e dal National Health and Medical Research Council australiano.
 
Ma non sono solo gli australiani a lavorare in questo campo. Intorno al veleno di questa lumaca tropicale è stato costruito addirittura un consorzio di ricerca europeo e americano, il CONCO (Cone Snail Genome Project for Health) che raggruppa 20 partner in 13 Paesi ed è coordinato da Atheris Laboratories. Combinando l’informazione genomica e la piattaforma di sostanze attive derivate dai veleni, CONCO ha individuato il peptide XEP-018, come farmaco candidato. Questo peptide ha delle proprietà miorilassanti assolutamente inedite e potrebbe trovare impiego in clinica come farmaco analgesico-anestetico-miorilassante ma anche come trattamento anti-rughe, dalle performance simil-botox.
 
Non sarebbero d’altra parte questi i primi farmaci mutuati da potentissimi veleni del regno animale. Tra gli ‘insospettabili’ ci sono anche farmaci antipertensivi (il captopril è stato ‘copiato’ da un peptide contenuto nel veleno di una vipera basiliana), antidiabetici (l’exenatide, un analogo del GLP-1, è derivato dal veleno della saliva del Gila monster, il mostruoso lucertolone che vive nel deserto di Sonora, al confine tra Messico e Usa) e farmaci utilizzati nel trattamento dell’infarto (l’eptifibatide e il tirofiban, derivati anch’essi dal veleno di serpente).
 
Maria Rita Montebelli

18 marzo 2014
© Riproduzione riservata

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