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Epidermolisi bollosa: importante scoperta all’IDI di Roma

di Maria Rita Montebelli

I ricercatori del Laboratorio di Biologia Molecolare dell'IDI, studiando due gemelli omozigoti, hanno scoperto che una proteina, la decorina, gioca un ruolo importante nel modulare la gravità di questa rara genodermatosi, a livello epigenetico. La sua somministrazione ha un’azione anti-fibrotica e anti-infiammatoria; potrebbe dunque entrare a far parte dell’armamentario terapeutico di questa malattia rara.

19 MAR - E’ la storia di due gemelli monozigoti, identici anche fenotipicamente fino all’età adolescenziale. Poi, uno si ricopre di lesioni bollose, quelle tipiche dell’epidermolisi bollosa distrofica recessiva (RDEB); all’altro le cose vanno meglio: qualche lesione qua e là, ma nulla di impegnativo. I due sono in cura presso l’IDI IRCCS di Roma, dove ha sede un ambulatorio dedicato alle malattie dermatologiche di origine genetica (http://www.idi.it/centro-clinico-genodermatosi.aspx), riconosciuto dalla Regione Lazio come ‘Centro accreditato delle rete regionale delle Malattie Rare’. E questo ha fatto la differenza; non solo per la loro assistenza sul piano clinico, ma soprattutto per il progresso della scienza. In questo ‘gioco’ di trova le differenze tra i due, i ricercatori dell’IDI hanno messo a segno una scoperta che potrebbe avere importanti ricadute sul trattamento di questa condizione, tanto rara quanto invalidante, nelle sue forme più severe.
 
La RDEB è una genodermatosi caratterizzata da una cute estremamente fragile che forma facilmente bolle e vesciche destinate a guarire con una cicatrice; le ferite guariscono sempre con difficoltà e a volte con esiti cicatriziali invalidanti; chi ne è affetto è predisposto inoltre a formare tumori cutanei.
La malattia è dovuta a mutazioni del gene COL7A1, che codifica la sintesi del collagene di tipo VII, il principale componente delle fibrille di ancoraggio che connettono la membrana basale cutanea al derma. Fin qui la storia era nota; non era ancora stato chiarito tuttavia come mai, soggetti con mutazioni identiche, come nel caso dei due gemelli monozigoti, potessero presentare dei quadri clinici tanto differenti tra loro. L’ipotesi di partenza era che ci fossero degli elementi in grado di modificare la storia scritta nei geni, cioè dei modulatori epigenetici, scatenati da qualche ancora sconosciuto fattore ambientale. Ed è questo ago nel pagliaio che i ricercatori dell’IDI sono andati a cercare.
 
Il team del Laboratorio di Biologia Molecolare dell’IDI, diretto dalla professoressa Giovanna Zambruno, è riuscito ad individuare, sottoponendo ad un’analisi GWEA (genome-wide expression analysis) i fibroblasti dei due gemelli, differenti espressioni di alcuni geni associati con l’inibizione delle vie del TNF beta. Le differenze più marcate sono state individuate nell’espressione della ‘decorina’, un componente della matrice cutanea dalle spiccate proprietà anti-fibrotiche; il gemello meno colpito dalla malattia, esprime notevoli quantità di questa proteina; quello ricoperto di lesioni da RDEB, ne esprime pochissima.
 
Differenze anche nei fibroblasti dei due: quelli del soggetto più colpito dalla malattia presentano un fenotipo contrattile e profibrotico (prono cioè a formare cicatrici), che da un punto di visto molecolare è caratterizzato da una maggior espressione di actina muscolo liscio- specifica (alfa-SMA) e di PAI 1 (Plasminogen Activator Inhibitor1) e di produzione di collagene di tipo 1. Questi fibroblasti producono inoltre una maggior quantità di citochine infiammatorie, quali l’interleuchina 6 (IL-6) o la MPC-1. Tutte le vie del TGF-beta appaiono infine maggiormente attivate in questi fibroblasti. Nel loro studio appena pubblicato su Human Molecular Genetics*, i ricercatori dell’IDI hanno evidenziato che la somministrazione di decorina era in grado di sopprimere il comportamento profibrotico di questi fibroblasti, dimostrando così che non sono solo i livelli di collagene VII a determinare la gravità della malattia, ma anche all’attivazione dei pathwaydel TGF-beta. La decorina potrebbe dunque giocare un ruolo come possibile agente terapeutico, dalle proprietà anti-fibrotiche e anti-infiammatorie, nell’ambito del trattamento del RDEB.
 
Lo studio è stato finanziato dall’Associazione Internazionale per la Ricerca sull’Epidermolisi Bollosa (www.debra-international.org) e dal Ministero della Salute italiano.
 
Maria Rita Montebelli
*Monozygotic twins discordant for recessive dystrophic epidermolysis bullosa phenotype highlight the role of TGF-β signalling in modifying disease severity
Teresa Odorisio, Michela Di Salvio, Angela Orecchia, Giovanni Di Zenzo, Eugenia Piccinni, Francesca Cianfarani, Antonella Travaglione, Paolo Uva, Barbara Bellei, Andrea Conti, Giovanna Zambruno, Daniele Castriglia
Human molecular genetics, 5 marzo 2014 (epub ahead of print)

19 marzo 2014
© Riproduzione riservata

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