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Un nanogel per guarire le ustioni a tempo record

di Maria Rita Montebelli

Il prodotto, a base di idrogel peptidici auto assemblanti, è in grado di guarire in appena due settimane ustioni, anche di secondo e terzo grado. Messo a punto da un gruppo di ricercatori di Singapore è frutto delle più avanzate biotecnologie. Lo studio pubblicato su Biomaterials

22 MAG - Potrebbe essere una rivoluzione nel trattamento delle ustioni, anche di quelle di secondo e terzo grado, le più gravi. Si tratta di uno speciale nanogel, messo a punto dai ricercatori dell’Institute of Bioengineering and Nanotechnology (IBN) di Singapore,che si è dimostrato in grado di accelerare in maniera incredibile la guarigione delle ustioni, limitando così il rischio di sovrainfezioni e di cicatrici deturpanti. Questo prodotto innovativo sfrutta una tecnologia brevettata dalla IBN, quella dei peptidi ultracorti auto-assemblanti, in pratica brevissime sequenze di aminoacidi.
 
Per avere un termine di paragone, i trattamenti tradizionali delle ustioni di secondo e terzo grado impiegano da due a dieci settimane per portare a guarigione la parte lesionata. E più lunghi sono i tempi di guarigione, maggiore è la probabilità di una sovrainfezione o del formarsi di una cicatrice patologica.
In uno studio di recente pubblicato su Biomaterials, i ricercatori di Singapore hanno dimostrato che questo nanogel, costituito da idrogel peptidici, riesce a promuovere la guarigione della pelle ustionata, agendo come un’impalcatura, che consente la rigenerazione di nuove cellule.
 
Aggiungendo dell’acqua, i peptidi si auto-assemblano in nanofibre che intrappolano l’acqua, formano un gel fibroso che ricorda la matrice extracellulare. Quest’ultima è una componente integrale della cute e fornisce il supporto meccanico e strutturale alle cellule di tutti i tessuti e gli organi del corpo. Secondo i ricercatori della IBN, questo nanogel promuove dei tempi di guarigione delle ustioni molto più rapidi, rispetto alle medicazioni a base di silicone, attualmente utilizzate nella pratica clinica. Gli idrogel della IBN hanno prodotto una chiusura prossima al 100% delle ustioni in appena due settimane; nel confronto, effettuato nello studio, le medicazioni a base di silicone, dopo due settimane avevano prodotto la guarigione di appena il 63% circa dell’area lesionata.
 
La tecnologia dei peptidi ultracorti si basa su una scoperta fatta nel 2009 dalla dottoressa Charlotte Hauser, Team Leader della IBN e Primo Scienziato di Ricerca. I peptidi alifatici sono progettati utilizzando una quantità inferiore di aminoacidi, rispetto ad altri peptidi auto-assemblanti, risultando quindi meno immunogeni e non tossici.
Ma questo sembra essere solo il primo passo. “Speriamo un giorno – afferma la dottoressa Hauser - di riuscire a sviluppare un gel, in grado di incorporare agenti bioattivi, così da facilitare ulteriormente la rigenerazione cutanea. I nostri peptidi potrebbero essere usati anche per sviluppare dei sostituti di cute sintetica per il trattamento delle ustioni più profonde.” Questi idrogel potrebbero presto essere commercializzati sotto forma di ‘cerotti’, ma anche di gel topici o di spray. E’ allo studio anche una formulazione in polvere, da attivare con l’aggiunta di acqua. Una formulazione questa che avrebbe, tra gli altri vantaggi, quello di una più lunga shelf-life.
 
“Si tratta di una novità interessante – commenta il professor Nicolò Scuderi ordinario di Chirugia plastica, ricostruttiva ed estetica, Università La Sapienza di Roma - perché questi peptidi di nuova generazione hanno grandi potenzialità, naturalmente ancora un gran parte da validare nell’uomo. Questo tipo di prodotto si inserisce tuttavia su strada già battuta da tempo. Sono infatti già in corso da tempo studi su scaffold a base di fibrinogeno, collagene o acido ialuronico, addizionati di sostanze attive o scaffold con impianti di fibroblasti, per la riparazione di ferite, ustioni e ulcere croniche. Le attuali tendenze della ricerca mirano da un lato a ricreare organi o tessuti in laboratorio (classico è l’esempio della pelle artificiale); dall’altra a realizzare degli scaffold attivi, da posizionare direttamente nei tessuti lesionati (ad esempio pelle o cartilagine), per richiamare cellule in grado di riprodurre, direttamente nella sede di impianto, l’organo o il tessuto danneggiato” .
 
Maria Rita Montebelli

22 maggio 2014
© Riproduzione riservata

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