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Malattie croniche. Pecorelli (Aifa): “Ricerca non basta. Serve prevenzione ed educazione sanitaria”


Per il presidente dell’Aifa investire su prevenzione e stili di vita è necessario per garantire la sostenibilità del sistema, a fronte dell’ingresso sul mercato di nuovi farmaci, sempre più mirati ed efficaci, ma anche molto più costosi.

07 LUG - Investire sull’educazione sanitaria e sugli stili di vita per prevenire le malattie croniche e garantire la sostenibilità del sistema a fronte dell’ingresso sul mercato di nuovi farmaci, sempre più mirati ed efficaci, ma anche molto più costosi. È l’invito lanciato dal Presidente dell’Aifa, Sergio Pecorelli, nel corso dello Speciale 5azioni "Silver Generation” sulla prevenzione delle malattie croniche e sull'informazione, trasmesso in streaming nei giorni scorsi dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Brescia, a margine del 3° evento CUEM (Clinical Update in Endocrinologia e Metabolismo) "La terapia delle malattie endocrino-metaboliche". A rilanciare le parole di Pecorelli è oggi un articolo sul sito dell’Agenzia italiana del farmaco.

“In Italia si spende ancora troppo poco in prevenzione (circa l’1,4% della spesa sanitaria), quando si dovrebbe investire almeno il 3-5% - ha affermato Pecorelli – Eppure gli stili di vita sono fondamentali, soprattutto perché si vive più a lungo (l’aspettativa di vita per chi nasce oggi è di 104 anni) e l’obiettivo di tutti è invecchiare in salute mantenendo una buona qualità della vita ed evitando o ritardando l’insorgenza di malattie croniche”.

“Dobbiamo però tenere presente che la prevenzione inizia da piccoli: i primi due anni di vita sono quelli da cui dipende il 70% della storia futura del bambino, e l’età compresa tra i 4 e i 7 anni è la più importante dal punto di vista formativo. Oggi – ha aggiunto Pecorelli – dobbiamo far fronte alle cosiddette ‘malattie non comunicabili’: il diabete, l'obesità, il cancro, le malattie cardiovascolari, le malattie bronco-polmonari croniche e quelle neurodegenerative, che sono le principali responsabili della mortalità e della disabilità in tutto il mondo. La medicina fa progressi straordinari grazie alla ricerca e siamo in grado di curare adesso patologie come l’epatite C, che potevano sfociare nel trapianto di fegato e nella morte del paziente. Ma a fronte di farmaci sempre più mirati, nell’ambito di quella che si definisce ‘medicina di precisione’, i costi per l’intero sistema possono divenire enormi, ponendo problemi di natura etica oltre che economica”.

“Tutti i farmaci, infatti – ha proseguito il presidente dell’Aifa -, devono superare un percorso lungo e rigoroso prima di approdare sul mercato, sia che siano destinati a platee più ristrette, come i nuovi prodotti, sia che vengano impiegati in milioni di pazienti come i vecchi blockbuster. Il meraviglioso mondo della conoscenza ci sta fornendo molecole che saranno presto in grado di migliorare, ad esempio, la cura del tumore del pancreas e del polmone. Sono in arrivo 49 nuovi farmaci per un costo globale di 5-8 miliardi. Per questo è necessario affrontare il nuovo complesso scenario coinvolgendo tutti i protagonisti: le Istituzioni, i medici, le aziende ma soprattutto i pazienti. Non dimentichiamo che, se c’è una categoria che davvero desidera rischiare per riuscire a guarire, è quella dei pazienti”.

Per Pecorelli è però necessario che il cittadino sia correttamente informato e in grado di fornire un contributo qualificato. In altre parole, bisogna puntare sul suo empowerment. E, in questo senso, la comunicazione deve fare da ponte per la conoscenza, contribuendo a creare una vera e propria cultura della salute e delle ricerca. “Il nostro Paese non avrebbe conosciuto il fenomeno Stamina – ha detto Pecorelli – se avesse avuto una forte coscienza del valore della ricerca scientifica, che è una delle espressioni più importanti della libertà dell’uomo”.

Ma se la scienza produce conoscenza, la tecnologica fornisce gli strumenti per condividere, incrociare e integrare le informazioni, con straordinari potenziali utilizzi, tanto nella ricerca scientifica quanto nella pratica clinica. “In Europa abbiamo a disposizione trilioni di dati sulle persone affette da malattia che, se utilizzati, potrebbero aiutarci a risolvere molti problemi di salute e ottimizzare le strategie di prevenzione – ha detto Pecorelli – Un esempio: l’AIFA ogni anno immette nel suo database 700 milioni di ricette. Confrontando questi dati con le schede di dimissione ospedaliera fornite dall’Agenas, si è visto che il 40% dei pazienti a cui era stato prescritto un anti-ipertensivo e che non avevano continuato ad assumere il farmaco dopo la prima prescrizione è stato ammesso in ospedale per un episodio di ipertensione probabilmente dovuto alla mancata assunzione dei farmaci. Prevenzione, in questo senso, presuppone gestione dei dati e delle informazioni, aumento delle conoscenze e capacità di comunicarle a tutti gli interessati”.

07 luglio 2014
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