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Invecchiamento. Individuato da biologi Usa il gene che potrebbe rallentarlo

di Viola Rita

Il gene AMPK, attivato nel cervello o nell’intestino dei moscerini della frutta, ha rallentato il loro invecchiamento. Come? Aumentando l’autofagia, un processo che elimina componenti cellulari vecchi o danneggiati. Con potenziali applicazioni per l’uomo per lo studio di malattie dell’età, tra cui Alzheimer, cancro, ictus, malattie cardiovascolari e diabete. Lo studio* su Cell Reports

29 SET - Un gene, l’AMPK, potrebbe rallentare il processo di invecchiamento di alcuni organi chiave, quali il cervello o l’intestino, contribuendo a fornire prospettive di studio per alcune malattie legate all’età, come l’Alzheimer, il cancro, l’ictus, le malattie cardiovascolari e il diabete. Ad affermarlo è un gruppo di ricercatori statunitensi, della University of California (Los Angeles), che ha osservato un aumento del 30% della durata della vita dei moscerini della frutta, attivando nell’intestino di questi animali il gene AMPK. Lo studio è pubblicato su Cell Reports.
 
Nel corso dello studio, i ricercatori hanno preso in considerazione circa 100mila esemplari di moscerini della frutta (Drosophila melanogaster), un buon modello animale per studiare l’invecchiamento nell’uomo, secondo gli esperti, dato che gli scienziati hanno identificato tutti i geni di questi animali e sanno come ‘accenderli’ o ‘spegnerli’.
Il gene AMPK è un sensore di energia ‘chiave’ per la cellula. Aumentando la quantità di questo gene nell’intestino degli animali, i biologi hanno osservato un aumento del 30% della durata della loro vita. “Abbiamo mostrato che quando attiviamo il gene nell’intestino o nel sistema nervoso, osserviamo che il processo di invecchiamento rallenta non solo nell’organo in cui viene attivato”, ha spiegato David Walker, Professore Associato di Integrative biology e Physiology all’UCLA e senior author di ricerca.
Secondo gli esperti, lo studio suggerisce che attivando l'AMPK in un organo più accessibile, come ad esempio l'intestino, il risultato potrebbe essere quello di rallentare il processo di invecchiamento in tutto il corpo, compreso il cervello.
Walker, infatti, ha affermato che si tratta di un risultato importante perché, allungando la vita in salute degli esseri umani, probabilmente potremmo proteggere numerosi organi dai danni dell'invecchiamento; ma allo stesso tempo sottolinea che potrebbe dimostrarsi tecnicamente difficile inviare questo genere di trattamento anti-invecchiamento nel cervello o in altri organi cruciali.
 
Il meccanismo su cui i biologi hanno posto la loro attenzione è l’autofagia, un processo che permette alle cellule di degradare ed eliminare i componenti vecchi o danneggiati: in questo modo, le cellule gettano la ‘spazzatura’ prima che quest’ultima possa danneggiarle. Ma come è legato il gene AMPK all’autofagia? In precedenza, è stato dimostrato che il gene AMPK attiva questo processo.
Matthew Ulgherait, che ha guidato la ricerca, ha studiato se il gene in questione possa aumentare il tasso di autofagia rispetto allo standard.“Una scoperta davvero interessante si è avuta quando Matt ha attivato l'AMPK nel sistema nervoso, ed ha avuto la prova di un aumento dei livelli di autofagia non solo nel cervello, ma anche nell'intestino", ha spiegato il collega Walker. "E viceversa: l'attivazione dell'AMPK nell'intestino ha prodotto un aumento dei livelli di autofagia nel cervello - e forse anche in altri punti".

Molte malattie neurodegenerative, comprese l'Alzheimer e il Parkinson, sono associate all'accumulo di aggregati proteici, un tipo di ‘rifiuti’ cellulari, nel cervello, conferma Walker."Matt è andato oltre la correlazione e ha stabilito la causalità", continua Walker. "Ha dimostrato che l'attivazione dell'autofagia era una condizione sia necessaria che sufficiente per osservare gli effetti anti-invecchiamento; così potrebbe bypassare l'AMPK e puntare direttamente all'autofagia".

Walker ha aggiunto che si pensa che l'AMPK sia un obiettivo chiave della metformina, un farmaco utilizzato per trattare il diabete di tipo 2, e che la metformina attivi l'AMPK.
Lo studio è stato finanziato da the National Institutes of Health's National Institute on Aging; Ulgherait ha ricevuto finanziamento da L. Kirschstein National Research Service Award e da Eureka and Hyde fellowships from the UCLA department of integrative biology and physiology.
 
Viola Rita

 
* Matthew Ulgherait et al., AMPK Modulates Tissue and Organismal Aging in a Non-Cell-Autonomous Manner, Cell Reports, September 2014, DOI: http://dx.doi.org/10.1016/j.celrep.2014.08.006

29 settembre 2014
© Riproduzione riservata

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