Combattere l’Ebola a colpi di antropologia
di Maria Rita Montebelli
La battaglia contro questa virosi mortale non può prescindere dal contenimento delle cause dell’infezione laddove si è sviluppata. Sotto accusa, la caccia e il consumo di carne di pipistrello. Una ricerca inglese ha cercato di valutare la percezione del rischio inerente a questa pratica, in una popolazione del Ghana. Per costruire un piano di intervento mirato.
11 OTT - L’infezione da virus Ebola, al pari di altre emergenti, sarebbe scaturita dall’interazione dell’uomo con gli animali selvatici. Sotto accusa in particolare è il consumo della cosiddetta ‘
bushmeat’, la carne di animali selvatici di alcune regioni africane. Un
team di ricercatori dell’Università di Cambridge e della
Zoological Society di Londra hanno intervistato circa seicento persone di una regione del Ghana, per capire cosa spinga a consumare carne di pipistrello e il grado di percezione del rischio associato a tale pratica. La ricerca è stata pubblicata su
EcoHealth.
La fonte del contagio sarebbe il pipistrello della frutta paglierino (
Eidolon helvum) un grosso animale diffusamente consumato in Ghana, anche se potenzialmente portatore di zoonosi, cioè di malattie trasmissibili dagli animali all’uomo. Andare a caccia di questi animali, macellarne la carni e consumarle espone al rischio di contagio e i pipistrelli, tra tutti gli animali del bush, sono quelli che albergano il maggior numero di virus zoonotici.
Per capire chi siano i consumatori di queste carni e la loro percezione del rischio i ricercatori inglesi hanno intervistato circa 600 persone tra cacciatori, venditori e consumatori di carne di pipistrello. I cacciatori utilizzano vari metodi per catturare i pipistrelli, dalle armi da fuoco, alle reti; tutti indistintamente vengono a contatto con il sangue dei pipistrelli o sono morsi o graffiati dagli animali. Nessun cacciatore usa alcun mezzo di protezione , quali i guanti.
I pipistrelli vengono cucinati in vari modi; più spesso sono affumicati e usati nelle zuppe. È considerato dai cacciatori un cibo ordinario e una buona fonte di proteine; dalla gente di città, una leccornia, come testimoniano anche gli alti prezzi di mercato. Ma in questa nazione il consumo della carne di pipistrello non è associata a credenze religiose o a pratiche sciamaniche.
In generale i cacciatori sono maschi e le venditrici femmine e questo potrebbe comportare un diverso rischio di genere nel contrarre le zoonosi veicolate da questi animali. La gente che vive in città e quella più acculturata, difficilmente prende parte alla caccia al pipistrello; ma nelle famiglie benestanti è più frequente il consumo di questa leccornia locale.
Alla domanda se l’introduzione dei divieti di caccia e relative multe fosse un provvedimento sufficiente a far desistere la gente dalla caccia al pipistrello, gli intervistati hanno risposto in modo negativo perché vendere carne di pipistrello rimane una buona fonte di reddito e comunque pochi cacciatori sembrano al corrente dei divieti di caccia esistenti in Ghana. Un maggior deterrente sembra essere l’informazione su possibili rischi per la salute e questo sì, potrebbe motivare la gente a desistere da queste pratiche.
“Comprendere sia i fattori di rischio reali che quelli percepiti è vitale – afferma il professor
James Wood, direttore del programma di ricerca dell’Università di Cambridge – qualora dovesse verificarsi una zoonosi veicolata dai pipistrelli in Ghana, queste informazioni si rivelerebbero preziose nell’ andare a target sui gruppi a maggior rischio e nel pianificare delle misure di controllo della malattia”.
Purtroppo potrebbe non essere facile minimizzare i rischio di una zoonosi veicolata dai pipistrelli. La caccia ai pipistrelli è infatti un’occupazione stagionale, che può essere intrapresa in qualsiasi momento, a piacere; al contrario, allevare degli animali domestici - una possibile alternativa - richiede dedizione e impegno giornaliero per tutto l’anno.
“Le multe non serviranno comunque a molto – sostiene il dottor
Marcus Rowcliffe della
Zoological Society - Più importante, per dissuadere la popolazione da queste pratiche, sembra il ruolo dell’informazione sul rischio inerente al consumo di queste carni ma anche sul ruolo svolto dai pipistrelli nell’impollinazione e nella dispersione dei semi. Lavorare con le comunità locali, al fine di proporre loro delle soluzioni efficaci e sostenibili in linea con i loro bisogni economici, deve rappresentare un impegno a lungo termine”.
Maria Rita Montebelli
11 ottobre 2014
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