Ebola. Un vaccino già da gennaio?
di Maria Rita Montebelli
Il primo vaccino anti-Ebola potrebbe arrivare già a inizio 2015. E ci sono anche altre buone notizie: i Paesi dell’Africa Orientale continuano la lotta contro l’epidemia, vinta dalla Nigeria, le infermiere contagiate dal virus migliorano e quella spagnola viene dichiarata guarita. Ma i ‘preppers’ americani non si fidano e continuano a prepararsi al peggio
22 OTT - Continua la serie di buone notizie su Ebola. Dopo la guarigione dell’infermiera spagnola e del
cameraman americano della NBC evacuato dalla Liberia, il miglioramento delle condizioni di Nina Pham, la prima infermiera contagiata al ‘Presby’ di Dallas e l’annuncio della Nigeria ‘
Ebola-free’, arriva la notizia che la Johnson & Johnson sta lavorando al suo vaccino anti-Ebola, per renderlo disponibile già dal prossimo gennaio. A darne notizia è il
Wall Street Journal, che rivela anche che l’azienda potrebbe approntare 250 mila dosi di questo vaccino per maggio e un milione di dosi per fine 2015, sempre che le autorità sanitarie diano il via libera alla sua distribuzione.
Il vaccino della J&J è sviluppato in collaborazione con l’azienda
biotech danese Bavarian Nordic ed è stato messo a punto in collaborazione con i
National Institutes of Health americani. Al momento non è ancora disponibile alcun vaccino anti-Ebola. Quelli della Glaxo Smith Kline e la New Link Genetics sono infatti ancora in fase sperimentale precoce.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità auspica che già dal mese di gennaio possano essere sottoposti a vaccinazione decina di migliaia di persone nei Paesi dell’Africa Orientale, compresi naturalmente gli operatori sanitari impegnati in queste zone.
La J&J, che ha semplificato e ricevuto il
fast track dopo l’epidemia di Ebola in corso in Africa, testerà dunque il suo vaccino per
safety e risposta immunitaria su volontari sani in Europa, Usa e Africa all’inizio del prossimo anno. L’azienda ha anche annunciato che investirà altri 200 milioni di dollari per accelerare il programma. Inizialmente la J&J stava lavorando ad un vaccino contro i ceppi di Ebola dello Zaire e del Sudan, oltre che contro il virus Marburg. Il vaccino attualmente in sviluppo è diretto solo contro il ceppo Zaire dell’Ebola. I test sui macachi hanno dato buoni risultati; per questo i responsabili dell’azienda sperano di poterne replicare i risultati sull’uomo. Il vettore usato in questo vaccino è un adenovirus, il comune virus del raffreddore.
Intanto l’America si trova a fare i conti anche e soprattutto con il panico, scatenato dai recenti contagi presso il
Presbyterian Hospital di Dallas. Li chiamo i ‘
preppers’ e sono le persone che cercano di ‘preparsi’ - a modo loro - a fronteggiare un’eventuale epidemia in patria. C’è chi fa incetta di acqua e alimenti a lunga conservazione (surgelati o essiccati), chi disegna strategie da ‘
day after’ e chi si addestra con corsi di sopravvivenza a fronteggiare l’incombente calamità naturale.
E non mancano gli ‘storici’ del caso, quelli che si preparano a migrare tra i boschi, ispirandosi ai reali inglesi del ‘600 che, per sfuggire alla Grande Peste di Londra (1665-66), si rifugiarono appunto in campagna.
Secondo quanto riferito dalla Reuters, che ha intervistato in proposito un antropologo della
University of Southern Illinois, esperto in ‘
preppers’, il loro numero negli Usa sarebbe nell’ordine di qualche centinaia di migliaia. I ‘
preppers’ americani sono una categoria antropologica emersa negli anni della Guerra Fredda.
Vale giusto la pena ricordare che tutto questo allarme è stato scatenato dai 3 casi di Ebola, diagnosticati negli USA, a partire dallo scorso settembre. Casi sicuramente dovuti a leggerezze imperdonabili e a ‘buchi’ nei protocolli di prevenzione, ma di certo nulla a vedere con quanto sta accadendo nei Paesi dell’Africa orientale, alle prese - loro sì - con una delle peggiori epidemie di Ebola della storia, tutt’altro che sotto controllo al momento.
Maria Rita Montebelli
22 ottobre 2014
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