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Generici (seconda puntata). Foresti: con i nuovi off patent risparmi per almeno 900 mln l'anno


Entro due anni scadranno i brevetti di farmaci "milionari" e per l'equivalente si aprono scenari di grande sviluppo. Con forti vantaggi per le casse della sanità pubblica. Intervista a Giorgio Foresti, presidente di Assogenerici, che disegna i nuovi scenari auspicando una inedita alleanza con le grandi multinazionali per gestire insieme le prossime scadenze brevettuali.

14 GEN - Nella prima puntata di questo nostro approfondimento sul futuro degli equivalenti abbiamo osservato i grandi spazi di mercato conquistati negli ultimi anni e anticipato la grande rivoluzione che potrebbe verificarsi a seguito della scadenza di molti brevetti milionari. Oggi, con il dottor Giorgio Foresti, presidente delle aziende produttrici degli equivalenti, la Assogenerici, cerchiamo di capire in che modo tutto ciò si ripercuoterà nel nostro Paese.
 
Dottor Foresti, visti i dati degli ultimi due anni possiamo dire che anche l'Italia è "generica"?
Non c' è dubbio che le prospettive del mercato dei generici in Italia sono interessantissime: certamente con ritardo rispetto al resto d’Europa, anche nel nostro Paese il farmaco equivalente è destinato ad affermarsi e a conquistare quote di mercato crescenti. Un trend positivo anche per le aziende la cui incisività è destinata a crescere col crescere della loro forza economica.
In precedenza c’è stata “reticenza” a lavorare sui prezzi e quindi a farli calare in modo rapido, perché ne derivavano profitti troppo bassi. Adesso, con l’aumento dei volumi, dovuto alla scadenza brevettuale di molecole che occupano posti di rilievo, avremo più spazio per operare sulla marginalità e, di conseguenza, per agire sulla leva del prezzo.
L’espansione del nostro mercato è inevitabile: le grandi aziende italiane che hanno avuto in mano il mercato del farmaco dell’off patent, in questa nuova situazione saranno costrette a rivedere le loro politiche. Non sarà più conveniente sostenere in modo intensivo – com’è stato fatto negli ultimi due anni – la promozione medico-scientifica sul medico che dovrà essere giocoforza ridotta.

E i medici, le sembra che il loro atteggiamento verso gli equivalenti stia cambiando?
La classe medica subirà una maggiore pressione da parte delle Regioni che spingeranno per un sempre più ampio ricorso al generico e all’off patent. Non c’è dubbio, poi, che tutte le manovre governative destinate al contenimento della spesa farmaceutica non potranno fare a meno di ampliare ancora lo spazio destinato ai generici.
A questo proposito, anche se si tratta di stime assolutamente approssimative, è bene sapere che la scadenza dei brevetti di molecole importanti (statine, sartani ecc.) potrebbe consentire nell’arco dei prossimi tre anni un risparmio calcolabiole attorno ai 900 milioni di euro. Forse anche qualcosa in più.
Certo si tratta di previsioni e su queste giocano un ruolo preminente molte variabili: si pensi alle negoziazioni con l’Aifa oppure al momento in cui il farmaco generico può diventare effettivamente disponibile sul mercato dopo la scadenza del brevetto.

Allora dottor Foresti, siete pronti a gestire tutte queste molecole milionarie?
Potrebbe essere venuto il momento – che ho personalmente auspicato, restando però inascoltato, da moltissimo tempo – di avviare un sistema di accordi con le grandi aziende multinazionali. Modelli simili sono stati adottati in modo davvero lungimirante, in molti altri Paesi come gli Usa, la Gran Bretagna, la Germania, nei quali il generico occupa un posto di rilievo del mercato farmaceutico. Ovviamente si tratta di accordi che non devono andare a scapito del servizio sanitario, magari prolungando i brevetti o le scadenze e finendo così col far pagare di più allo Stato. Si tratta piuttosto di lasciar spazio a metodi che, alla scadenza del brevetto, consentano di conservare i volumi: decidere insieme cioè, quando e come lanciare il generico, magari dando vita a partnership con gli stessi detentori del brevetto scaduto.
È un futuro davvero auspicabile. Anche perché a mio avviso va recuperata una “cultura del prodotto” che rispetti il valore della produzione e del contenuto del prodotto stesso. Negli ultimi anni, invece, il pensiero preminente era quello del risultato industriale: non si programma più in termini di quanto si guadagnasse producendo, ma piuttosto in termini di “quanto guadagno nel vendere”. E così, alla fine, si finisce col perdere di vista la qualità del prodotto".

14 gennaio 2011
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