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Trattamento endovascolare dell’aneurisma dell’aorta addominale. Presentati i risultati dello studio Innovation

di Manuela Biello

Condotta in Italia e in Germania, la ricerca ha coinvolto 25 pazienti tedeschi e 35 italiani. A 2 anni di distanza, il dispositivo, ha mostrato buoni profili di efficacia e sicurezza, senza incidenze di rigonfiamento dell’aneurisma o eventi avversi maggiori riconducibilli al dispositivo, assenza di migrazioni delle endoprotesi e nessuna rottura degli stent

02 NOV - Presentati a Milano, in occasione di un media tutorial per la stampa, i risultati dello studio Innovation. Si tratta di uno studio multicentrico, prospettico, non randomizzato aperto, realizzato per valutare, in prima analisi, il profilo di sicurezza e le prestazioni di un sistema di endoprotesi utilizzato nel trattamento endovascolare dell’aneurisma dell’aorta addominale (AAA). Condotta in Italia e in Germania, la ricerca ha coinvolto 25 pazienti tedeschi e 35 italiani affetti da AAA, reclutati questi ultimi presso i centri di eccellenza della chirurgia vascolare dell’IRCSS San Raffaele di Milano, della AO Careggi di Firenze e dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, sotto le leadership rispettivamente di Roberto Chiesa, Carlo Pratesi e Gioachino Coppi.

Superati con risultati eccellenti gli end points primari: a due anni di distanza, il dispositivo, messo a punto dall’azienda Cordis, leader dell’innovazione nel settore vascolare ed interventistico, ha mostrato buoni profili di efficacia e sicurezza, senza incidenze di rigonfiamento dell’aneurisma o eventi avversi maggiori riconducibilli al dispositivo, assenza di migrazioni delle endoprotesi e nessuna rottura degli stent.

“Il dispositivo utilizzato nello studio offre una valida alternativa terapeutica alla classica chirurgia, per tutti quei casi in cui le cui condizioni di salute del paziente non consentono di operare a cielo aperto”- sostiene Roberto Chiesa.
“Fino a 20 anni fa , l’unica opzione terapeutica proponibile ai soggetti affetti da aneurisma dell’aorta addominale era rappresentata dall’intervento chirurgico classico di aneurismectomia e innesto protesico – spiega Gioachino Coppi – oggi è invece possibile utilizzare la tecnica chirurgica endovascolare mininvasiva, anche in anestesia locale, grazie proprio alla messa a punto di protesi sempre più avanzate, in grado di adattarsi alle caratteristiche anatomiche di ogni paziente”.
La procedura di riparazione dell’aneurisma endovascolare (EVAR) prevede, mediante accesso percutaneo, l’introduzione di cateteri che, guidati a livello dell’aorta addominale, nel punto in cui è presente l’aneurisma, rilasciano uno stent. L’apertura dello stent crea un nuovo varco attraverso il quale il flusso ematico è incanalato, evitando così di riempire, e quindi pressurizzare, l’aneurisma, scongiurandone il rischio di rottura.

I dispositivi EVAR tradizionalmente disponibili, spesso non consentono, a causa delle loro dimensioni o della scarsa flessibiltà, l’accesso al sito di intervento. Questo è vero, soprattutto per quei pazienti con anatomie tortuose dei vasi sanguigni- spiega Carlo Pratesi.
I nuovi dispositivi, utilizzati nel corso dello studio INNOVATIVE, offrono invece una maggiore flessibilità, grazie ad un rivestimento idrofilico, ed una migliore navigabilità a livello dei vasi, consentendo di praticare interventi di tipo “sartoriali”, cuciti su misura, rispettando le anatomie e le tortuosità vascolari dei singoli casi.
Intervenire tempestivamente , prima cioè che possa avvenire la rottura dell’aneurisma, è di fondamentale importanza. A parlare sono i numeri: la morte provocata dalla rottura improvvisa dell’aneurisma dell’aorta addominale sopraggiunge in 8 pazienti su 10, o perché non si riesce ad intervenire chirurgicamente o per l’insorgenza di complicanze post- intervento.
Invece l’individuazione della malformazione e la programmazione di un intervento pre-rottura, è associato ad una mortalità inferiore al 3%. Questo è il motivo per cui la patologia va diagnosticata precocemente e l’intervento chirurgico pianificato prima che il rischio di rottura divenga elevato.
 
Al mondo, si stima siano 24 milioni le persone affette, 84.000 solo in Italia, con una significativa prevalenza nel sesso maschile (il rapporto uomini/ donne è di 5:1). È evidente quindi che si tratta di una condizione largamente diffusa, il cui decorso generalmente asintomatico, ne ritarda la diagnosi.
“Eppure, dichiara Gioachino Coppi, per i soggetti potenzialmente a rischio (uomini, fumatori, over 65, con familiarità per l’AAA- ndr) basterebbe semplicemente effettuare una volta all’anno una ecografia dell’addome”.
Una volta individuato il problema, l’unica strada percorribile è rappresentata dall’intervento chirurgico. Studi sulle patologie dell’aorta, come quello presentato, sono di fondamentale importanza poiché, per l’innalzamento della vita media, l’impatto prognostico di queste malattie sulla popolazione è destinato sempre più ad aumentare. “Il rapporto costo/beneficio di una ricerca finalizzata al loro trattamento risulta quindi estremamente favorevole”- conclude Roberto Chiesa.


Manuela Biello 

02 novembre 2014
© Riproduzione riservata

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