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Cervello. Svelato il perchè si adatta così bene a nuove situazioni 

di Viola Rita

Uno studio sull'uomo ha dimostrato che la comunicazione tra le cellule nel sistema nervoso è più complessa rispetto a quello che si pensava e che fino ad oggi è stato osservato in laboratorio su topi: per questo probabilmente ci adattiamo e impariamo più velocemente di questi animali. La ‘chiave’ nella mielina. La ricerca su Cell

06 NOV - La capacità del cervello di adattarsi a nuove situazioni, cioè la ‘plasticità’ cerebrale, potrebbe funzionare in maniera diversa e più complessa rispetto a quanto si pensava finora. Ad affermarlo, è uno studio sul cervello umano, condotto dal  Karolinska Institutet in Svezia. I risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista Cell.
L’interazione e la capacità di adattarsi del cervello reagendo a nuovi impulsi provenienti dall’ambiente e venendo modellato in base a queste richieste, ‘imposte’ dall'esterno, è quello che si chiama plasticità cerebrale.
 
In questo processo, i ricercatori hanno scoperto che il meccanismo di comunicazione tra una cellula e l’altra all’interno del sistema nervoso umano è più sofisticato rispetto a quello osservato nel modello di topo, finora studiato in laboratorio. Secondo i risultati, la chiave di questa differenza è nel funzionamento degli oligodendrociti, cellule che rivestono i prolungamenti dei neuroni – ovvero gli assoni - nel sistema nervoso centrale e che hanno un ruolo importante nella comunicazione cellulare. Gli oligodendrociti, inoltre, compongono la mielina, una ‘guaina’ delle cellule nervose che, un po’ come se fosse un vestito impermeabile, isola tali cellule mediante uno strato sottile.
In generale, le cellule nervose hanno un ruolo fondamentale nel modo in cui immagazziniamo nuove conoscenze legate a nuove situazioni, ed è importante che l’impulso nervoso viaggi alla giusta velocità: si tratta di un processo in cui la mielina rappresenta un elemento centrale, dato che velocizza questo segnale e migliora il funzionamento di tale meccanismo.
 
Studi precedenti su topo avevano mostrato che quando le cellule nervose avevano bisogno di una quantità maggiore di mielina, gli oligodendrociti ‘vecchi’ venivano sostituiti dai nuovi. Gli scienziati, dunque, avevano assunto che lo stesso potesse accadere anche nell’uomo, oltre che nell’animale: invece non sembra così, in base a quanto suggerisce il risultato dello studio odierno. Nell’uomo, la produzione di oligodendrociti è molto ridotta ma, nonostante ciò, la generazione della mielina può essere modulata e aumentata, se necessario, mediante meccanismi diversi; al contrario, nel modello murino, questa rigenerazione avviene soltanto attraverso la sostituzione degli oligodendrociti.
 
I ricercatori hanno preso in considerazione 55 persone decedute di età compresa tra meno di uno e 92 anni. Il risultato è emerso dalla datazione del carbonio nelle cellule degli individui deceduti presi in considerazione dallo studio. I ricercatori, infatti, riferiscono che i livelli degli isotopi del carbonio 14, aumentati in maniera netta durante i test delle armi nucleari nella Guerra Fredda, forniscono un indicazione per datare le cellule.
 
In base a questa indagine, alla nascita dell’individuo gli oligodendrociti risultavano immaturi, raggiungendo la maturità nella maggior parte dei casi verso i cinque anni di età nel bambino. In età superiore ai cinque anni, il ricambio di queste cellule risulta piuttosto basso con un tasso di sostituzione di una su 300 (meno dell’1%): ciò significa che la maggior parte di oligodendrociti non verrà mai sostituita nel corso dell’intera vita dell’individuo. In altre parole, senza sostituire gli oligodendrociti, il cervello umano riesce a modulare la mielina, attraverso meccanismi ancora da approfondire; al contrario, nell'animale (topo e ratto), tale modulazione avviene solo attraverso tale sostituzione: una predisposizione, questa, propria del cervello umano e assente nel modello murino.
 
“Siamo rimasti sorpresi da questa scoperta", ha affermato Jonas Frisén, PhD, professore di Stem Cell Research presso il Dipartimento di Biologia Cellulare e Molecolare al Karolinska Institutet. "Negli esseri umani, gli oligodendrociti esistenti modulano la produzione di mielina, invece di sostituire le cellule come avviene nei topi. Probabilmente proprio per questo ci è possibile adattarci e imparare più velocemente. La produzione di mielina è di vitale importanza in diverse patologie neurologiche come la Sclerosi Multipla. Ora possediamo nuove conoscenze di base per lavorarci”.

Viola Rita
 
*Maggie S.Y. Yeung et al., Dynamics of oligodendrocyte generation and myelination in the human brain',  Cell, online 6 Novembre 2014.

06 novembre 2014
© Riproduzione riservata

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