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Cancro e medicine complementari. Laffranchi (Ist. Tumori): "Il 50% dei pazienti vi ricorre per combattere gli effetti collaterali"

di Edoardo Stucchi

Ma la ricerca di un medico “adiuvante” è sempre problematica. Pochissime strutture sanitarie dispongono, infatti, di ambulatori per le medicine complementari. Fanno scuola Lombardia, Toscana, Alto Adige. Se ne è discusso nei giorni scorsi al convegno sui “percorsi d’acqua” organizzato dal polo fieristico di Erba. Un convegno a Milano.

17 NOV - I dati sono significativi. Almeno a senitire le statistiche di MeTeCo, il comitato per le medicine complementari in oncologia nato all'interno dell'Istituto tumori di Milano. Un paziente oncologico su due farebbe infatti ricorso alla medicina "non ufficiale" per combattere soprattutto i sintomi delle malattia. Ma la ricerca di un medico “adiuvante” è sempre problematica e spesso capita che l’operatore non sia sufficientemente preparato a trattare malati in cura oncologica. Pochissimi ospedali o strutture sanitarie dispongono, infatti, di ambulatori per le medicine complementari. Fanno scuola Lombardia, Toscana, Alto Adige dove a pagamento o con ticket si possono avere trattamenti di fitoterapia, agopuntura, shiatsu o applicazioni di onde elettromagnetiche. La presenza di un ambulatorio pubblico di medicine complementari in collegamento con i grandi centri di cura potrebbe garantire una migliore attenzione ai malati, agli effetti iatrogeni e valutare meglio le risposte della medicina complementare. 
 
E’ quanto si è discusso nei giorni scorsi al convegno sui “percorsi d’acqua” organizzato dal polo fieristico di Erba, in collaborazione con la regione Lombardia e l’Istituto dei tumori di Milano che, attraverso l’attività del Comitato per le medicine comportamentali in oncologia (Me.Te.C.O), sostiene la diffusione di procedure “integrate” che possono risolvere gli effetti collaterali della cura convenzionale, ma anche migliorare l’efficacia dei farmaci chemioterapici o della radioterapia.

Perché “percorsi d’acqua”. L’evento, alla sua prima edizione, si prefigge lo scopo di raccontare l’acqua nelle sue molteplici funzioni e aree d’impiego, da fonte di energia a risorsa per l’agricoltura, da ingrediente imprescindibile di una cucina sana ad alleata dello sport, del tempo libero, del benessere fisico e spirituale. All’interno di questo programma che ha coinvolto scuole e famiglie con attività di formazione e interattive, per tre giorni, la Fondazione IRCCS Istituto tumori di Milano ha introdotto il convegno a carattere scientifico “L’acqua e l’ambiente nella prevenzione oncologica”, incentrato sul ruolo della fitoterapia e altro nella cura dei tumori. In due giorni di incontri, fisici, medici, ricercatori e studiosi hanno discusso di come l’acqua, l’ambiente e l’alimentazione possono stare a pieno titolo nella prevenzione delle patologie degenerative e tumorali.

Oltre all’impiego della fitoterapia, ossia l’impiego a scopo curativo delle piante medicinali, si è parlato anche dell’uso di soluzioni acquose per la detersione delle lesioni mucose e cutanee, campi elettromagnetici, agopuntura e shiatsu, con spazio anche sull’uso terapeutico delle acque termali, dei suoi impieghi nelle religioni, in fitoterapia e omeopatia. “L'utilizzo di terapie complementari da parte dei pazienti oncologici, pur con i loro limiti risulta essere molto frequente: le nostre valutazioni statistiche indicano una percentuale vicina al 50%. Questo non vuol dire che si vuole sostituire la cura con altri sistemi – ha detto Alberto Laffranchi, medico specialista in radiodiagnostica e radioterapia all’Istituto dei tumori di Milano e coordinatore di Meteco - ma offrire l’opportunità di vivere in modo migliore attraverso suggerimenti e dimostrazioni concrete su stili di vita più regolari, un’alimentazione più sana e cure 'dolci' che tengano conto dell’equilibrio tra corpo e mente, in particolare per i malati di cancro che sempre più avvertono la necessità di un approccio olistico, in grado di curare la persona nella sua globalità e non soltanto la malattia fisica. Un approccio, che speriamo sia accolto dalle Istituzioni sanitarie, per sostenere le cure oncologiche convenzionali (chirurgia, chemioterapia e radioterapia) e che contribuisca efficacemente al miglioramento della qualità di vita dei malati". 

Gli fa eco Massimo Bonucci, oncologo romano, che insiste sulla definizione di “medicina integrata” perché l’uso di determinate sostanze aumenta la risposta delle terapie classiche e riduce gli effetti collaterali, permettendo al medico oncologo o radiologo di non interrompere la terapia. “Ciò che da noi è alternativo – ha spiegato in una recente intervista Bonucci- in Germania e Francia è complementare, in Cina e Giappone è medicina ufficiale”. Per fare qualche esempio, l’agopuntura riduce del 75% i sintomi di nausea e vomito; per le mucositi in bocca nei bambini, miele e propoli riducono il fastidio del 40%. L’alimentazione è un altro fattore importante e la dieta deve privilegiare i cibi semplici. Ma ci sono anche cibi da evitare come il pompelmo che agisce a livello epatico sull’efficacia della chemioterapia, così pure l’aglio. Vanno preferiti, invece, verdure come broccoli, spezie come curcuma, il the verde, le cipolle, l’insalata a foglia larga. Complessivamente l’alimentazione incide sui benefici delle cure oncologiche per il 35%. “Non vogliamo creare percorsi paralleli – dice Bonucci - ma aumentare la risposta delle terapie cliniche e ridurre gli effetti collaterali. E con le sostanze naturali c’è questa possibilità”.

Che l’alimentazione sia un tassello importante della salute quotidiana dell’individuo sano e ancora di più per l’individuo malato, l’ha confermato il professor Franco Berrino, consulente per la malattia predittiva e per la prevenzione della Fondazione IRCCS Istituto tumori di Milano, il quale nell’ambito dei “Percorsi d’acqua” ha tenuto incontri con i ragazzi delle scuole per una cucina sana. La sua idea di salute, avvalorata da studi scientifici, è che la nostra dieta è troppo ricca di zucchero, sale e grassi, elementi che contribuiscono a favorire la sindrome metabolica, una condizione a rischio di sviluppare più facilmente diabete, infarto, malattie croniche degenerative come Alzheimer, cataratta, artrite reumatoide, calcoli, fegato grasso e una certa fascia di tumori come cancro alla mammella, cancro alla prostata e all’intestino. I parametri indicatori della malattia sono girovita (sopra i cento cm.per uomini e 85 per le donne) , glicemia alta, trigliceridi alti, HDL basso, ipertensione. Tre di questi parametri indicano la presenza di sindrome metabolica. A questo proposito l’Unità di oncologia predittiva diretta da Berrino ha avviato, con finanziamento della Comunità europea, uno progetto di studio chiamato “Mememe” per verificare quanto la sindrome metabolica sia correlata alle malattie sopra indicate. Occorreranno 2.000 pazienti sani, ma che abbiamo tre dei cinque parametri a rischio per la sindrome metabolica, per avviare lo studio che prevede corsi di cucina, attività fisica e assunzione di un farmaco (metformina) in doppio cieco per 5 anni. Il farmaco in questione, infatti, si è rivelato “protettivo” per certe malattie. Chi fosse interessato può telefonare al numero 02.23902868 dell’Istituto dei tumori di Milano. 

Una parte di questo convegno è stata dedicata alle fisica come supporto all’oncologia, utilizzando campi elettromagnetici ultradeboli di risonanza ciclotronica, la cui intensità di campo è pari al campo elettromagnetico terrestre. L’applicazione di campi elettromagnetici ultradeboli permette alle cellule del corpo umano di recuperare elementi fondamentali per la salvaguardia della loro funzione, poiché, come noto, il tumore e la relativa chemioterapia abbassano le difese del sistema immunitario. Il paziente, in queste condizioni ambientali, viene esposto ulteriormente ad attacchi batterici e virali, spesso fatali. Ma in cosa consiste questa terapia? Ne abbiamo parlato con Piergiorgio Spaggiari, fisico e medico che ha conseguito laurea honoris causa al Medical State University di Odessa in medicina quantistica e che ha presieduto e moderato la prima giornata del convegno di Erba. “E’ ormai dimostrato che le cellule ubbidiscono a variazioni di campo elettromagnetico (l’esempio più eclatante è l’impiego della risonanza magnetica nucleare in ambito diagnostico) – spiega l’esperto -. Se noi infatti immergiamo il paziente e quindi le sue cellule in un campo magnetico permanente di bassa intensità, pari al campo magnetico terrestre, e aggiungiamo un campo magnetico variabile le cui frequenze sono pari alle frequenze degli ioni che le cellule perdono, le cellule riescono a recuperare questi ioni in quanto soggette ad una forza generata dalla somma dei due campi. Purtroppo queste terapie non sono ancora sufficientemente conosciute ed applicate all’interno di strutture pubbliche ad eccezione di alcune. Nel nostro Paese sono comunque usufruibili in molti centri privati, in tutto il territorio nazionale, come del resto molte delle terapie complementari descritte”. 

La diffusione di queste nuove conoscenze ci permettono di analizzare non più soltanto aspetti biochimici del corpo umano, ma anche aspetti biofisici. “Infatti – conclude Spaggiari - l’acqua presente nell’organismo rappresenta il 70% in peso del corpo, ma se noi volessimo contare il numero delle molecole presenti nel corpo umano, l’acqua rappresenta il 99%. Questa composizione del corpo umano ci consente di ridare all’organismo la capacità elettromagnetica di cui hanno bisogno le cellule per mantenere la loro energia primaria”. 
Ecco, allora,che la biofisica rappresenterà il futuro degli sviluppi della medicina. 

Edoardo Stucchi 

17 novembre 2014
© Riproduzione riservata

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