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Artrosi. Farmaci iniettati con microcapsule per curare le cartilagini “distrutte”

di Maria Rita Montebelli

E' un capolavoro di bioingegneria messo a punto a Londra. Microcapsule di appena 2 micron di diametro, fatte a strati come una ‘cipolla’ e contenenti peptide natriuretico C. Saranno iniettate direttamente nelle articolazioni per ‘spegnere’ l’infiammazione e permettere ai condrociti di riparare la cartilagine

22 GEN - Per ora è solo un virtuosismo di bioingegneria, realizzato dai ricercatori della Queen Mary University di Londra (QMUL), in collaborazione con università russe e malesi. Ma in un futuro non troppo lontano potrebbe rappresentare una valida strategia per ricostituire le cartilagini articolari distrutte dall’artrosi.
 
L’innovativo trattamento si basa sul peptide natriuretico atriale C (CNP), una proteina prodotta normalmente dal nostro organismo. Il CNP esercita infatti un potente effetto anti-infiammatorio sui condrociti, le cellule che ‘fabbricano’ la cartilagine e che hanno le potenzialità per ripararla nelle articolazioni devastate dall’artrosi.
 
Fino ad oggi non è stato tuttavia possibile utilizzare il CNP per trattare i pazienti affetti da patologie articolari degenerative poiché, anche se iniettato direttamente nell’articolazione, non è in grado di arrivare alle aree danneggiate, in quanto viene rapidamente degradato prima.
 
Per ovviare a questo inconveniente e aumentare la ‘vita’ del CNP, così da consentirgli di arrivare al suo target, i bioingegneri inglesi hanno realizzato delle microcapsule, del diametro di appena 2 micron, fatte a strati, come una cipolla; il CNP è ‘spalmato’ su ogni singolo strato e questo ne consente un rilascio graduale e controllato, che permette al trattamento di arrivare in modo ideale al suo bersaglio.
 
Le microcapsule al CNP sono state testate in laboratorio su frammenti di cartilagine animale, in precedenza ‘infiammati’ in maniera artificiale con una citochina pro-infiammatoria, l’interleuchina-1 beta (IL-1beta). Esaminando le cartilagini in microscopia confocale, una tecnica diimaging particolare, i ricercatori inglesi hanno dimostrato che le microcapsule circondano a grappolo i condrociti, andandosi a legare ai recettori per i peptidi natriuretici di tipo 2 e 3 sulla loro superficie. In questa maniera, il CNP viene dunque rilasciato direttamente sul suo bersaglio, cioè sui condrociti infiammati, andando a spegnere l’infiammazione e inducendo la riparazione della matrice cartilaginea danneggiata.
 
Secondo gli autori dello studio questo approccio avrebbe le potenzialità di promuovere la riparazione della cartilagine in vivo. In futuro dunque, per riparare le cartilagini danneggiate dall’artrosi potrebbero essere utilizzate queste iniezioni intra-articolari di CNP in microcapsule.
 
“Questo trattamento – asserisce la dottoressa Tina Chowdhury della School of Engineering and Materials Science del QMUL, autrice della ricerca – potrebbe rallentare drasticamente la progressione dei danni indotti dall’artrosi e addirittura riparare i tessuti danneggiati. Il CNP viene attualmente impiegato in clinica per trattare altre condizioni, quali patologie scheletriche e cardiovascolari. Una volta messa a punto la formulazione iniettiva delle microcapsule di CNP, questo rappresenterà un trattamento efficace e relativamente economico, che potrà essere effettuato a casa o in ambulatorio”.
 
“Le attuali opzioni terapeutiche per l’artrosi sono assai limitate – afferma Stephen Simpson, Direttore della Ricerca presso Arthritis Research UK – Per questo, riuscire a proporre nuove soluzioni per questa condizione debilitante ed estremamente dolorosa rappresenta al momento un’importante area di ricerca. L’obiettivo non è solo quello di individuare nuovi target terapeutici, ma anche nuove e più efficaci modalità di somministrazione dei trattamenti. Disponiamo infatti di farmaci molto efficaci, che però non riusciamo a far arrivare in maniera adeguata al loro bersaglio. Questo studio rappresenta un ottimo esempio di come superare questi problemi”.
 
La ricerca pubblicata su Biomacromolecules è stata supportata da grant dell’Arthritis Research UK e dell’ AO Foundation.
 
Maria Rita Montebelli

22 gennaio 2015
© Riproduzione riservata

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