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Dall’Italia un passo avanti verso la retina artificiale


È stato messa a punto da ricercatori dell’ Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e del Politecnico di Milano un’interfaccia basata su un semiconduttore. È in grado di trasformare la luce in corrente elettrica e trasferirla al sistema nervoso. Esattamente come farebbe la retina umana.

26 GEN - Siamo ancora lontani dall’applicazione clinica, ma il dispositivo messo a punto da ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e del Politecnico di Milano potrebbe accelerare notevolmente la corsa verso la creazione di un sostituto della retina.Il dispositivo, illustrato in uno studio pubblicato su Nature Communications, è infatti in grado di riprodurre la funzione dei fotorecettori della retina (i coni e i bastoncelli): quella di captare i segnali luminosi e trasformarli in impulsi elettrici che vengono trasportati al cervello attraverso il nervo ottico.
La retina artificiale creata dal gruppo italiano consiste in un’interfaccia tra le cellule nervose e un materiale organico semiconduttore (chiamato rr-P3HT:PCBM) in grado di captare gli impulsi luminosi convertendoli in corrente elettrica. In questo modo, la stimolazione luminosa dell’interfaccia provoca l’attivazione dei neuroni, mimando il processo a cui sono deputati i fotorecettori presenti nella retina.“L’utilizzo di questo materiale organico semiconduttore è stato decisivo nel superare diversi problemi”, ha spiegato Guglielmo Lanzani del Centro di Nanoscienze e Tecnologie dell’Istituto Italiano di Tecnologia. “Il fatto di essere organico lo rende soffice, leggero e flessibile, garantendo una buona biocompatibilità ed evitando complicazioni ai tessuti circostanti. Inoltre, essendo un polimero semiconduttore, ha la capacità di trasmettere impulsi elettronici e ionici senza una grande dispersione di calore, che potrebbe causare diversi danni al sistema nel suo complesso».   
Il dispositivo, inoltre, non necessita di una sorgente elettrica esterna per funzionare, caratteristica indispensabile in vista di un eventuale utilizzo clinico.“Questo approccio – ha aggiunto Fabio Benfenati, direttore del Dipartimento di Neuroscienze e Neurotecnologie dell’Istituto Italiano di Tecnologia - rappresenta un’importante alternativa ai metodi utilizzati fino a oggi per ripristinare la capacità fotorecettiva dei neuroni. È più semplice e permette di non utilizzare la tecnica di trasferimento genico mediante vettori virali, che pone alcuni rischi. Inoltre, utilizzando il tipo di interfaccia creato dal nostro gruppo, è possibile ottenere un effetto della stimolazione luminosa estremamente localizzato, riproducendo la risoluzione spaziale della retina”.

26 gennaio 2011
© Riproduzione riservata

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