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Obesità. Due studi su oltre mezzo milione di persone svelano che vi sono associate più di 100 “parti” nel genoma

di Viola Rita

Si tratta della più ampia ricerca sul genoma mai realizzata finora. E tra le altre cose ha svelato quante sono realmente le parti (loci) nel genoma associate in qualche modo all'obesità. Fino ad ora si pensava fossero meno di un terzo di quelle effettivamente evidenziate. Ben 97 porzioni sono associate all'obesità e altre 49 alla tendenza ad accumulare adipe intorno all’addome

13 FEB - All’interno del più ampio studio sul genoma mai realizzato, un importante capitolo è dedicato all’obesità e alle patologie associate. Oggi, i ricercatori della University of Michigan Health System hanno scoperto che esistono più di 100 posizioni (loci), all’interno del genoma, collegate a caratteristiche tipiche dell’obesità, circa il triplo di quelle note finora. Sulla base di questo lavoro sono stati pubblicati* due studi sulla prestigiosa rivista Nature.

Dunque, rimarcando l'importante ruolo della dieta e dell'attività fisica nella prevenzione e nel controllo dell'obesità e delle patologie collegate, i ricercatori evidenziano che anche i geni giocano una parte, più significativa di quanto previsto fino ad oggi, nell'aumentare il rischio di obesità. 
Nel primo studio, Elizabeth Speliotes e i suoi colleghi hanno preso in considerazione più di 339mila persone, analizzando le basi genetiche dell’indice di massa corporea BMI, un parametro molto diffuso che misura l’obesità complessiva.
"Il nostro lavoro mostra in maniera chiara che la predisposizione all’obesità e ad un aumentato BMI non è dovuta ad un singolo gene o ad una mutazione genetica”, ha spiegato Speliotes, che è assistant professor di Medicina interna, Medicina computazionale e Bioinformatica alla University of Michigan Health System (M.D., Ph.D., M.P.H). “L’ampio numero di geni coinvolti rende meno probabile l’idea che un’unica soluzione per colpire l’obesità possa funzionare per tutti e apre la porta a nuovi possibili strategie con cui potremmo utilizzare gli aspetti genetici chiave per aiutarci a sconfiggere l’obesità”.
 
“Trovare i geni che aumentano il rischio di obesità è solo la fine dell’inizio”, ha aggiunto l’autore senior Ruth Loos. “La principale sfida è comprendere la funzione di queste variazioni genetiche e in che modo esse aumentano la tendenza dell’individuo ad ingrassare”.
Infatti, una volta raggiunta una maggiore comprensione di questi meccanismi, questa conoscenza potrebbe non solo spiegare perché alcune persone obese non sviluppano malattie metaboliche tipiche, come il diabete di tipo 2, ma potrebbe anche rivelare nuovi possibili modi per prevenire lo sviluppo di tali malattie in chi è già obeso. “Al momento non abbiamo modo di sapere se persone obese svilupperanno malattie metaboliche ed eventualmente quali”, prosegue Speliotes che è anche  gastroenterologo all’U-M Health System. “Prevediamo di utilizzare questi marcatori genetici per aiutare i medici a decider quail trattamenti possano funzionare meglio per mantenere in salute i pazienti”.
 
Dall’analisi del BMI è risultato che il sistema nervoso centrale gioca una parte nella tendenza ad essere obesi ed è stato evidenziato un pathway (percorso in termini biochimici) che risponde ai cambiamenti legati all’alimentazione e al digiuno
“Utilizzando nuovi metodi computazionali, abbiamo messo in luce nuovi percorsi biologici che agiscono nel cervello per regolare l’obesità complessiva, ed anche un insieme di pathway collegati alla distribuzione del grasso che modulano processi metabolici chiave”, ha spiegato l’autore senior Joel Hirschhorn.
 
Inoltre, in un secondo studio, condotto su più di 224mila persone, sono stati identificati 49 loci – ben 33 in più di quelli finora noti – associati con la misura del rapporto vita-fianchi, una stima della distribuzione di grasso nel corpo. Le persone con una circonferenza della vita maggiore di quella dei fianchi hanno una più ampia quantità di adipe intorno agli organi dell’addome.
Gli accumuli di grasso, soprattutto intorno allo stomaco, aumentano il rischio di malattie cardiovascolari e metaboliche.
“Se riusciamo ad individuare i geni che contribuiscono a determinare dove si deposita il grasso, questo risultato potrebbe aiutarci a capire i meccanismi alla base di diverse condizioni biologiche”, ha affermato Karen Mohlke, Professore di Genetica alla University of North Carolina School of Medicine quali insulino-resistenza/diabete, sindrome metabolica e malattie cardiache”.
 
Viola Rita
 
Lo staff che ha contribuito ai due studi è composto dai seguenti Dipartimenti: University of Michigan's Department of Human Genetics, Department of Epidemiology, Kidney Epidemiology and Cost Center, Center for Statistical Genetics, Department of Biostatics, Department of Internal Medicine, Department of Computational Medicine and Bioinformatics and the Institute for Social Research. Lo studio è stato finanziato da National Institutes of Health e Wellcome Trust UK.
 
*1Adam E. Locke et al. Genetic studies of body mass index yield new insights for obesity biology. Nature, 2015; 518 (7538): 197 DOI: 10.1038/nature14177
2Dmitry Shungin et al. New genetic loci link adipose and insulin biology to body fat distribution. Nature, 2015; 518 (7538): 187 DOI: 10.1038/nature14132

13 febbraio 2015
© Riproduzione riservata

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