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Impiantata al Gemelli una protesi ossea che cresce con il paziente


L’intervento, eseguito su un paziente di 11 anni affetto da un tumore osseo, è perfettamente riuscito. La protesi, che abbina un sistema meccanico a uno elettronico, ridurrà il rischio di differente lunghezza degli arti senza richiedere ulteriori interventi.

28 GEN - Una protesi in titanio contenente un dispositivo elettronico miniaturizzato è stata impiantata con successo in un bambino di 11 anni affetto da osteosarcoma al femore ricoverato presso l’Unità di Oncologia pediatrica del Policlinico universitario Agostino Gemelli.
L’intervento, durato circa 5 ore e perfettamente riuscito, è stato eseguito la scorsa settimana ed è il primo nel Lazio e il quinto in Italia.
La protesi è composta da un doppio meccanismo, in parte elettronico e in parte meccanico, che può allungarsi nel tempo, impedendo o, almeno riducendo, il rischio della differente lunghezza degli arti.
“Il trattamento chirurgico dei bambini in questa fascia di età o anche più piccoli è gravato tra le varie complicanze anche della differente lunghezza degli arti – ha commentato Giulio Maccauro, responsabile dell’Unità operativa di Oncologia Ortopedica del Gemelli - poiché quello operato, durante l’accrescimento, rimane anche molto più corto dell’altro”.
Entro circa 10 giorni il bambino, il cui decorso post operatorio è giudicato dai sanitari più che soddisfacente, e che proseguirà le cure presso l’Oncologia pediatrica del Gemelli potrà tornare a casa. “La riabilitazione postoperatoria – ha proseguito Maccauro - è già cominciata con l’ausilio di apparecchiature per la mobilizzazione passiva del ginocchio”.
La protesi impiantata al Gemelli è in titanio rivestito di nitruro di titanio ed è stata sviluppata dalla Scuola di Oncologia Ortopedica di Muenster (Germania). “Il sistema Xpand [questo il nome della protesi] consente l’allungamento meccanico non invasivo dell’arto protesizzato, attraverso una procedura eseguibile anche dallo stesso paziente o dai genitori istruiti dai medici”, ha aggiunto Maccauro.
Il modulo di allungamento della protesi è costituito da un dispositivo elettronico miniaturizzato interno alla protesi, attivato attraverso una trasmissione ad alta frequenza inviata a un ricevitore sottocutaneo da un’unità di controllo esterna gestita dal medico o dallo stesso paziente.
“L’innovazione di questo sistema, risiede nella possibilità di recuperare la naturale dismetria tra arto protesizzato e non, durante la crescita del paziente, senza ulteriori interventi chirurgici, eliminando il rischio di infezioni”.
Il sistema, secondo lo specialista, dà vantaggi anche rispetto alle protesi espandibili con meccanismo a vite. “In questi casi - ha spiegato - bisognava incidere la cute e allungare la protesi con un cacciavite speciale, ma ciò avveniva non senza inconvenienti per il paziente: il meccanismo poteva incepparsi e l’allungamento si bloccava; come conseguenza si avevano gravi differenze di lunghezza negli arti perché l’arto protesizzato si fermava e l’altro cresceva normalmente”.  

28 gennaio 2011
© Riproduzione riservata

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