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Ricerca shock australiana: “Due fumatori su tre moriranno per colpa delle sigarette. E vivranno 10 anni di meno di chi non fuma”

di Maria Rita Montebelli

E' il primo studio a determinare l'impatto effettivo del fumo sulla mortalità. Sotto osservazione più di 200mila persone. Il rischio di morte prematura è triplicato rispetto a chi non ha mai fumato. Anche fumare appena dieci sigarette al giorno raddoppia il rischio di mortalità, mentre consumarne un pacchetto al giorno fa aumentare questo rischio di 4-5 volte

25 FEB - Due fumatori su tre moriranno di sigaretta. A stabilirlo è un ampio studio australiano condotto su oltre 200 mila persone e pubblicato su BMC Medicine. Si tratta del primo studio in assoluto a determinare l’impatto del vizio delle bionde sulla mortalità. E le cifre sono impressionanti.
 
“Tutti sappiamo che il fumo fa male – commenta la professoressa Emily Banks, Direttore Scientifico dello studio ‘45 and Up’ del Sax Institute e ricercatrice presso l’Australian National University – ma adesso abbiamo delle prove indipendenti che confermano la percezione generale a livello internazionale. Persino con i bassi tassi di abitudine tabagica che abbiamo in Australia (i fumatori da queste parti sono appena il 13% - un risultato incredibile se si considera che negli anni ’30 a fumare era il 70% dei maschi e che fino agli anni ’90 fumava ancora il 30% dei maschi e delle femmine ), abbiamo rilevato che i fumatori hanno un rischio di morte prematura triplicato rispetto a chi non ha mai fumato; attraverso questo studio abbiamo potuto stimare anche che i fumatori muoiono in media una decina di anni prima dei non fumatori”.
Lo studio ha dimostrato anche che, rispetto ai non fumatori, anche fumare appena dieci sigarette al giorno raddoppia il rischio di mortalità, mentre consumarne un pacchetto al giorno fa aumentare questo rischio di 4-5 volte.
 
Fino a qualche tempo fa, si riteneva che a morire di cause correlabili al fumo fosse la metà dei fumatori, ma studi recenti condotti su donne e medici inglesi, oltre che su volontari dell’American Cancer Society hanno decisamente alzato l’asticella, portando la percentuale al 67%. Lo studio australiano ha confermato questo risultato, ma su una popolazione molto più ampia.
 
L’Australia è una delle nazioni che ha implementato delle pesanti politiche anti-fumo, comprendenti anche una tassazione pesante e l’adozione del ‘plain packaging’, cioè del pacchetto solo in minima parte occupato dal brand e con in primo piano dei messaggi dissuasivi.
 
“L’aumento dei prezzi del tabacco – afferma Kerry Doyle, amministratore delegato della NSW Heart Foundation – si è rivelato il mezzo di intervento più efficace per ridurre la domanda di tabacco. Visto che il fumo è una delle cause principali di malattie cardiovascolari (infarti, ictus e arteriopatie periferiche), più deterrenti si mettono in campo tra la gente e il fumo, meglio è”. E Scott Walsberger, Tobacco Control Manager presso il Cancer Council NSW non manca di ricordare che “non è mai troppo tardi per smettere di fumare, a prescindere dall’età e dal numero di sigarette fumate”.
 
La ricerca pubblicata oggi ha richiesto quattro anni di lavoro ed ha riguardato oltre 200 mila tra uomini e donne, arruolati nel ’45 and Up’, il più ampio studio longitudinale sull’healthy ageing, condotto nell’emisfero australe. La sua realizzazione è stata resa possibile grazie al supporto della National Heart Foundation of Australia e del Cancer Council NSW.
 
Maria Rita Montebelli

25 febbraio 2015
© Riproduzione riservata

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