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Infarto. Dopo una forte arrabbiatura rischio aumenta fino a 8,5 volte

di Maria Rita Montebelli

Un’arrabbiatura con i fiocchi, a casa o sul lavoro, fa aumentare il rischio di infarto nelle due ore successive. Come anche un forte stato d’ansia. La saggezza popolare che invita a non prendersela troppo di fronte alle contrarietà della vita, si rileva dunque un vero e proprio strumento di prevenzione. Da affinare con programmi ad hoc per le persone con le coronarie a rischio

26 FEB - Prendila con filosofia, take it easy, sans souci. Inviti a vivere all’insegna della calma zen, anche quando si avrebbe voglia di prendere a calci la vita o di urlare la propria rabbia in faccia a qualcuno. Ma da oggi il ‘non te la prendere’, oltre a rimanere un consiglio di buon senso comune, ha tutte le carte in regola per diventare uno strumento di prevenzione.
 
Uno studio dell’Università di Sidney, pubblicato online first su European Heart Journal Acute Cardiovascular Care, suggerisce che gli accessi di rabbia sono in grado di scatenare un infarto. Un’osservazione che per la verità è sempre stata sotto gli occhi di tutti, ma che adesso, grazie a questa ricerca, è evidenza scientifica. Per arrivare a questo risultato, un gruppo di ricercatori dell’Università di Sidney hanno chiesto a 313 pazienti con sindrome coronarica acuta (causata dall’ostruzione di una coronaria, confermata angiograficamente), se fossero stati preda di un attacco d’ira nelle 48 ore che avevano preceduto l’infarto.
 
Lo studio è stato condotto tra il 2006 e il 2012 presso il Royal North Shore Hospital di Sydney (Australia) ed ha interessato i pazienti ricoverati per sospetto infarto, poi confermato alla coronarografia.
 
Gli accessi di ira, autoriferiti dai pazienti mediante questionario e comparsi delle 48 ore precedenti l’infarto, venivano quantificati come intensità mediante una scala a 7 punti, nella quale 1 corrispondeva a ‘calma’ e 7 a ‘adirato al massimo, fuori controllo, scaglia oggetti, fa del male a se stesso o agli altri’. La soglia di un attacco acuto di rabbia, influente ai fini di questo studio, veniva arbitrariamente collocata a 5, corrispondente a ‘molto arrabbiato, teso, a pugni chiusi, pronto ad esplodere’.
 
Dall’indagine condotta sui pazienti infartuati è emerso che sette dei 313 casi arruolati (il 2,2%) avevano riferito un episodio di ira di intensità pari o superiore a 5, nelle due ore precedenti l’infarto; un altro partecipante aveva raggiunto un livello di arrabbiatura 5, quattro ore prima dell’infarto, mentre il livello 4 (‘moderatamente adirato, in modo tale tuttavia da rivelarlo dalla voce) era stato toccato da due infartuati due ore prima e da altri 3, quattro ore prima dell’infarto. I più frequenti episodi scatenanti un infarto sono risultati i litigi all’interno della famiglia e le discussioni sul posto di lavoro.
 
Per l’analisi statistica è stato utilizzato il disegno case-crossover, che è idoneo ad individuare fattori di rischio transitori per eventi ad inizio improvviso. In un primo momento l’esposizione ad un arrabbiatura intensa, due ore e 2-4 ore prima dell’inizio dei sintomi (periodi di rischio), è stata confrontata con il livello annuale usuale di esposizione ad eventi d’ira degli stessi soggetti (esposizione usuale). Il controllo intra-paziente elimina eventuali fattori di confusione relativi ad altri fattori di rischio, che sono stabili nel tempo ma possono differire da un soggetto all’altro. In secondo luogo, sono stati valutati gli hazard ratio e i relativi intervalli di confidenza, utilizzando il metodo Mantel-Haenszel.
 
Rispetto alla frequenza e al livello ‘abituale’ di arrabbiature, il rischio relativo di infarto entro 2 ore da uno scoppio d’ira violenta (uguale o maggiore di 5, nella scala da 1 a 7) è risultato aumentato di 8,5 volte. Non è stata rilevata invece alcuna associazione tra infarti ed episodi di ‘contrarietà’ minore, mentre un elevato livello di ansia è risultato associato ad un rischio di infarto superiore a 9,5 volte.
 
“Sebbene il rischio assoluto di un singolo episodio di rabbia come fattore scatenante di un infarto sia basso – commenta Thomas Buckley, ricercatore dell’Università di Sydney - i nostri dati dimostrano che il pericolo che questo accada è reale e concreto. L’aumentato rischio di infarto nelle ore successive ad una violenta arrabbiatura o ad un importante stato d’ansia è verosimilmente il risultato di un aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, della vasocostrizione e di un’attivazione della coagulazione, tutti fattori associati allo scatenamento di un attacco di cuore ”.
Un forte stato d’ansia o di rabbia può dunque scatenare un infarto del miocardio. I risultati di questo studio suggeriscono dunque la necessità di imbastire delle strategie in grado di proteggere i soggetti più a rischio, nei momenti di forte stress emotivo.
 
“Alla luce di questi risultati – prosegue Buckley –  sarebbe auspicabile valutare la propensità all’ira o all’ansia nei soggetti cardiopatici, per aiutarli a proteggersi da questi rischi. Tra i potenziali approcci preventivi potrebbe trovare posto l’allenarsi a ridurre il carico di stress per limitare così l’intensità delle risposte sul versante dell’ira o dell’ansia, ma anche imparare ad evitare le situazioni e i contesti, in grado di scatenare queste reazioni. Per i soggetti ad alto rischio si potrebbe considerare anche un trattamento protettivo da somministrare nel momento o nell’immediatezza di uno scoppio di ira. Per ridurre ulteriormente il rischio di un attacco di cuore, in questi soggetti andrebbero infine minimizzati anche altri fattori di rischio quali l’ipertensione e il fumo di sigaretta”.
Keep calm and …pensate a vostro cuore!
 
Maria Rita Montebelli

26 febbraio 2015
© Riproduzione riservata

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