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Congresso cardiologia Usa/2. Il flop del nuovo anticoagulante da usare per l’angioplastica

di Maria Rita Montebelli

Interrotto precocemente lo studio di confronto tra il nuovo sistema anticoagulante REG1 e la tradizionale bivaluridina, in una popolazione internazionale di pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica. Il farmaco, sul quale si appuntavano tante speranze, ha prodotto un numero inaccettabile di reazioni allergiche gravi e un maggior numero di sanguinamenti rispetto alla bivalirudina.

16 MAR - La terapia anticoagulante rimane uno dei capisaldi della terapia durante un angioplastica coronarica (PCI) e da tempo si tenta di esplorare nuove strade alla ricerca del regime antitrombotico ideale per la PCI.
 
I pazienti sottoposti ad angioplastica devono essere trattati con un anticoagulante potente per evitare che il loro sangue formi dei coaguli all’interno delle coronarie, visto che questi potrebbero provocare ictus, infarti, rendere necessario di ripetere la procedura o addirittura causare la morte del paziente. Naturalmente è necessario raggiungere un giusto equilibrio tra l’anticoagulazione e il rischio di emorragie potenzialmente mortali, il tallone d’Achille di tutte queste terapie.
 
Al’anticoagulante ideale si chiede di avere un rapido inizio d’azione, di avere un rapporto dose-risposta prevedibile, di possedere naturalmente un’elevata efficacia antitrombotica e di esser titolabile e di poter essere rapidamente neutralizzato da un ‘antidoto’.
 
L’ultimo in ordine di tempo che ha cercato di soddisfare tutti questi requisiti è il REG1 Anticoagulation System, che utilizza come anticoagulante la pegnivacogina, un inibitore del fattore IX attivato e l’anivamersen come suo ‘antidoto’.
 
Il sistema REG1 è stato oggetto di valutazione in un trial clinico controllato presentato a San Diego al congresso dell’American College of Cardiology, che ha usato come agente di confronto la bivalirudina, in un trial condotto su 3.232 pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica; i soggetti in questione sono stati arruolati presso 225 ospedali in 17 nazioni del Nord America e dell’Europa. Obiettivo dello studio era di valutare la safety e l’efficacia del sistema anticoagulazione REG1 e della bivalirudina (un anticoagulante comunemente utilizzato in questo contesto) su un totale di 13.200 pazienti. Lo studio però è stato interrotto precocemente poiché, nonostante l’efficacia del REG1 nello ‘spegnere’ la coagulazione in maniera sovrapponibile a quella della bivalirudina, ma più controllabile, il farmaco ha indotto un tasso inaspettato e inaccettabile di reazioni allergiche e di sanguinamenti, classificate da moderati a gravi.
 
L’endpoint primario di efficacia dello studio, un composito di mortalità per tutte le cause, infarti, stroke, rivascolarizzazione urgente,  si è verificato nel 6,7% del braccio REG1 e nel 6,4% dei pazienti trattati con bivalirudina. I due farmaci, quanto ad efficacia sono risultati sovrapponibili sia a 3, che a 30 giorni dall’angioplastica.
 
REG1 non ha invece mostrato i benefici attesi sul fronte della safety, avendo fatto registrare uno 0,4% di sanguinamenti classificati da moderati a gravi, contro lo 0,1% della bivalirudina.
 
Ma la vera sorpresa in negativo si è verificata con delle inattese e gravi reazioni allergiche, osservate in 10 sui 1605 pazienti trattati con il REG1; una di queste è risultata fatale, mentre le altre hanno presentato le caratteristiche delle reazioni anafilattiche. Per contro, solo un paziente del gruppo bivalirudina ha manifestato una grave reazione allergica.
 
“Questo nuovo sistema anticoagulante – commenta una degli autori dello studio, Roxana Mehran, direttore dell’Interventional Cardiovascular Research and Clinical Trials presso il Mount Sinai Hospital e professore di Medicina in Cardiologia all’Icahn School of Medicine del Mount Sinai – è risultato associato ad un tasso inaccettabilmente alto di reazioni allergiche gravi. Stiamo cercando di capire cos’è che provoca queste allergie e speriamo che questo non ostacoli la ricerca di nuove soluzione anticoagulanti in questa categoria di pazienti.
Il REG1 sembrava il sistema ideale poiché nell’arco di pochi secondi, dopo la somministrazione dell’antidoto, l’azione anticoagulante della pegnivacogina risultava completamente cancellata. Una tecnica di questo tipo sembrava l’uovo di Colombo: potevamo scoagulare rapidamente il paziente a nostro piacimento, e quindi invertire con altrettanta rapidità il processo, appena conclusa la procedura di rivascolarizzazione. Ma visti questi risultati, è evidente che c’è da lavorare molto per migliorare il suo profilo di sicurezza”.
 
M.R.M.

16 marzo 2015
© Riproduzione riservata

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