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Gastroprotezione. Il farmacista ha un ruolo centrale per la gestione della terapia

di Edoardo Stucchi

Chi presenta sintomi di reflusso e acidità recenti può rivolgersi al farmacista. Sarà compito di quest'ultimo, in caso di sintomi di lunga durata o che non rispondono agli effetti degli IPP, indirizzare i pazienti verso il medico di medicina generale. Se questi ultimi all’esame endoscopico presentano erosioni o dolori frequenti, devono ricorrere allo specialista. Documento di consenso di farmacisti e medici.

31 MAR - Lo sviluppo di sempre nuovi farmaci ha rivoluzionato l’attacco alle malattie gastroenteriche, tanto che il bisturi è potuto andare in pensione. Oggi i farmaci più promettenti sono gli inibitori della pompa protonica, (IPP), che comportano per il servizio sanitario nazionale un budget di spesa di un milione di euro. Ma spesso questi farmaci sono usati a dismisura, anche quando i disturbi sono di lieve entità. Pirosi (dolore retro sternale), ad esempio, e reflusso gastroesofageo registrano una elevata diffusione nella popolazione (ne soffre almeno il 44%) ma l’attacco a questi sintomi è spesso attuato con variabilità di trattamenti terapeutici non sempre ottimali. Ecco che allora, trattandosi di disturbi passeggeri, dovuti perlopiù a cambi di acidità nello stomaco, che il mondo farmaceutico ha messo a disposizione dei malati un prodotto a bassa dose di PPI, registrato come medicinale da automedicazione, che riduce l’acidità del contenuto gastrico, consentendo la gestione del trattamento in modo autonomo, con l’aiuto del farmacista. Ma non c’è il pericolo di un abuso di questi prodotti che, seppur a basse dosi, possono essere usati in modo sproporzionato per lenire i dolori gastrici e magari nascondere qualche patologia più importante? 

Per ridurre al minimo questo pericolo esperti dei settori coinvolti si sono messi attorno a un tavolo per suggerire alcune linee di indirizzo e contenuti condivisi, confluiti in un documento di consenso, presentato oggi a Milano, per la gestione ottimale del paziente con sintomi da reflusso gastroesofageo. Il farmacista, il medico di medicina generale, il gastroenterologo e un farmaeconomista per una visione più economica nell’ambito della corretta valutazione del problema.
 
“Il farmacista, infatti – ha detto il professor Vincenzo Savarino, gastroenterologo all’Università degli Studi di Genova e presidente del SIGE (Società italiana di gastroenterologia) – è il primo punto di riferimento per chi ha questi disturbi e la gestione deve indirizzare alla individuazione dei sintomi e al loro trattamento. Questi prodotti da automedicazione sono a basse dosi (20 mg) e vanno usati per il periodo indicato nel foglietto illustrativo, cioè 15 giorni, un periodo in cui i fastidi devono essere passati, altrimenti il ricorso al medico diventa indispensabile”.

Quando si hanno disturbi gastrici, quindi, diventa corretto rivolgersi al farmacista, anche per praticità, ma occorre che fra il paziente e l’operatore sanitario si sviluppi un coinvolgimento terapeutico. “Innanzitutto – prosegue Savarino – occorre sapere se i disturbi sono cronici o se sono esplosi all’improvviso, poi c’è da valutare se c’è o non c’è una perdita di peso, stanchezza, cefalea, disturbi che possono far pensare a una sorta di anemia. Importante è anche la valutazione della disfagia, cioè se c’è una difficoltà al passaggio del cibo nell’esofago. L’insieme di questi sintomi può far dipendere la necessità o meno di rivolgersi al medico di base o allo specialista”.

Ma nella conoscenza comune, i disturbi gastroesofagei sembrano comparire in primavera e in autunno. Ci sono forse ragioni ambientali? “Niente di tutto questo – risponde Saverino -. E’ vero che i disturbi dello stomaco hanno un carattere altalenante, un andamento ondulatorio, ma non c’è alcun riferimento scientifico al fatto che si scatenino in primavera e in autunno. Invece occorre stare attenti alle recidive e alla cronicizzazione, perché allora il ricorso al medico è indispensabile”.

Nel rapporto medico paziente ci sono anche elementi di garanzia e sicurezza. Possono essere mantenuti nel rapporto col farmacista? Per Enzo Ubaldi, medico di medicina generale e specialista in gastroenterologia e scienza dell’alimentazione, "non ci sono particolari interazioni con altri farmaci, ad eccezione dei prodotti utilizzati per problemi tiroidei, perché riducendo l’acidità dello stomaco, riducono anche l’attività dell’ormone tiroideo”. Dal documento di consenso, realizzato con il supporto di Pfizer Consumer Healtcare, i gastroprotettori PPI sembrano quindi una buona panacea per i disturbi dello stomaco e il farmacista, che rappresenta una figura sanitaria più facilmente accessibile per il cittadino, può avere un ruolo sempre più importante nel counselling del paziente per la gestione della terapia e nella promozione dei comportamenti che possono limitare il disturbo. Al farmacista spetta anche il compito di indirizzare i pazienti affetti da sintomi di lunga durata o che non hanno risposto a precedenti terapie o che presentano segnali di allarme, alla consulenza del medico. Dal tavolo di lavoro esce quindi la sottoscrizione che gli inibitori di pompa protonica da 20 mg, che sono registrati come medicinali di automedicazione, sono in grado di sopprimere la secrezione di acido cloridrico e quindi di trattare correttamente i sintomi da reflusso, quali pirosi e rigurgito acido.

Per riassumere, quindi, il paziente che presenta sintomi di reflusso e acidità recenti può rivolgersi al farmacista. Se i sintomi sono di lunga durata o non rispondono agli effetti degli IPP, i pazienti devono sentire il Medico di medicina generale e seguire una terapia più attenta. I pazienti che all’esame endoscopico presentano erosioni o dolori frequenti anche senza erosioni visibili devono ricorrere allo specialista.

Ma che cosa si può fare per ridurre i fastidi? Le raccomandazioni degli esperti sono sette: perdere peso se la comparsa dei sintomi è da mettere in correlazione all’aumento di peso; moderare il consumo di alcol, regolare il consumo di cibi acidi (succo di agrumi e aceto) bevande gassate, caffè e cioccolato (se si nota associazione tra consumo dei cibi e comparsa dei sintomi); evitare pasti abbondanti o ricchi di grassi a meno di 2-3 ore dal momento di coricarsi (eventualmente anticipare l’ora della cena); rialzare il materasso in corrispondenza della testa per non favorire il reflusso nella posizione distesa; ridurre o abolire il fumo; evitare l’attività fisica subito dopo i pasti.

Per favorire e valorizzare il ruolo del farmacista la Società italiana di farmacia clinica (Sifac), in collaborazione con le università degli Studi di Milano, Cagliari e Granada ha attivato dal 2012 un master internazionale di farmacia clinica, per formare i professionisti a un corretto inquadramento clinico delle patologie minori e sappiano consigliare la terapia razionale attraverso farmaci, dispositivi e raccomandazioni secondo la medicina dell’evidenza. L’attenzione a questi disturbi deve essere di primaria importanza, perché anche se sono espressione di condizioni benigne, hanno tuttavia un impatto non trascurabile sulla qualità di vita del paziente, sia perché possono limitare sensibilmente la sua attività, sia perché possono diventare una forma di ansia se il paziente non è educato a gestirli, in quanto possono presentarsi in maniera simile al dolore di origine cardiaca, che spesso comporta il coinvolgimento del pronto soccorso.

Edoardo Stucchi 

31 marzo 2015
© Riproduzione riservata

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